Imprese ancora ferme a Industria 2.0 - QdS

Imprese ancora ferme a Industria 2.0

Rosario Battiato

Imprese ancora ferme a Industria 2.0

giovedì 18 Maggio 2017

Analisi di Mama industry su mille micro e piccoli imprenditori italiani di settori non tecnologici. Anche l’Istat conferma questa realtà. In Sicilia soffre l’intero tessuto produttivo senza distinzioni: inferiori alla media i dati relativi all’uso di internet

PALERMO – Le imprese italiane non viaggiano sul web. È quanto emerge da una stima della società di consulenza Mama industry che ha redatto uno studio analizzando il modus operandi di oltre mille micro e piccoli imprenditori di settori non tecnologici in senso stretto, come l’alimentare o l’artigianato. Impietoso il bilancio: più di un milione di imprenditori non vanno oltre la seconda rivoluzione industriale e sono fermi all’utilizzo di corrente elettrica e, al massimo, di qualche computer. Per la Sicilia la situazione è ancora più grave e i ritardi si estendono all’intero tessuto produttivo, perché non riguardano soltanto la piccola e media imprenditoria.
L’indagine è stata presentata nei giorni scorsi alla Geek academy nel Forum “Industria 4.0 – (Dis)occupazione tecnologica un manager 4.0 al fianco delle piccole e medie imprese”. Secondo quanto riportato nella ricerca, soltanto il 52% dei microimprenditori ha una sito web e circa il 68% una pagina Facebook. Uno su tre, invece, utilizza automatismi software e uno su cinque ha una gestione e un budget dedicato alle attività di marketing e comunicazione.
Una tendenza che era stata confermata anche dagli ultimi dati Istat in relazione all’approccio che le imprese, non solo le piccole e medie, hanno nei confronti del web. Nel 2016 la quota di imprese che utilizza la banda larga ha raggiunto in Italia la sostanziosa vetta di 92,4%, mentre la Sicilia, che si trova tra le ultime cinque d’Italia, si deve accontentare di un dato inferiore al 90%. Meglio di tutti riescono a fare Veneto, Liguria e Umbria che superano il 95%.
Considerando tutte le imprese, l’Istat certifica che più di 7 su 10 (71,3%) con almeno 10 addetti dispongono di un proprio sito web o pagina su internet, 3 su 10 hanno sul sito un link al proprio profilo social mentre quasi 4 su 10 utilizzano un social media. A destabilizzare la media nazionale ci pensano il meridione d’Italia e la Sicilia.
Lo conferma la situazione registrata nell’Isola, dove appena 6 imprese su 10 hanno dichiarato di possedere un sito web, un dato imbarazzante se consideriamo il confronto con il Trentino dove 9 su 10 dispongono di un proprio riferimento online. Inoltre, poco più del 10% delle aziende con almeno 10 addetti gestisce le funzioni Ict (tecnologie dell’informazione e della comunicazione) con personale interno (dati del rapporto “Cittadini, imprese e Ict”, Istat).
Una differente sensibilità alla rete che trova una sua corrispondenza anche nell’utilizzo che ne fa il singolo cittadino. Nell’ultimo aggiornamento di Noi Italia dell’Istituto di statistica si verifica una certa varietà regionale in quanto “nelle diverse aree del Paese si riscontra un atteggiamento differente nell’utilizzo del web: la quasi totalità delle regioni del Centro-Nord ha livelli di uso di internet superiori al valore nazionale, mentre nel Mezzogiorno la quota scende al 55,8%”.
Per Marco Travaglini, fondatore di Mama Industry, questi numeri fanno emergere “un problema di mancanza manageriale che può essere colmata da temporary manager che si occupino di ‘intersecare i saperi’ e accompagnare l’impresa nella trasformazione digitale”.
In particolare, la società di consulenza ha focalizzato l’attenzione sulle potenzialità che sarebbero scaturite dall’utilizzo di 5 miliardi (sui 20,3 del Jobs act) per 10 mila manager per le Pmi con un progetto di ampliamento, riconversione, ristrutturazione, riqualificazione aziendale, con forza manageriali di livello, stimando  che ognuno di questi avrebbe creato cinque nuovi posti di lavoro. In altri termini, una grande occasione persa.

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