Sicilia, imprese dalla vita breve. Il 57,2% chiude troppo presto - QdS

Sicilia, imprese dalla vita breve. Il 57,2% chiude troppo presto

Adriano Agatino Zuccaro

Sicilia, imprese dalla vita breve. Il 57,2% chiude troppo presto

venerdì 12 Maggio 2017

Cgil: più di un’azienda isolana su due abbassa la saracinesca entro i primi cinque anni di vita. Passi indietro per l’Isola: in dieci anni le chiusure sono aumentate dell’8,9%

PALERMO – In Sicilia più di un’impresa su due (precisamente il 57,2 per cento) chiude i battenti entro i primi cinque anni di vita. I dati provengono da una elaborazione realizzata dall’Ufficio studi della Cgia che ha certificato i passi indietro compiuti dall’Isola negli ultimi anni: nel 2004 la percentuale era ferma al 48,3 per cento; i punti percentuale di variazione in dieci anni (2014-2004) si attestano su un deludente +8,9. A soffrire di più sono le imprese del Centro-Sud: “Se la maglia nera spetta alla Calabria (58,5 per cento di chiusure dopo 5 anni di vita), ad una incollatura seguono il Lazio (58,1 per cento), la Liguria (57,7 per cento) che è l’unica regione del Nord nelle prime posizioni di questa graduatoria, la Sicilia (57,2 per cento), la Sardegna (56,4 per cento) e la Campania (56 per cento)”.
Sotto la media italiana moltissime regioni del Nord. In pole position la provincia autonoma di Bolzano (45,8 per cento) e di Trento (49,3 per cento) e la regione Basilicata (50,1 per cento).
A livello nazionale la media si attesta al 55,2 per cento. “Un dato molto preoccupante che evidenzia la grave difficoltà che stanno vivendo le imprese, soprattutto quelle guidate da neoimprenditori” si legge nel rapporto. Oltre al  tasso di  mortalità, per la  Cgia  sono  preoccupanti  anche i dati dell’Unioncamere riferiti al numero di imprese attive presenti in Italia. Il numero delle imprese artigiane attive nel Belpaese subisce un brusco decremento: erano 1,46 milioni nel 2009 contro 1,33 milioni del 2016 (-9,2% 2016-2009). Tengono le imprese non artigiane erano 3,817 milioni nel 2009 e 3,814 milioni nel 2016.
“Troppe tasse, una burocrazia che  non allenta la  morsa e la cronica  mancanza di liquidità – dichiara Paolo  Zabe, coordinatore dell’Ufficio studi  –  sono i principali ostacoli che hanno costretto molti neoimprenditori a gettare la spugna anzitempo. É vero che molte persone, soprattutto giovani, tentano la via dell’autoimpresa senza avere  alcuna esperienza e/o il know how necessario, tuttavia questa percentuale di chiusura così elevata è molto  preoccupante,  anche perché continua ad aumentare di anno in anno”.
Per quanto concerne i settori, invece,  la quota più elevata di imprese che chiudono i battenti entro i primi cinque anni di vita si riscontra nelle costruzioni (62,7 per cento), nel commercio (54,7 per cento) e  nei servizi (52,9 per cento). Più contenuto degli altri, invece, è il dato dell’industria (48,3 per cento).
“La crisi economica abbattutasi nel nostro Paese – commenta il Segretario della Cgia, Renato Maso  – ha  sicuramente accelerato questo trend così negativo. Rispetto a qualche decennio  fa,  infatti, chi ha avviato un’attività economica in questi ultimi anni, spesso ha compiuto un salto ne  buio. Con il passare del tempo, molti neoimprenditori hanno sperato di  poter far breccia nel mercato e di superare lo scotto iniziale senza particolari problemi. Purtroppo, però, molti non hanno retto l’urto e sono stati costretti ad abbassare definitivamente la saracinesca”.

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