Cala l'aspettativa di vita in Sicilia - QdS

Cala l’aspettativa di vita in Sicilia

Serena Giovanna Grasso

Cala l’aspettativa di vita in Sicilia

giovedì 10 Agosto 2017

Forte divario tra Nord e Sud in seguito alla riorganizzazione del Ssn. Per il Censis, a penalizzarla sono soprattutto le cattive abitudini. Nella nostra regione quasi sei persone su dieci fanno vita sedentaria (57%), mentre il 47% degli uomini sono in sovrappeso e il 10% obesi.

PALERMO – Settentrione e Mezzogiorno, agli opposti in tutto, anche in termini di speranze di vita. Secondo il settimo rapporto sulla sanità pubblica, privata e intermediata, redatto dal Centro studi investimenti sociali (Censis) e Rbm – Assicurazione salute, i più recenti trend demografici paventano il potenziale rischio di vedere traslati sulle generazioni future gli effetti delle disuguaglianze territoriali.
 
Se si osservano i dati relativi alla speranza di vita nelle diverse regioni italiane nel 2001, prima dell’entrata in vigore del federalismo sanitario, è possibile rilevare per entrambi i generi una situazione di omogeneità. A poco meno di dieci anni dalla riorganizzazione del Servizio sanitario nazionale (il federalismo sanitario ha trovato piena attuazione dal 2009), si è assistito per entrambi i generi ad un processo di progressiva divaricazione tra Nord e Sud, che ha penalizzato il Mezzogiorno. Il risultato ha condotto al consolidarsi di un innalzamento della speranza di vita alla nascita per i cittadini del Nord ed una conseguente riduzione al Mezzogiorno.
In particolare, in Sicilia si è perso un anno pieno di vita (dagli 82 del 2001 agli 81 anni del 2015). Si tratta della speranza di vita più bassa registrata a livello nazionale, valori inferiori si osservano solo in Campania (80,5 anni, rispetto agli 81,2 del 2001).
Ad incidere notevolmente sulle aspettative di vita sono anche le differenti abitudini. Il consumo di tabacco ad esempio, secondo le stime dell’Organizzazione mondiale della sanità, è causa del 10% dei decessi tra le persone adulte in tutto il mondo ed  una delle principali cause di morte evitabili. L’abitudine al fumo è più diffusa al Sud: valori superiori alla media nazionale si registrano in Campania, Molise, Abruzzo, Sardegna e Sicilia (in particolare si parla del 19% della popolazione). Un fumatore muore mediamente tre anni prima di un non fumatore e fino a 10/15 anni prima per i soggetti ad alto rischio di malattie coronariche. Il rischio di un nuovo infarto si riduce del 50% entro un anno dal momento in cui i pazienti smettono di fumare, per divenire uguale a quello della popolazione di non fumatori entro i due anni.
Ulteriore fattore da tenere in considerazione è la sedentarietà. In Sicilia hanno comportamenti sedentari quasi sei persone su dieci (57%). Anche in questo caso è possibile osservare significativi divari geografici: per questo specifico fattore di rischio, risultano più sani i comportamenti dei cittadini del Nord, collegabili sia ad una diversa offerta di strutture sportive sia ad una diversa disponibilità di risorse economiche derivante dal Prodotto interno lordo.
La sedentarietà contribuisce in misura non affatto indifferente allo sviluppo dell’obesità. Non sarà di certo un caso se nelle isole il 46,9% degli uomini e il 28,4% delle donne sono in sovrappeso ed addirittura il 10% degli uomini e il 9% delle donne sono obesi. L’eccesso ponderale, soprattutto quale causa indiretta di insorgenza di malattie tumorali, malattie cardiovascolari e diabete 2, è un altro fattore di rischio rilevante per la salute pubblica.
Tutte queste condizioni conducono ad un accorciamento della durata di vita. In particolare, in Sicilia si rileva il terzo valore maggiormente elevato di giorni di vita persi per mortalità evitabile tra gli uomini, al pari con la Calabria: sono complessivamente 27, peggio solo Sardegna (28) e Campania (29). Con riferimento alle donne, si rileva addirittura il secondo valore maggiormente elevato (16), peggio solo la Campania (17).

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