Sisma, i Comuni ballano sul Titanic - QdS

Sisma, i Comuni ballano sul Titanic

Rosario Battiato

Sisma, i Comuni ballano sul Titanic

giovedì 10 Agosto 2017

Nell’Isola il 90% del territorio è ad elevato rischio, ma solo un ente su due ha aggiornato i Piani di emergenza. In Sicilia 1,7 mln di case in pericolo: col sismabonus possibili investimenti per 9 mld

PALERMO – Ci sono numeri che esemplificano le criticità che si addensano tra la certezza del rischio sismico e la mancata prevenzione. Da una parte oltre 300 comuni isolani che rientrano nelle due fasce più elevate del rischio sismico e dall’altra, a debita distanza, i piani di emergenza aggiornati che riguardano soltanto un comune su due. In mezzo, appunto, le eventualità di una calamità naturale – i terremoti ovviamente non si possono prevedere – e le tragiche conseguenze che ne potrebbero derivare per un territorio senza prevenzione e con un patrimonio edilizio da salvare.
Poco meno del 90% del territorio regionale, cioè circa 23 mila kmq, è esposto a un elevato rischio sismico, cioè ospita dei comuni che rientrano nella zona 1, dove “possono verificarsi fortissimi terremoti”, e 2 (“in questa zona possono verificarsi forti terremoti”), secondo i principi di classificazione sismica del territorio che sono stati introdotti nell’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20 marzo 2003, sulla Gazzetta Ufficiale n. 105 dell’8 maggio 2003. Minima è la parte dell’Isola che invece rientra nella zona 3 (“in questa zona possono verificarsi forti terremoti ma rari”) e, ancora meno, nella 4 (“la zona meno pericolosa. I terremoti sono rari”).
Andando più in dettaglio, scopriamo che il segmento di rischio più elevato, cioè quello della zona 1, comprende 1.248 kmq, altri 21.626 kmq sono a rischio “medio”. L’84% dei comuni isolani, cioè più di 300, rientra nella fascia di pericolosità 2. La fascia dei più rischiosa, cioè quelli di fascia 1, comprende 27 comuni, stando all’ultima classificazione aggiornata al 2015.
Si tratta di realtà che hanno nomi e cognomi particolarmente noti come Santa Margherita di Belice, Gibellina, Partanna, Poggioreale, Salaparuta, Salemi, Santa Ninfa, tra la provincia di Agrigento e di Trapani, che furono teatro del tragico terremoto del Belice del 1968 che provocò 400 vittime. Nella provincia agrigentina ci sono anche Menfi e Montevago. L’area messinese è quella più coinvolta col capoluogo in primo piano – anche qui la memoria corre al terribile sisma dello Stretto del 1908 che vide tra 90 e 120 mila vittime –, e include anche i comuni di Alì, Alì Terme, Fiumedinisi, Furci Siculo, Itala, Mandanici, Nizza di Sicilia, Pagliara, Roccalumera, Rometta, Sant’Alessio Siculo, Santa Teresa di Riva, Saponara, Savoca, Scaletta Zanclea e Villafranca Tirrena. A chiudere il quadro c’è un solo comune a rischio 1 in provincia di Palermo, è Contessa Entellina.
A fronte di questi numeri particolarmente inquietanti, emergono altri dati che sembrano ispessire le preoccupazioni. L’Istat ha aggiornato al 2016 l’indicatore relativo alla resilienza ai terremoti degli insediamenti per assenza del piano di emergenza. Un calcolo che “sintetizza il livello conoscitivo, valutativo e attuativo di alcune attività finalizzate alla mitigazione del rischio sismico e al miglioramento del sistema di gestione dell’emergenza”. Nell’Isola il 47,9% dei comuni risulta non avere un piano di emergenza aggiornato, un dato che addirittura è inferiore a quello registrato nel 2014, quando erano più del 51%.
Numeri perfettamente coerenti con l’ultimo aggiornamento, in valore assoluto, della Protezione civile nazionale dello scorso maggio, che ha mappato nell’Isola soltanto 190 comuni su 390 con piano aggiornato. Nei comuni italiani mediamente il piano di emergenza è stato aggiornato in quasi 9 su 10 (86%). Questi preziosi strumenti sono stati introdotti con la legge n. 100 del 2012, che ne prevedeva la redazione entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge, e periodicamente aggiornati.
Si assottiglia ancora di più il dato relativo ai Comuni che hanno piani di emergenza e studi di microzonazione sismica. Questi ultimi “hanno l’obiettivo di razionalizzare la conoscenza sulle alterazioni che lo scuotimento sismico può subire in superficie – spiegano dal dipartimento di Protezione civile –, restituendo informazioni utili per il governo del territorio, per la progettazione, per la pianificazione per l’emergenza e per la ricostruzione post sisma”. Sono determinanti perché permettono di “individuare e caratterizzare le zone stabili, le zone stabili suscettibili di amplificazione locale e le zone soggette a instabilità, quali frane, rotture della superficie per faglie e liquefazioni dinamiche del terreno”. Nel 2016 soltanto il 14,9% dei comuni isolani, cioè poco più di uno su 10, dispone di questo strumento, anche se la tendenza è in crescita (11,5% nel 2014).  
Pari a zero è la percentuale che riguarda l’ultimo aspetto preso in considerazione dall’Istat, cioè la presenza del piano di emergenza e analisi delle condizioni limite di emergenza (cle). Queste ultime, introdotte con l’opcm 4007/12, sono le condizioni “al cui superamento, a seguito del manifestarsi dell’evento sismico, pur in concomitanza con il verificarsi di danni fisici e funzionali tali da condurre all’interruzione delle quasi totalità delle funzioni urbane presenti, compresa la residenza, l’insediamento urbano conserva comunque, nel suo complesso, l’operatività della maggior parte delle funzioni strategiche per l’emergenza, la loro accessibilità e connessione con il contesto territoriale”.
 


