La spettacolarizzazione non è buona informazione - QdS

La spettacolarizzazione non è buona informazione

Carlo Alberto Tregua

La spettacolarizzazione non è buona informazione

martedì 15 Agosto 2017

Il catastrofismo è distorsivo

Nel mese di agosto, l’unico Paese europeo che va in ferie è il nostro. In Svizzera e in Germania, e non solo lì, la scuola comincia il 15 di agosto e finisce il 28 giugno dell’anno dopo. Ogni giorno, si studia per 7-8 ore, fermo restando che i compiti saranno fatti oltre le 16,30, orario di uscita.
Le fabbriche non chiudono, la Pubblica amministrazione è regolarmente attiva, i cittadini continuano a lavorare come sempre, fermo restando che ognuno di essi prende le ferie, più o meno meritate, nell’arco dei 12 mesi. I diritti dei dipendenti sono dunque regolarmente rispettati e, soprattutto, vengono rispettati i diritti dei cittadini.
In Italia non è così: è come se una sorta di cloroformio prendesse tutti e già dal 20 di luglio si iniziano a rinviare le questioni a dopo le ferie, cioè ai primi di settembre.
Insomma, nell’anno ci manca un mese di lavoro, più o meno produttivo, e in questo periodo la differenza fra settore pubblico e privato diventa più marcata. Infatti, chi ha a che fare con la Pubblica amministrazione di ogni livello (statale, regionale o locale), si sente rispondere che la tale pratica o il tale pagamento deve essere rinviato alla riapertura.

Ma come, non è vero che la Pubblica amministrazione deve erogare servizi, giorno e notte, per 365 giorni l’anno? Non è vero che i pubblici dipendenti hanno il dovere di adempiere alle proprie funzioni con disciplina e onore (art. 54 della Costituzione)? Non è vero che i pubblici dipendenti percepiscono regolarmente i propri stipendi, anche quando chiudono i rubinetti e le porte in faccia di fronte i creditori? Come dovrebbero pagare questi ultimi i propri dipendenti senza potere incassare?
Nella Cosa pubblica l’iniquità è di casa, il menefreghismo pure, la mancanza di rispetto verso i cittadini che si dovrebbero servire anche.
Non se ne può più dei cialtroni che continuano a prendere stipendi avendo la faccia tosta di chiedere aumenti senza adempiere puntualmente al proprio dovere.
Va da se, intendiamoci, che nei 4,2 milioni di dipendenti pubblici e delle partecipate pubbliche vi è una grande parte di persone coscienziose, preparate, che fanno il loro dovere e anche di più. Sono proprio loro l’architrave che regge il Paese.

 
In questo quadro, l’informazione, tutelata dall’art. 21 della Costituzione, ha un ruolo fondamentale. Anche nel campo dei giornalisti vi sono quelli preparati, coscienziosi, puntuali, che non parlano e non scrivono a vanvera, che controllano almeno due fonti dell’informazione di cui intendono occuparsi, che calibrano scritti e parole, insomma, che rispettano i due cardini etici del nostro mestiere: la completezza e l’obiettività dell’informazione.
Ma questo comportamento, sobrio e misurato, non fa notorietà, non fa spettacolo. Per cui, l’altra parte dei giornalisti, invece, si preoccupa di amplificare e spettacolarizzare l’informazione, in modo da farsi vedere più come personaggi che come onesti distributori dell’informazione.
In più, per renderla ancora più performante, la accentuano con una sorta di catastrofismo, in modo da terrorizzare ascoltatori e lettori piuttosto che informarli.
Non abbiamo notizia di alcuno degli Ordini regionali dei giornalisti che ha aperto un fascicolo nei confronti di coloro i quali appartengono alla seconda categoria, mentre dovrebbero essere riconosciuti per il loro senso del dovere coloro i quali abbiamo descritto nella prima categoria.

A fare le spese del cattivo comportamento dell’informazione sono i cittadini, soprattutto quelli dotati di una modesta o scarsa cultura, i quali bevono come l’acqua corrente tutto ciò che viene loro propinato, perché non sono in condizioni di elaborare, valutare e criticare le notizie che pervengono loro attraverso radio, televisioni, giornali e siti web.
Le bufale e gli inganni, le fake news, in particolare delle piattaforme digitali, si moltiplicano in modo esponenziale proprio perché gran parte degli internauti è ignorante e pertanto ritiene che sia vero ciò che è falso.
Queste riflessioni di metà agosto non sembrino inopportune, anche se dubitiamo che molta gente, quando va in ferie, continui a mantenere il cervello in attività. Fanno male, perché il corpo ha bisogno di riposo, non la mente, che va tenuta sempre sveglia e pronta a valutare e affrontare ogni evenienza.

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