Università, la vergogna del numero aperto - QdS

Università, la vergogna del numero aperto

Carlo Alberto Tregua

Università, la vergogna del numero aperto

venerdì 08 Settembre 2017

Il Merito prevalga sempre

L’Università italiana, pubblica e privata, dovrebbe mettersi in fase con il mercato, nazionale e internazionale, per programmare il fabbisogno di laureati, in modo da evitare che certi dipartimenti ne sfornino più di quanto serva e altri, invece, ne abilitino meno di quanto serva.
Non ci risulta che questo calcolo venga effettuato, per cui vi è un eccesso di laureati nei dipartimenti umanistici e una deficienza in quelli scientifici.
Con questo non si vuole limitare la facoltà del giovane di scegliere uno o l’altro dipartimento, ma sull’interesse privato del singolo cittadino deve sempre prevalere quello generale.
L’interesse generale del Paese impone che le risorse pubbliche spese per laureare i nostri ragazzi devono produrre ricchezza mediante l’utilizzazione del loro bagaglio acquisito. Ci rendiamo conto che esso non è bastevole per esercitare una professione, ma a questa deficienza dovrebbe porre rimedio, come fanno le università di molte nazioni avanzate, la promozione dell’esperienza presso aziende in tutto il mondo.

Vero è che proprio nel 2017 compie trent’anni l’Erasmus, sempre più appetibile, che ha formato schiere di giovani con esperienza all’estero e acquisizione delle relative lingue. Ma tale esperienza non è bastevole per passare dal mondo dello studio a quello del lavoro.
Per esempio, una prestigiosa università svizzera, che forma dirigenti alberghieri, fa trascorrere ai propri allievi nel campus solo una minima parte di tutto il periodo degli studi, mentre li manda a imparare nei più prestigiosi alberghi del mondo.
Nel sistema anglosassone, già negli ultimi due anni della scuola superiore, ai ragazzi viene chiesto a quali facoltà universitarie vogliano accedere subito dopo il diploma, in modo da fasare l’insegnamento scolastico  con quello successivo di livello universitario.
Per altro, nelle università britanniche non possono accedere tutti i richiedenti. Là vi sono sbarramenti rigorosissimi che possono essere superati solo con il merito e non con altre componenti. Ciò non toglie che il Regno Unito assorbe moltissime intelligenze straniere e oltre 500 mila italiani che hanno successo perché fortemente preparati e motivati.
 

Dunque, i test di accesso alle università italiane sono sacrosanti, anche se manca la programmazione cui prima si accennava, con la conseguenza che non sempre vengono laureati giovani pronti per trovare lavoro, perché è questa la finalità della loro preparazione. Un lavoro adeguato si trova solo se si portano esperienze lavorative conseguite nel percorso accademico.
Scuola e Università sono l’unico ascensore sociale che mettono in competizione tutti i cittadini di qualunque ceto, poveri o ricchi, appartenenti a caste o meno, privilegiati o comuni mortali.
Ma questo ascensore sociale deve essere effettivo. Perché lo sia deve funzionare in base ai due principali valori competitivi tra i cittadini: Merito e Responsabilità. Non deve andare avanti il privilegiato o il più ricco o il raccomandato, bensì il giovane o la giovane più brava, più competente che veda il successo dopo aver fatto veri sacrifici. Il Merito deve sempre prevalere.
Questo è un modo per rendere uguali i cittadini come prevede l’articolo 3 della Costituzione.   

L’assenza di Merito e quindi l’occupazione abusiva di posti di responsabilità nella Pa o di docenti incompetenti a Scuola o professori inadeguati nell’Università rende l’Italia fragile e come dice un giornale satirico lucchese (il Vernacoliere): “L’Italia è un Paese senza palle, ma con tanti coglioni”.
Il più grande bene dei tempi nostri non sono i soldi, né i patrimoni, ma è l’intelligenza che produce competenze, cioè la capacità di adattarsi e di interpretare i continui cambiamenti e la rapida evoluzione dello stare insieme e dell’economia.
Chi non capisce il profondo cambiamento dei tempi e delle modalità è destinato ad essere tagliato fuori ed inutilmente può pietire il lavoro, che la Costituzione protegge.
Ricordiamo, però, che la Costituzione non protegge il posto di lavoro, ma il lavoro, vale a dire che intende mettere a disposizione di tutti i cittadini pari opportunità di partenza in modo che chi è più bravo prevalga.
Per questo, a Scuola e nelle Università, le parole d’ordine devono essere Rigore, Creatività, Ordine, Metodo.

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