U Signuri duna viscòtta a cu n'àvi rènti - QdS

U Signuri duna viscòtta a cu n’àvi rènti

Carlo Alberto Tregua

U Signuri duna viscòtta a cu n’àvi rènti

martedì 29 Agosto 2017

La Classe dirigente deve agire

Scusate la citazione di un proverbio siciliano, che non traduciamo perché comprensibile. Esso è efficace per indicare come la dabbenaggine umana non sappia comprendere la fortuna che si ha quando la natura è generosa nei confronti di un territorio e dei propri abitanti.
Aggiungiamo un secondo proverbio, in vernacolo: u saziu nun criri ‘o diunu. Il che significa che tutti gli abitanti delle otto regioni ricche del Nord, che crescono a ritmi ben superiori alla crescita media nazionale, non considerano lo stato di relativa indigenza delle regioni meridionali.
D’altro canto, cosa potrebbero fare? Nulla. Perché è compito del Governo centrale riequilibrare le condizioni socio-economiche del Mezzogiorno per ragguagliarle a quelle del Nord-Italia.
La Questione meridionale nasce con l’annessione del Mezzogiorno ai Sabaudi, dalla quale è cominciata la spoliazione sistematica di tesori che il Regno dei Borboni, cugini dei Re di Francia, possedevano in cospicua quantità.

Vi è una recente norma (Legge 18/17) che stabilisce come il governo debba destinare alle cinque regioni del Mezzogiorno, che rappresentano il 34% del territorio, la stessa percentuale di risorse per costruirvi infrastrutture di vario genere.
Ma ci vuole una legge per fare ciò? In ogni caso, se le risorse destinate al Sud continuano ad essere proporzionate a quelle destinate al Nord, la forbice del tasso infrastrutturale non può restringersi, con la conseguenza che il territorio meridionale destrutturato non è in condizione di competere né con quello del Nord né con le economie avanzate dell’Europa.
Di fronte a questo scenario, i governi che si sono succeduti dal dopoguerra in avanti, non solo hanno assistito passivamente a questo stato di cose, ma sotto la spinta e la pressione delle regioni del Nord, hanno continuato a destinare più risorse là che qua.
Con la fortissima innovazione di questo ultimo ventennio, la carenza infrastrutturale del Sud fa pesare ancora di più l’arretratezza. Pensate all’e-commerce, che vende ormai tutto sulla rete, ma i beni vanno trasportati al domicilio degli acquirenti e per far ciò ci vuole una ben organizzata logistica.

 
Nonostante quanto precede, le regioni del Sud e la Sicilia in particolare hanno una potenzialità economica fortissima, un’attrattiva a livello mondiale quasi naturale, per cui arrivano i turisti senza alcun piano promozionale e una potenza non espressa di attrazione di investimenti.
Ma quando investitori stranieri si informano sulle lungaggini della giustizia, sui tempi dei processi civili e penali, sulla possibile interferenza della malavita organizzata nell’economia, sull’ostracismo sistemico delle Pubbliche amministrazioni meridionali, tirano i remi in barca e si fanno passare la voglia di venire al Sud.
Se la Sicilia e il Mezzogiorno avessero una classe politica e una classe dirigente non politica, che comprendesse quanto semplicemente andiamo scrivendo, probabilmente, pur fra estreme difficoltà, la situazione potrebbe migliorare, anche se lentamente. Ma abbiamo dei brocchi che occupano i vertici delle istituzioni, senza preparazione e senza conoscenza delle regole etiche, per cui la situazione continua a restare cristallizzata negativamente.

“U Signuri duna viscòtta a cu n’àvi rènti”. La storia millenaria della Sicilia – che risale all’800 a.C. – ha consentito di accumulare tesori materiali di ogni genere, ma anche culture svariate nella formazione di una mentalità non gretta. Nonostante queste premesse i nostri territori non riescono a sfruttare tutti i beni materiali ed immateriali che si sono accumulati in questi quasi 3.000 anni.
Appunto, i “viscotti” donati da Dio agli sdentati, ove gli sdentati sono i siciliani. Come se mancassero bravi dentisti!
L’apatia che si riscontra da Est a Ovest, da Nord a Sud della Sicilia, non è un buon viatico. I disastrosi ultimi tre presidenti della Regione hanno fatto crollare il Pil di oltre 14 punti, riducendo l’economia siciliana a fanalino di coda dell’Italia e dell’Europa.
Occorre svegliarsi, occorre che la classe dirigente faccia il suo dovere, occorre che il popolo rifletta, spinga con giudizio ed obiettività e si faccia valere, perché ora non conta nulla!

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