Pagamenti Pa, Comuni indietro tutta - QdS

Pagamenti Pa, Comuni indietro tutta

Rosario Battiato

Pagamenti Pa, Comuni indietro tutta

venerdì 23 Giugno 2017

In Sicilia fino a 6 mesi d’attesa. Violate le direttive Ue di riferimento (max 30 giorni) e procedura d’infrazione aperta. Imprenditoria soffocata dall’inadeguatezza della Pubblica amministrazione isolana

PALERMO – Le imprese siciliane devono essere pazienti, non hanno altra scelta. Ci sono fino a sei mesi di attesa dall’emissione della fattura per ricevere i pagamenti della Pubblica amministrazione, un dato che si conferma, con risultati appena migliori, anche nelle amministrazioni locali, che superano abbondantemente i trenta giorni di limite concessi dalla Direttiva europea di riferimento. Un male che contagia l’Italia intera – in ballo c’è anche una procedura di infrazione, aperta nel 2014 e ribadita di recente anche dal presidente Antonio Tajani – ma che in Sicilia assume contorni ancora più estremi.
Per calcolare la media dei ritardi delle amministrazioni locali isolane esiste un indice messo a punto a livello nazionale. Si tratta dell’indicatore di tempestività dei pagamenti che è stato definito, per la prima volta, nel Decreto legislativo 14 marzo 2013, n.33, e che, all’articolo 33, prevede appunto l’obbligo, con cadenza annuale, della sua pubblicazione. Un concetto ribadito nel Decreto legge 24 aprile 2014, n.66 (convertito con modificazioni dalla L. 23 giugno 2014, n.89) che all’articolo 8 conferma l’obbligatorietà di pubblicazione dell’indicatore che poi è stato definito, più in dettaglio, da una serie di circolari ministeriali.
Quella di riferimento è la numero 22 del 22 luglio 2015 che fornisce “indicazioni e chiarimenti in merito al calcolo dell’indicatore di tempestività dei pagamenti delle amministrazioni pubbliche”. L’indicatore è definito “in termini di ritardo medio di pagamento ponderato in base all’importo delle fatture” e si fonda su due elementi: a numeratore la somma dell’importo di ciascuna fattura o richiesta di pagamento di contenuto equivalente pagata moltiplicato per la differenza, in giorni effettivi, tra la data di pagamento della fattura ai fornitori e la data di scadenza (la data di scadenza equivale a 30 giorni dalla data di ricevimento della fattura o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente, secondo il decreto legislativo 9 novembre 2012, n.192 che ha recepito la direttiva 2011/7/Ue del 16 febbraio 2011); a denominatore la somma degli importi pagati nell’anno solare.
I risultati non sono proprio lusinghieri. I Comuni capoluogo isolani non rispettano i tempi di pagamento – si passa da 16,13 giorni del migliore, Trapani, al peggiore con 128,57 giorni, Catania – a fronte di una tendenza che tra il 2015 e il 2016 è stata sostanzialmente equilibrata con qualche eccezione. Il miglior salto in avanti è stato compiuto proprio dal comune etneo, passato da un valore di 255 a uno di 128,57 giorni, buona anche la performance di Ragusa, da 39,51 a 24,42, mentre per tutti gli altri i valori sono cresciuti, seppur di poco.
Palermo è passato da 31,4 a 42,15, seguito, in questa strada, anche da Ragusa (da 39,51 a 24,42), Trapani (da 9,54 a 16,13), Enna (da 19,02 a 22,35) e Caltanissetta (da 28,57 a 33,46). Per Messina non sono stati pubblicati i dati del 2015 sul sito ufficiale, ma il numero del 2016 è comunque in linea con quello medio dei capoluoghi che, a eccezione di Catania, oscillano intorno al 26.
Nel resto d’Italia si trovano prestazioni decisamente migliori: a Milano si paga con 17,50 giorni di ritardo, mentre nel Comune di Genova il dato è addirittura negativo (cioè si paga prima della scadenza) con -5,58 giorni.
Dal locale al globale. I ritardi dei pagamenti della Pa nei confronti delle imprese non sono certo una novità. Lo sa anche l’Europa che lo scorso febbraio, dopo aver tenuto per due anni in stand-by la procedura d’infrazione sul tema (l’apertura risale al 2014), ha deciso di passare alla seconda fase perché il Belpaese resta uno di quelli con i tempi più lunghi tra i 28, anche a fronte del recente miglioramento che era stato registrato in una riduzione di 15 giorni, secondo il rapporto Intrum Justitia di Bruxelles dell’agosto 2016. Tempi italiani, infatti, ancora lontani con pagamenti a 144 giorni (dato 2015), quindi più di tre volte rispetto ai 30 previsti dalla direttiva entrata in vigore nel marzo del 2013.
Nei giorni scorsi è stato Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo, che ha ribadito il concetto all’assemblea di Confartigianato, specificando che intende far rispettare la norma europea e che la procedura a carico dell’Italia va mantenuta perché c’è “un ritardo di 50 miliardi”. Un messaggio che aveva lanciato a metà maggio anche in occasione del Forum internazionale del QdS: “Chiedete agli imprenditori siciliani quanto tempo ci mettono per essere pagati dalle amministrazioni. La norma europea prevede una tempistica non superiore ai 30 giorni. Ho fatto una battaglia quando ero commissario, ho aperto io la procedura d’infrazione contro l’Italia nel 2014 dopo averli avvisati centinaia di volte”.
La Sicilia, in altri termini, è una delle patrie del ritardo. Stime del QdS, su dati forniti dal Mef, hanno calcolato in circa 10 miliardi di euro il debito delle Pubbliche amministrazioni siciliane, che con questo andazzo rischiano di soffocare l’imprenditoria.
 

