L'Intesa Stato-Regione e tutti i diktat di Roma - QdS

L’Intesa Stato-Regione e tutti i diktat di Roma

Raffaella Pessina e Patrizia Penna

L’Intesa Stato-Regione e tutti i diktat di Roma

mercoledì 23 Agosto 2017

Siglata nel 2016 per mettere a posto i conti della Regione, l’accordo sancisce di fatto un controllo diretto da parte del governo nazionale. Recepimento Legge Madia, tagli alla spesa corrente: pena il mancato trasferimento delle somme previste

PALERMO – Mentre la XVI Legislatura volge al termine portando con sé più ombre che luci, i cittadini siciliani sono già proiettati alle prossime elezioni regionali nella spasmodica speranza di un cambiamento, di una svolta che ad oggi non c’è stata. La campagna elettorale in queste ultime settimane è entrata nel vivo e di certo le polemiche non sono mancate. A dire il vero mancano anche i candidati, nel senso che da questo punto di vista solo il Movimento cinque stelle ha dimostrato di avere le idee ben chiare sul nome e cognome del candidato alle elezioni del 5 novembre. Nei prossimi mesi non mancheranno i colpi di scena e, probabilmente, l’estrema “vivacità” del dibattito politico ha contribuito a far passare in secondo piano i flop del governo Crocetta.
Eppure, una riflessione è d’obbligo perché il prossimo presidente della Regione si ritroverà ad ereditare una situazione estremamente complessa e non potrà non tener conto delle scelte operate in questi anni  dal suo predecessore: tra queste c’è la firma dell’Intesa Stato-Regione, sbandierata come una vittoria per la Sicilia dal Governo regionale, non è stata “letta” da tutti come un’operazione vantaggiosa.
Il 20 giugno 2016, al momento della firma, l’assessore regionale all’economia Alessandro Baccei e il governatore non esitarono a cantare vittoria. “Mettiamo definitivamente a posto i conti della Regione – hanno detto –  dopo tre anni di grandi sacrifici, diamo ai siciliani una Regione risanata evitando, una volta per tutte, lo spettro del default. è stata inoltre approvata l’Intesa sottoscritta tra il presidente della Regione e il presidente del Consiglio relativa ai 500 milioni, in modo tale da consentire lo sblocco delle somme già subordinate in bilancio alla medesima intesa”. In realtà, molte sono le condizioni da rispettare, condizioni cosiddette sine qua non, nel senso che non arriveranno i trasferimenti se non verranno rispettati i punti elencati nel suddetto documento. 
La Regione siciliana si è impegnata con questo accordo, per gli anni 2017- 2020 a “realizzare riduzioni strutturali della spesa corrente, in misura non inferiore al 3% (la parte eccedente può essere portata a diminuzione della riduzione dell’anno successivo ma in ogni caso non deve essere inferiore al 2% annuo)”. Tale riduzione  – è scritto nell’accordo – avviene mediante una compressione degli impegni di parte corrente risultanti dal consuntivo dell’anno precedente, a parità di funzioni attribuite alla Regione e escludendole spese per la sanità, le spese correttive e compensative delle entrate relative alle regolazioni contabili, riferite esclusivamente alle compartecipazioni statutarie: concorso alla finanza pubblica, previsto dalla legislazione vigente al 31 dicembre di ciascun anno: oneri e rinnovi contrattuali, nei soli limiti finanziari e secondo le modalità previste dalla legge di stabilità in materia di rinnovo dei contratti collettivi nazionali per il pubblico impiego.
Inoltre, la Regione si impegna ad applicare la legge Madia, con la relativa riduzione dei costi del pubblico impiego regionale, la riorganizzazione della struttura amministrativa  con la riduzione delle locazioni per gli uffici destinati alla pubblica amministrazione, la riduzione dei centri di costo, il recepimento dei principi in materia di dirigenza pubblica con la eliminazione della differenza tra la prima e la seconda fascia con espresso divieto di inquadramenti automatici o per mezzo di concorsi riservati per l’accesso alla dirigenza.
Nell’Intesa viene inoltre messo nero su bianco che la Sicilia si impegna ad applicare le norme in materia di procedimenti disciplinari per i cosiddetti furbetti del cartellino, e per gli assenteisti cronici. E inoltre dovrà applicare tutte le norme in materia di semplificazione delle procedure amministrative regionali e comunali (silenzio assenso), applicare  il recepimento della legge sulle province nazionale, la riorganizzazione degli enti locali  e la riduzione dei costi della politica. Infine, dall’anno 2018, la Regione si impegnerà a versare entro il 30 ottobre di ciascun anno e fino alla scadenza della eventuale proroga del regime di cu i al comma 629, lettera b, della legge 23 dicembre 2014, n, 190, l’importo di 285 milioni di euro annui, in mancanza del quale il ministero dell’Economia si tratterrà il relativo importo dai trasferimenti che dovrà fornire alla regione.
Un accordo, dunque, presentato come vittoria ma che sa tanto di commissariamento. E l’Autonomia?

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