27 comuni “sulla dinamite”. La gran parte se ne infischia
 
PALERMO – Soltanto 11 comuni, sui 27 che rientrano nella fascia di rischio più elevata, sono in possesso di un piano di emergenza, secondo l’aggiornamento fornito dalla protezione civile nazionale al 26 maggio scorso.
Un risultato che si ottiene incrociando i dati dei comuni in fascia 1  con i piani di emergenza più recenti. In provincia di Messina Alì, Alì Terme, Furci Siculo, Mandanici, Nizza di Sicilia, Roccalumera, Sant’Alessio Siculo, Santa Teresa di Riva e Savoca hanno un piano aggiornato.
Ne sono sprovviste Fiumedinisi, Itala, Pagliara, Rometta, Saponara, Scaletta Zanclea e Villafranca Tirrena. Stesso risultato per Contessa Entellina a Palermo, così come Menfi, Montevago e Santa Margherita di Belice nell’agrigentino. In provincia di Trapani ce l’hanno soltanto Gibellina e Partanna, senza strumento ci sono Poggioreale, Salaparuta, Salemi e Santa Ninfa.
Il piano di emergenza è uno strumento essenziale in caso di un evento naturale imprevisto perché racchiude l’insieme delle “procedure operative di intervento – si legge sul sito del dipartimento – per fronteggiare una qualsiasi calamità attesa in un determinato territorio”.
In questo senso “recepisce il programma di previsione e prevenzione, ed è lo strumento che consente alle autorità di predisporre e coordinare gli interventi di soccorso a tutela della popolazione e dei beni in un’area a rischio”.
 

 
1,7 milioni di case in pericolo. L’occasione del Sismabonus
 
PALERMO – Il sismabonus è l’ultimo degli strumenti messi dal campo del governo per agevolare gli interventi antisismici nelle abitazioni private. Il provvedimento, previsto nella legge di Bilancio 2017, è stato attivato lo scorso febbraio in seguito all’approvazione delle linee guida per la classificazione del rischio sismico nelle costruzioni e del decreto del Mit.
Lo strumento riguarda gli edifici ricadenti nelle zone sismiche 1, 2 e 3, ed è pari al 50% per i lavori eseguiti dal 2017 al 2021, ma la detrazione può arrivare fino al 70% se migliora di una classe di rischio (l’assegnazione della classe di rischio sismico dell’edificio deve essere effettuata dal professionista) e fino all’80% se migliora di due classi. Può raggiungere anche l’85%, ma solo per i condomini. Il valore complessivo della spesa non potrà superare 96mila euro.
Considerando che il provvedimento comprende la stragrande maggioranza dei comuni dell’Isola, c’è da considerare che potrebbe trattarsi della più grande opera di messa in sicurezza antisismica mai compiuta.
Certo, sarà complicato arrivare a un investimento da 8,7 miliardi, che è la cifra stimata per agire sul totale del patrimonio isolano, calcolata sulla base di un lavoro del centro studi del Consiglio nazionale degli ingegneri che riguarda i comuni delle due più elevate fasce di rischio sismico.
Tuttavia potrebbe essere una grande spinta per agire su 653 mila edifici, su un totale di 1,4 milioni, costruiti tra il 1919 e il 1970 (dati Istat). In attesa ci sono 1,7 milioni di abitazioni nelle aree a rischio (dati Ance-Cresme).

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