 
Intervista a Gregory Bongiorno vice presidente di Sicindustria: “Piccole realtà tra quelle più penalizzate”
 
PALERMO – Gregory Bongiorno è vice presidente di Sicindustria. Lo abbiamo intervistato per conoscere il punto di vista delle imprese sulla questione dei pagamenti da parte della Pubblica amministrazione.
Quanto incidono i ritardi dei pagamenti della Pa sullo stato di salute delle imprese siciliane?
“Molto. In una regione in cui il 30 per cento del Pil dipende dal settore pubblico è chiaro che il ritardo nei pagamenti da parte della Pubblica amministrazione mette a dura prova la sopravvivenza delle imprese che forniscono beni e servizi. La nostra Pa, ma più in generale quella di tutto il Paese, paga con un ritardo che non ha eguali nel resto d’Europa. Una situazione che ha peggiorato la tenuta finanziaria di moltissime aziende, soprattutto quelle di piccola dimensione”.
Come giudicate la tendenza dei pagamenti degli ultimi anni?
“Secondo l’ultimo report di Bankitalia, alla fine del 2016 il debito delle amministrazioni locali della Sicilia ammontava a 6,4 miliardi di euro, pari al 7,3 per cento del Pil regionale (contro il 5,3 della media nazionale). Rispetto all’anno precedente c’è stata una riduzione del 3,8 per cento (-3,7 includendo anche le passività verso altre amministrazioni pubbliche). I numeri descrivono quindi una situazione in leggero miglioramento, ma nella realtà dei fatti siamo ancora lontani da quello stato di civiltà giuridica che dovrebbe caratterizzare qualsiasi rapporto commerciale. Il ritardo nei pagamenti da parte della Pa mina infatti alle fondamenta la certezza del diritto e il rispetto dei contratti, inaridisce un’importante fonte di liquidità, ha riflessi negativi sulle possibilità di accesso al credito bancario e comprime le possibilità di investimento e sviluppo delle imprese”.
Chi paga più in ritardo tra i vari soggetti della Pa?
“Sicuramente c’è un problema con gli Enti locali. Basti pensare che a dispetto del termine di 30 giorni imposto dalla legge, la quasi totalità dei Comuni siciliani paga tra i 90 e i 360 giorni. Ma si arriva anche a 600. Una situazione che si aggrava con la quasi totale mancanza di trasparenza che caratterizza spesso i Comuni. Basterebbe rispettare la normativa sull’Anticorruzione, la 190 del 2012 (‘Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione’), per migliorare la trasparenza commerciale del Comune, qualificandone il correlato rating. Per questo Sicindustria, in un rapporto di collaborazione reciproca, sollecita da tempo segretari e revisori dei Comuni all’applicazione della normativa che permetterebbe, tra l’altro, alle imprese fornitrici di poter scambiare il proprio credito con le banche, a beneficio dell’economia del territorio”.
 

 
E nel caos generalizzato la Regione sonnecchia
 
PALERMO – Dalle parti della Regione siciliana c’è soltanto silenzio. Controllando sul portale, alla voce “Indicatore di tempestività dei pagamenti”, compare, in bella mostra, la scritta “pagina in allestimento”. Il tutto è confezionato in uno strano paradosso: prima si fa riferimento agli “obblighi di pubblicazione concernenti i tempi di pagamento dell’amministrazione”, riportando appunto l’articolo 33 di riferimento del decreto legislativo n.33/2013, e poi non si presenta alcun dato. Tuttavia questo ragionamento non vale, nel dettaglio, per tutti gli assessorati. Per esempio, l’assessorato regionale alla Salute ha stimato un dato pari a -7,92 come media del 2016.
Per avere il dato complessivo e tutte le informazioni necessarie, dunque, c’è ancora da attendere. Lo rivela l’assessorato regionale dell’Economia, dipartimento del Bilancio e del Tesoro, che, in una comunicazione dello scorso marzo, ha spiegato che “il dato relativo all’indicatore di tempestività di pagamento della Regione Sicilia sarà disponibile soltanto alla definizione, a cura della Ragioneria generale dello Stato e del Mef, del progetto Siope+, con il quale sarà possibile alimentare automaticamente la Piattaforma di certificazione dei crediti (Pcc) attraverso il Sistema informativo contabile regionale”.
La sperimentazione del progetto è prevista per il prossimo luglio e “sarà a regime per tutte le Amministrazioni pubbliche dal primo gennaio 2018”. Nelle more della realizzazione del progetto, si sta tentando di correre ai ripari: “l’Ufficio per l’attività di coordinamento dei sistemi informativi regionali e l’attività informatica della Regione e delle Pubbliche amministrazioni regionali in collaborazione con la società Sicilia e Servizi, ha avviato una serie di attività tendenti al rilascio di soluzioni informatiche che potrebbero consentire l’elaborazione del dato in questione, in tempi più brevi”.

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