Sette italiani su dieci stressati e insoddisfatti del proprio lavoro - QdS

Sette italiani su dieci stressati e insoddisfatti del proprio lavoro

redazione

Sette italiani su dieci stressati e insoddisfatti del proprio lavoro

martedì 15 Agosto 2017

Studio promosso da Espresso Communication per Sodexo: tra i più disillusi i dipendenti del Sud (78%). La motivazione del lavoratore ha un forte impatto sulla performance aziendale

ROMA – Sono sempre di più gli Italiani a essere insoddisfatti del proprio lavoro… ovviamente quelli che un lavoro ce l’hanno. Infatti non solo oggi è difficile trovare occupazione ma è addirittura raro trovare un impiego che soddisfi le proprie aspettative. Ma quali sono i motivi di tale demotivazione? Al primo posto lo stipendio inadeguato (56%), seguito da orari poco flessibili (48%) e incertezza contrattuale (41%), senza dimenticare l’assenza di benefit e incentivi (37%). Ben 7 italiani su 10 (68%) quindi si lamentano delle proprie condizioni lavorative e dell’ambiente nel quale devono trascorrere la maggior parte delle loro giornate. E, come attesta Forbes in un articolo sulle cause della demotivazione al lavoro, l’insoddisfazione costa milioni in perdita di produttività. Anche le più grandi aziende oltreoceano corrono ai ripari come apparso sul New York Times che descrive la decisione di Walmart di aggiungere benefit al già raddoppiato stipendio dei dipendenti. Tra i più insoddisfatti ci sono donne tra 31 e 50 anni (79%), principalmente impiegati (75%) e operai (73%) del Sud (78%).
È quanto emerge da uno studio promosso da Espresso Communication per Sodexo, azienda leader nei servizi per la qualità della vita e benefit aziendali, in occasione del lancio del nuovo e-book gratuito rivolto alle PMI “Qualità della Vita in Azienda, Motivazione e Welfare” scaricabile su http://ebookwelfare.mysodexo.it/. L’indagine è stata svolta con metodologia WOA (Web Opinion Analysis), su circa 1200 persone tra i 18 e i 65 anni, attraverso un monitoraggio online sui principali social network, blog, forum e community, con il coinvolgimento di un panel di 10 docenti universitari, per indagare il grado di soddisfazione dei lavoratori italiani relativamente al proprio lavoro.

Ma quali sono le principali cause di insoddisfazione al lavoro?
Bassa retribuzione (56%), rigidità degli orari (48%) e ambiente di lavoro poco salutare (45%) sono sul podio, seguite da instabilità contrattuale (41%), assenza di benefit (37%) e scarse opportunità di carriera (36%), problemi relazionali con colleghi e superiori (30%), mancanza di riconoscimenti e promozioni (28%), scarsa identificazione nel sistema organizzativo (24%), automatizzazione e standardizzazione del mondo del lavoro che diventa meno appagante (23%).
La motivazione dei dipendenti ha un grande impatto sulle performance aziendale – spiega Sergio Satriano, Managing Director di Sodexo Benefits&Rewards Services – La qualità della vita dipende sia da fattori materiali che rispondono alle esigenze fisiologiche, sia da fattori immateriali della sfera psicologica, legati a relazioni, autorealizzazione e benessere interiore. Quindi un piano di welfare porta vantaggi sia ai collaboratori, che avranno percezioni positive verso il lavoro e maggiore motivazione a perseguire gli obiettivi aziendali, sia all’organizzazione: infatti grazie alla legge di Bilancio 2017, le imprese, in particolare nel settore privato, possono disporre di diversi premi di produttività e maggiori vantaggio fiscali”.
Una linea condivisa anche dal mondo accademico. “Il concetto di sostenibilità aziendale dovrebbe essere tra le principali priorità delle imprese – afferma Lidia Greco, docente di Sociologia Economica e del Lavoro presso l’Università degli studi di Bari “Aldo Moro” – Pur ricercando il profitto, che è la loro ragione d’essere, le imprese devono essere impegnate verso i loro dipendenti, la comunità e l’ambiente in cui agiscono, in quanto determinanti per fattori quali performance, ricerca e innovazione, accettazione sociale e condivisione di problemi. Quindi le aziende devono da un lato essere attente a tecnologie e qualità del lavoro, contenuti, inclinazioni e apprendimento dei lavoratori, dall’altro lato definire un welfare aziendale, ovvero sistemi di benefit, condizioni e misure di conciliazione che aiutino i lavoratori a migliorare le loro prestazioni”.
 


In molti vorrebbero orari più flessibili
 
Fondamentale risulta dunque conoscere anche il punti di vista dei lavoratori. Ma cosa chiedono concretamente gli Italiani al proprio boss? Mentre le donne domandano orari più flessibili o la possibilità di rimodulare il proprio contratto a part time (63%) e un maggiore equilibrio tra vita privata e lavorativa tramite la richiesta di agevolazioni per servizi di asilo nido, baby sitting, concierge per le faccende burocratiche (62%), gli uomini sono contenti di ricevere buoni pasto per un servizio di mensa attento alla salute alimentare (60%) e un rimborso per il trasporto nel tragitto casa-lavoro (59%).
“Anni di ricerche hanno dimostrato un forte legame tra soddisfazione dei lavoratori e successo economico dell’azienda” conferma Andrew Chamberlain, celebre economista e fondatore di Glassdoor, sito web che ha stilato una classifica, riproposta dal Telegraph, sui posti di lavoro più apprezzati. Al primo podio vi sono infatti aziende che offrono benefit: pagano bene, creano iniziative relazionali e schemi di condivisione dello stipendio. Addirittura il New York Post cita il premio “miglior dipendente del mese”, inventato negli USA come benefit per incentivare i lavoratori a dare il massimo.
Ed infine qual è l’identikit del lavoratore insoddisfatto? Il 72% delle donne e il 64% degli uomini ha dichiarato di essere demotivato e insoddisfatto del proprio lavoro. Tra di loro la maggior parte ha un titolo di studio medio-alto (71%) e un’età compresa tra i 31 e i 50 anni (79%), mentre la percentuale scende al 65% tra i 18 e i 30 anni e al 59% tra gli over 50. Se la percentuale tocca livelli alti tra impiegati (75%) e operai (73%), il tasso di manager (38%) e dirigenti (32%) infelici è inferiore. Infine i dipendenti più disillusi provengono principalmente dal Mezzogiorno (78%), dal Centro (70%) e dal Nord (55%).

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