Si tratta di indifferenza o di egoismo, o di altro, non sappiamo, sappiamo solamente che la solidarietà diminuisce continuamente e con essa l’equità nella distribuzione delle risorse ai cittadini secondo giustizia e merito.
Salvo i poveri e gli ammalati, che non sono in condizione di badare a loro stessi e per i quali occorre che lo Stato provveda, tutti gli altri hanno il dovere di lavorare e di produrre ricchezza.
La domanda sorge: “Ma se il lavoro non c’è?”. La risposta è immediata: bisogna cercarlo o anche inventarlo perché spesso con l’inventiva e con l’innovazione il nulla produce il tutto.
Di fronte a questa dilagante povertà, soprattutto in Sicilia, in Italia si gettano nella spazzatura otto miliardi di cibo: un disastro. Ciò deriva dall’incapacità di chiudere il cerchio che parte dalla materia prima e finisce con i rifiuti. Ma considerare il cibo non consumato come un rifiuto è un delitto del quale i responsabili dovrebbero rispondere.
È vero che il Pil italiano crescerà di circa 17 miliardi nel 2017, ma il debito crescerà forse di 40 perché vi è una sproporzione continua fra la produzione di ricchezza e la spesa pubblica: 113 miliardi per la Sanità, 307 miliardi per le pensioni, forse 100 miliardi per il Welfare (Cassa integrazione, Naspi ed altre forme di ammortizzatore sociale). Sono tutte spese che non producono ricchezza anche se danno sollievo a chi riceve queste prebende.
Ma se la ricchezza non cresce, dall’altra parte aumenta la povertà. Il prossimo povero potresti essere tu, o io, o un altro cittadino. Che fai, che faccio, che facciamo di fronte a questa ipotesi non di terzo tipo? Giriamo la testa dall’altra parte, chiudiamo occhi, bocca e orecchie, ci mettiamo a sognare di vivere nel paese di ùtopia (Thomas Moore 1478-1535)?
Ebbene, no. Dobbiamo sbracciarci, lavorare, operare, con sempre maggiore forza di volontà e spirito di sacrificio, consapevoli che la grande nave del Paese va avanti se l’equipaggio lavora bene.
La forbice fra Nord e Sud è ampia e si allarga sempre di più perché i governi che si sono succeduti in questi settant’anni non hanno fatto nulla per stringerla, ma hanno lasciato che i più forti diventassero più forti e i più deboli più deboli.
Di fronte a questo scenario, che fa la classe dirigente siciliana? Che fa la classe media? E cosa fanno i 400mila disoccupati? Cacciano mosche, coperti dall’alibi che la Regione non funziona, che la maggioranza dei 390 Comuni è in pre-dissesto, che la burocrazia stronca ogni iniziativa e via elencando le lamentele.
Eppure, di fronte a questo quadro a tinte fosche, c’è l’enorme ricchezza di tesori che vi sono nell’Isola. Ci vuole la capacità di metterli a reddito e di farli fruttare triplicando la misera quantità di pernottamenti di meno di 15 milioni all’anno. E poi, piani regionali di sviluppo efficienti ed efficaci dovrebbero puntare sull’agricoltura innovativa e sui servizi avanzati ad alto valore aggiunto.
Per fare questo, ci vogliono competenti e la Regione ne dispone di pochi. Fare gli imbecilli senza anima né sentimenti può essere comodo. Ma costoro dimenticano che comunque dovranno rendere conto alla propria coscienza e, per chi crede, all’Essere superiore che gli ha dato il Libero Arbitrio affinché scegliesse di vivere nel solco del Bene o in quello del Male.
Maggiore responsabilità hanno certi politici che sono abili a mostrare di essere abili, ma non lo sono per niente quando devono decidere e fare, perché promettono e poi fanno ben poco o nulla per mantenerlo: insomma, persone senza onore. E invece, c’è bisogno di #CittadiniPerbene per smuovere la palude e operare con lungimiranza nell’interesse di tutti.