C'è gente che lavora di festa e di notte - QdS

C’è gente che lavora di festa e di notte

Carlo Alberto Tregua

C’è gente che lavora di festa e di notte

mercoledì 09 Agosto 2017

Ma i furbetti fingono di ignorarlo

Il Paese non potrebbe funzionare se non vi fossero centinaia di migliaia di italiani che lavorano anche di notte e nei giorni festivi. Ma molti italiani, soprattutto quelli della pubblica amministrazione, girano la testa dall’altra parte per non vedere come colleghi e dipendenti del settore privato sono impegnati in turni festivi o notturni.
Ovviamente, chi lavora fuori dall’orario normale è pagato con straordinari, diurni e notturni, e quindi vi è per loro un tornaconto.
L’esempio dei lavoratori festivi e notturni dovrebbe far capire a tutti i furbetti che offrono la loro presenza ma non la loro attività, come la carenza di impegno nel fare il proprio dovere danneggi tutta la collettività.
Come è noto, vi è una minoranza di cittadini che forma le schiere di furbetti i quali sono retribuiti per quello che non fanno. Sembra un paradosso ma è così. Come mai i dirigenti non si accorgono che i loro dipendenti non lavorano o lavorano male?

Se ne accorgono, se ne accorgono. Ma siccome anche loro cercano di tirare i remi in barca, chiudono gli occhi e le orecchie, con la conseguenza che bloccano la macchina che dirigono che, anziché andare ad una velocità ordinaria, cammina molto lentamente.
Tutti costoro dimenticano che nella vita bisogna dare di più di quanto si riceve, mentre nel settore pubblico vige la regola inversa: prendere di più di quanto si dà, con la conseguenza che i contribuenti, subissati dalle tasse, non ricevono servizi pubblici in rapporto a quanto pagano, né per quantità, né per qualità.
I dirigenti pubblici si difendono dicendo che la loro impossibilità di far funzionare la macchina deriva dalla complessità di leggi e procedure. Ma chi prepara i testi di leggi e procedure se non gli stessi dirigenti? Quest’ultimi approfittano dell’incompetenza dei parlamentari per continuare a far approvare leggi di scarsa efficacia e con attuazione anche di anni.
Il Senato della Repubblica, su impulso del suo Presidente, ha istituito un Ufficio di impatto delle leggi, che dovrebbe misurare se gli obiettivi che una legge si propone di raggiungere, siano stati effettivamente raggiunti o cosa lo ha effettivamente impedito.
 

Non sappiamo se l’iniziativa avrà successo, ma bisogna applaudirla perché vi è stata la sensibilità di cogliere uno degli aspetti della esasperante lentezza e cioè il sistema legislativo ottuso e con attuazione differita di molti anni.
Ricordiamo ancora una volta che il sistema delle leggi è a sei livelli: costituzionali, ordinarie e delega, decreti legislativi, decreti del presidente del Consiglio, decreti ministeriali e interministeriali, circolari.
Senza contare il processo di formazione delle leggi che in Parlamento dura da quattro mesi a quattro anni.
Quanto precede significa che la volontà del Legislatore impatta su cittadini e imprese tanti anni dopo, quando magari le condizioni istituzionali e di mercato sono cambiate e quindi la nuova legge è già vecchia e ha già bisogno di restauro.
Ci sarebbe da ridere, se tutto ciò non facesse venire da piangere e non è che i responsabili non se ne rendano conto, ma ciurlano nel manico.

La questione che trattiamo è il valore dell’equità che dovrebbe esserci copioso fra i cittadini. Ma non è così per la presenza di privilegiati e di egoisti, cioè di coloro che continuano a prendere senza dare e quando danno lo fanno con tirchieria, giusto per  salvarsi la faccia, non certo la coscienza.
Quando trattiamo questa materia riceviamo diverse forme di contrasto come se non fosse nostro dovere esporre ai lettori e all’opinione pubblica i fatti nudi e crudi, ovviamente distinguendoli dalle opinioni.
Ad alcuni sembra incredibile il fatto che non abbiamo interessi da difendere, se non quelli dei cittadini, mentre vorremmo essere in tanti a difendere i cittadini contro i privilegiati.
La situazione è grave ma non seria, diceva Ennio Flaiano (1910-1972), nonostante i trionfalistici annunci sulla piccola crescita di occupazione e Pil, ben lontana dalla media europea e da quelle spagnola, britannica, tedesca e  statunitense. Lontanissima dal 7% della crescita cinese.
Riflettiamo e facciamo un esame di coscienza. Ve n’è bisogno. Molto bisogno!

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