Cpi, 70 mln ma disoccupazione record - QdS

Cpi, 70 mln ma disoccupazione record

Michele Giuliano

Cpi, 70 mln ma disoccupazione record

giovedì 08 Giugno 2017

Il più alto numero di dipendenti in Italia (1.617), il più basso rapporto di pratiche da gestire (2 al giorno). A questi si aggiungeranno 1.700 ex sportellisti. In Lombardia sono solo 725

Personale che “scoppia” negli uffici: un record addirittura nazionale che non fa certamente invidia a nessuno anche perché di risultati concreti nemmeno con il binocolo. Stiamo parlando dei Centri per l’impiego siciliani, anche questi “frontiera” del posto pubblico con stipendio assicurato: ennesimo capitolo di una Sicilia della pubblica amministrazione malata dove ciò che conta non è garantire un servizio ma assicurare il posto agli amici. E su questa triste falsa riga purtroppo si inserisce l’ennesima vergogna: quella cioè di inserire dentro ai già strapieni Cpi altre 1.700 persone. Chi sono? Gli ex dipendenti degli sportelli multifunzionali oramai soppressi nel 2013 che la Regione ha deciso di far transitare in questi uffici. Costo dell’operazione 85 milioni di euro per 18 mesi, poi si vedrà. è l’ennesima “manovrina” della politica siciliana che, schiacciata anche da un’imminente campagna elettorale, non è riuscita a far altro che partire l’ennesimo topolino.

Come se già non fossero bastati i tanti soldi spesi proprio per aver mantenuto gli Sportelli ai tempi che furono: dal 2005 al 2013, secondo il Dipartimento del Lavoro, furono spesi la bellezza di 470 milioni di euro. Nacquero con l’idea di affiancare proprio i Cpi per agevolare l’incrocio tra domanda e offerta del lavoro: servizio mai decollato e morto proprio per questo motivo. Ma alla fine, pur uscendo dalla porta questi lavoratori si ritrovano ad un passo dal rientrare dalla finestra. Oltretutto per andare a rimpinzare i già abbondantemente grassi Centri per l’impiego.

Dall’ultima fotografia scattata dall’Isfol, l’istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori, nel rapporto di monitoraggio del 2016 (ultima pubblicazione, ndr), viene fuori che l’Isola ha oltre 1.600 impiegati, più del doppio di Lombardia, Campania e Toscana, a fronte però di risultati che sono tutt’altro che eccellenti. Al di là della disoccupazione, con un tasso anche questo record del 22,1 per cento (contro una media nazionale dell’11,7), che tutti potrebbero spiegare con il solito ritornello che la colpa non può essere del centro per l’impiego per via di una crisi “strutturale” e diffusa, c’è un dato che emerge: l’enorme numero di dipendenti a fronte dell’effettivo lavoro da produrre.
In pratica ogni dipendente siciliano ha sulla spalle una media di 648 utenti iscritti in un anno, quindi meno di due da gestirne al giorno, mentre altrove la differenza è mostruosa persino con le stesse regioni meridionali che di certo non hanno mai eccelso per virtuosismo nella cosa pubblica. Ebbene, in Lombardia ogni impiegato in media gestisce le pratiche di 1.481 iscritti, la Campania (che ha il maggior numero in Italia di iscritti) conta su  rapporto di un dipendente ogni 2.141 utenti. Rapporti che sono nettamente schiaccianti rispetto alla Sicilia anche in tutto il resto d’Italia e che ancora una volta mettono in evidenza l’inutilità dell’attuale struttura e della sua composizione.
C’è da considerare che la Sicilia impiega da sola il 18,4 per cento del totale dei dipendenti dei Cpi italiani. Seguono la Lombardia e la Campania come detto, con poco meno della metà dei dipendenti registrati in Sicilia, quindi Lazio e Puglia, entrambe con un volume complessivo di operatori intorno alle 600 unità.
Il costo in Sicilia per il mantenimento di queste strutture, in tutto 65 Cpi, è di circa 70 milioni di euro (dati ministero del Lavoro facendo una media dei costi accertati in Italia), di conseguenza altrove costano meno della metà e in alcuni casi con proporzioni persino più pesanti. Non solo: la Sicilia ha anche una strutturazione del personale che è quasi esclusivamente a tempo indeterminato, quindi con costi fissi tutto l’anno, mentre altre regioni hanno maggior flessibilità.
Il dato di stock degli iscritti descrive solo parzialmente il carico di lavoro cui i Centri per l’impiego devono far fronte. Più determinante, in tal senso, sono i dati di flusso, che individuano, nell’anno, quante Dichiarazioni di immediata disponibilità i Servizi per l’Impiego hanno dovuto affrontare.
Nel complesso il volume di Did (vale a dire gli iscritti) presentate è stato di oltre 2milioni e 500mila unità. In Sicilia sono state appena 196.596, quinta regione dopo Lombardia, Puglia, Campania ed Emilia Romagna. Da tale rapporto risulta che, mediamente, ogni operatore nel 2014 ha dovuto gestire 301 dichiarazioni di immediata disponibilità, con carichi di lavoro particolarmente onerosi per la Puglia (556), Lombardia (522), Provincia autonoma di Bolzano (513), mentre piuttosto esiguo in Sardegna (118), Sicilia (127), Calabria (157) e Umbria (158).
 

