Per la Grecia la questione è stata chiusa nel 2016 quando l’accordo tra Ue e Turchia è stato formulato con un prezzo da pagare di 3 miliardi. Cosicché Erdogan ha sbarrato le porte in uscita e in Grecia da quel momento non è arrivato nessun clandestino.
L’Ue, invece, ha tardato a fare la stessa operazione con la Libia, Niger e Ciad. Tuttavia anche questa è stata definita facendo crollare il flusso dei clandestini e sottoponendo a un controllo rigoroso il territorio libico, mettendo all’angolo i trafficanti di carne.
Vogliamo precisare che i rifugiati, ovvero coloro che hanno diritto all’asilo, sono una bassa percentuale sul totale dei clandestini che ha invaso l’Italia negli ultimi tre anni. Cosicché l’opera umanitaria di accogliere coloro che avevano diritto (cioè chi è fuggito dalle guerre, come i siriani) è stata estesa indebitamente e stupidamente a tanti altri che sono fuggiti da povertà e carestia, ma che non avevano diritto all’asilo politico.
Per favorire associazioni di volontariato, ong, cooperative, associazioni religiose, e chi più ne ha più ne metta, lo Stato italiano, anziché agire come ha agito l’Ue nei confronti della Turchia, ha continuato a spendere cinque mld l’anno. Fra i favoriti vi sono anche albergatori e altri che si sono occupati di accoglienza, che hanno continuato a ricevere (e continuano a ricevere) tra 30 e 35 euro pro capite, il che ha costituito un bel business.
Poi è venuto finalmente il ministro Marco Minniti (che ha preso il posto dell’inutile Angelino Alfano), il quale ha messo in atto subito il piano simil-turco e, come per magia, ha chiuso gli accordi con il governo di Tripoli ufficialmente riconosciuto dalla Comunità e, attraverso l’Egitto, con quello di Tobruk.
L’accordo prevede anche cospicui investimenti in quei territori, Libia, Niger e Ciad, per inserire gli strumenti di produzione di ricchezza e occupazione, mediante formazione, forniture di mezzi e attivazione di un mercato che per il momento è totalmente inesistente. Si capisce che, affinché questi propositi diventino realtà, passerà del tempo. L’importante è però che l’azione sia stata attivata.
In fondo, l’operazione africana, che costerà qualche miliardo di euro, poteva essere attivata contestualmente a quella turca, ma evidentemente, al di là delle parole, i governi italiani, presieduti da Renzi e da Gentiloni, hanno avuto interesse a foraggiare con cinque mld l’anno, ripetiamo, quella massa di soggetti ospitanti, nella probabile speranza di riceverne i voti alle prossime elezioni. Un’operazione di bassa politica, altro che umanitaria.
Resta il problema della massa di clandestini che si trova sul territorio nazionale che supera probabilmente le 200 mila unità. La stima è approssimata per difetto perché il ministero dell’Interno non fornisce i dati.
Non è possibile contabilizzarli con esattezza perché i Cie (Centri di identificazione ed espulsione) non hanno mai funzionato o hanno funzionato con estrema lentezza, per cui solo una minima parte dei clandestini sbarcati dalle ong nei porti dell’Italia meridionale sono stati identificati e solo qualche decina di unità è stato espulso.
Gestire oltre 200 mila clandestini, senza arte né parte, comporta impiego di risorse umane, professionali e finanziarie che il Paese non si può permettere. Pertanto l’energica manovra di Minniti dovrebbe provvedere alla loro rapida identificazione e, per i non aventi diritto, a un rapido rientro a casa loro, perché non è più possibile che stiano a casa nostra.