Irpef, +52,6% su ogni siciliano - QdS

Irpef, +52,6% su ogni siciliano

Patrizia Penna

Irpef, +52,6% su ogni siciliano

martedì 08 Agosto 2017

Studio Confprofessioni su dati Mef (2015): in Sicilia l’imposta media è di € 382,88, nel 2006 era di € 250,87. Nell’Isola anche per il 2017 l’aliquota viaggia a livelli massimi: +1,73%

PALERMO – Anche per il 2017 l’addizionale regionale Irpef viaggia ai livelli massimi. La Regione siciliana, infatti, ha confermato l’aliquota all’1,73% in vigore già da alcuni anni. E data la situazione di estrema precarietà finanziaria in cui versa la nostra Isola, in effetti non poteva essere altrimenti.
Quello del cittadino soffocato, schiacciato dal peso di un carico fiscale insostenibile è un dibattito antico come il mondo, alimentato negli anni dall’insopportabile assunto secondo cui “spremere” il contribuente rappresenta la soluzione più immediata per porre rimedio agli errori o ai nulla di fatto della politica.
Nel 2006 l’imposta media in Sicilia si attestava sui € 250,87. Nel 2015, secondo lo studio condotto da Confprofessioni su dati Mef, è salita a € 382,88 (132 euro in più), registrando un incremento percentuale del 52,62%.
Se da un lato la Sicilia si mantiene con questi numeri al di sotto della media nazionale (l’incremento percentuale registrato negli ultimi dieci anni è stato del 64,46%, ovvero si è passati dai € 245,72 ai € 404,10 del 2015, dall’altro la nostra Isola si colloca al nono posto nella classifica delle regioni con l’imposta media più elevata.
La maglia nera va alla regione Lazio che con un’imposta media di 620 euro supera abbondantemente la media nazionale. Altro primato negativo va all’Emilia Romagna che è invece la regione che ha registrato l’incremento più marcato: +113,95% (da € 195,52 del 2006 a € 418,30 del 2015).
L’Irpef regionale viene incassato in toto dalla Regione siciliana? Lo abbiamo chiesto a Gaetano Armao, già assessore regionale all’Economia nella passata legislatura.
“No,  – spiega Armao – dovrebbe essere cosí se si applicasse lo Statuto, ma con l’accordo tra il governo regionale e statale, adesso trasfuso nel d.lgs. 11 dicembre 2016, n. 251 (nuove norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria  modificative di quelle sancite dal citato d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074) la percentuale di pertinenza regionale viene quantificata in termini progressivi:
– i 5,61 decimi per l’anno 2016, 
– il 6,74 decimi per l’anno 2017,
– mentre a decorrere dall’anno 2018, i 7,10 decimi.
Possiamo considerare questo cospicuo aumento quanto meno in parte frutto del fallimento della politica siciliana la quale, incapace di dare risposte concrete ai cittadini, corre ai ripari alzando ai livelli massimi l’aliquota spremendo così i contribuenti?
“Attraverso l’incremento dell’addizionale il governo regionale ha cercato, da un lato, di recupereremo risorse, mentre cedeva spazi finanziari sul gettito allo Stato, riuscendo così nel raro esercizio di incapacità: da un lato si aggrava la pressione fiscale sui siciliani e, nel contempo, si rinuncia a risorse di spettanza statutaria in favore dello Stato”.
Il governo Crocetta ha annunciato per il 2018 un taglio dell’aliquota: considerato il fatto che la ripresa in Sicilia è ancora lontana, lei considera questo annunciato taglio plausibile?
“Il taglio delle aliquote non mi pare che l’ennesimo annuncio a vuoto di un risanamento mancato. Come ha sottolineato la Corte dei conti, negando la parifica del rendiconto e contestando il gravissimo aumento del debito ("al 31 dicembre 2016 il debito di finanziamento residuo della Regione ammonta complessivamente a oltre 8 miliardi di euro, con un incremento rispetto all’inizio del quinquennio del 41,4 per cento") e l’incremento della spesa ("rispetto al 2015 le entrate sono diminuite del 3,24% passando da da 21.947 a 21.235 milioni, mentre la spesa è aumentata, da 19.432 a 21.051 milioni, quella corrente pari al 74,62% di quella complessiva”.

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