 
Cpi “come l’inferno” si entra e non si esce più
 
Il dettaglio regionale mostra come siano Campania, Lombardia, Sicilia e Lazio le regioni con il più elevato numero assoluto di iscritti con Did attiva, tutte con valori superiori al milione di unità, cui si uniscono i Cpi della regione Puglia che si attestano appena al di sotto di tale soglia.
Nel complesso, queste cinque regioni da sole raccolgono oltre il 58 per cento dei registrati totali e il 54 per cento del complesso dei disoccupati. Neanche a dirlo, a caratterizzare queste regioni anche l’elevato numero di iscritti giovani e non solo. Sempre per quanto riguarda, infatti, la quota di iscritti con Did attiva nello status di disoccupazione da più di 12 mesi è generalmente molto elevata (74,9 per cento): ma è nei Centri per l’impiego meridionali che raggiunge le percentuali più preoccupati.
Complessivamente, infatti, nel Sud e nelle Isole sono iscritti da più di 12 mesi quasi l’80 per cento di coloro che risultavano avere una Did attiva a fine 2014, valore di oltre 6 punti percentuali più alto di quanto rilevato nelle regioni del Centro e maggiore di circa 10 punti percentuali rispetto alle aree del Nord Italia.
Se si guarda, infine, alla dettaglio provinciale degli iscritti per genere età, i dati confermano solo in parte le considerazione fatte in merito all’analisi per area territoriale. Per quanto, infatti, siano in generale le regioni del sud Italia segnino le percentuali di under 25 più elevate (in primis la Sicilia, col 20 per cento degli iscritti con meno di 25 anni), anche altre regioni non appartenenti al meridione presentano un’elevata quota di giovani tra gli iscritti ai Cpi (in particolare Marche, Valle d’Aosta, Liguria e Provincia autonoma di Trento). Insomma, a dirla proprio tutta, chi entra nello status di disoccupati nei centri per l’impiego non ne esce più. Quindi, a cosa serve iscriversi?
 

 
Servizi inutili e costosi mentre la Sicilia affonda
 
Mentre si consuma questa scempio sui costi scellerati per servizi a favore di chi cerca lavoro quasi inesistenti e con costi esorbitanti, ecco che al contrario la Sicilia galleggia nel più assoluto marasma in tema proprio di occupazione. Ed è probabilmente proprio questo il vero dramma. Anzitutto la Sicilia ha una sua poco edificante specificità ed è quella legata al fatto che esistono moltissimi neet, vale a dire persone che risultano non lavorare e non studiare e che neanche sembrano alla ricerca di un’occupazione.
Se in Italia un giovane su quattro non lavora e non studia, e il dato è già di per sé desolante, in Sicilia la percentuale sale addirittura al 39,5 per cento: poco meno della metà della popolazione tra i 15 e i 29 anni non lavora e non studia.
L’Istat certifica che i disoccupati da 368 mila nel 2015 sono passati a 383 mila nel 2016. Dall’inizio dell’anno, poi, la cifra è aumentata ulteriormente. Nel I trimestre del 2017, infatti, si contano 391 mila disoccupati. Contestualmente, nessuno spiraglio di speranza sul fronte occupazionale, gli occupati difatti non sembrano aumentare neppure dell’1 per cento. Anzi, secondo dati Istat il numero degli occupati complessivamente è sceso: da un milione 353 mila del 2015 è passato a un milione 351 mila del 2016, sino ad arrivare a un milione 342 mila nel I trimestre 2017.
Le nuove assunzioni sono state soltanto 62.716, delle quali 37.122 sono a tempo determinato. Il che significa che oltretutto anche le nuove assunzioni, nella maggior parte dei casi, sono in realtà precarie. Il capoluogo siciliano ha un ruolo incisivo e determinante. Secondo dati elaborati dal Cerdfos, il centro studi della Cgil, gli occupati a Palermo si riducono e passano da 324 mila a 318 mila unità. Seimila occupati in meno in un anno.

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