Dissesto: bloccati oltre 900 cantieri - QdS

Dissesto: bloccati oltre 900 cantieri

Rosario Battiato

Dissesto: bloccati oltre 900 cantieri

martedì 19 Settembre 2017

Contro il rischio idrogeologico la Sicilia ha a disposizione circa 3 miliardi, ma Regione e Comuni stanno a guardare. Nonostante 58 vittime in 10 anni e danni per 4 mld €, i fondi restano a marcire

PALERMO – La Regione trema e perde i pezzi, ma paga solo i danni senza curarsi della prevenzione. Tra il 2000 e il 2015, secondo dati del dipartimento regionale della Protezione civile inseriti nel “rapporto preliminare sul rischio idraulico in Sicilia e ricadute nel sistema di protezione civile”, il dissesto ha fatto registrare 168 eventi, 58 vittime e danni per poco meno di 4 miliardi di euro. Numeri catastrofici che non hanno attirato le attenzioni dei soggetti che concorrono alla attivazione dei cantieri (Regione e Comuni), definendo un completo fiasco: soltanto il 15% dei nuovi progetti (2015-2023) è in fase esecutiva, mentre per quanto riguarda i fondi del passato non utilizzati (2000-2014) è stato sbloccato soltanto il 5% del totale dei progetti nazionali.   
L’ultimo aggiornamento in materia è stato realizzato da Italiasicura, la struttura di missione di Palazzo Chigi che nei mesi scorsi ha diffuso le seicento pagine  del “Piano nazionale di opere ed interventi e il piano finanziario per la riduzione del rischio idrogeologico”. È la mappatura più completa al momento disponibile su quelli che sono gli interventi in atto contro il dissesto idrogeologico in Italia.

I fondi restano a marcire
Cominciamo dal passato. Nel corso dell’attività di Italiasicura, cioè tra luglio del 2014 e aprile del 2017, sono state avviate 1.337 opere per un investimento pari a 1,4 miliardi. Si tratta di tutti quegli interventi che erano stati programmati tra il 2000 e il 2014, ma che erano rimasti inspiegabilmente senza cantieri.
In questo quadro nazionale di immobilismo diffuso, la Sicilia riesce, come sempre, a fare la sua parte. Del miliardo e 400 milioni di interventi sbloccati in tutto il Paese nel triennio di attività della struttura di missione di Palazzo Chigi, l’Isola partecipa con appena 66 interventi avviati per 92 milioni di euro. Si tratta del 5% del totale degli interventi e del 6,5% dell’importo complessivo speso. Lombardia, Campania e Calabria hanno speso rispettivamente 203, 210 e 170 milioni di euro.
E infatti resta ancora un sostanzioso blocco di interventi da avviare, eredità delle varie programmazioni passate e inseriti nel Repertorio nazionale degli interventi per la difesa del suolo (Rendis) che ha raccolto, tramite l’Ispra, l’attuazione di piani e programmi urgenti per la mitigazione del rischio finanziati dal ministero. Dei 1.781 cantieri bloccati in tutta Italia, ben 128 si trovano in Sicilia, cioè il 7,2% del totale nazionale. È il quinto dato più elevato tra le regioni per numerosità e per una spesa che risulta pari a 178 milioni di euro (8% del totale nazionale).
È minima la partecipazione isolana a quelli che sono gli interventi conclusi. Appena 50 su un totale nazionale di 891 (5,6%) e 68 milioni di euro investiti su un blocco totale che ammonta a 739 milioni (9,2%).

La Sicilia sta a guardare
Se il passato è ancora congelato, anche il futuro non sembra offrire grandi prospettive. Il Piano nazionale prevede un intervento complessivo da 27 miliardi di euro per 9.397 interventi. Le Regioni, infatti, hanno reagito abbastanza tiepidamente: solo l’11% dei progetti inseriti è allo stato “esecutivo”, quindi pronto per gare e finanziamenti. In valore assoluto si traduce in un numero che evidenzia i ritardi nella programmazione: appena 900 opere su 9 mila risultano effettivamente pronte alla fase dei cantieri.
Nell’ottica dei quasi 9 mila interventi nazionali, la Sicilia vanta una bella quota che è pari a circa il 10% del totale, cioè 962 interventi complessivi, un dato che la colloca, dopo la Campania, come la regione col maggior numero di interventi programmati in tutta Italia. La quota corrispondente in termini di costi è pari a 2,8 miliardi (11% del totale nazionale) ed è, anche in questo caso, il secondo dato più sostanzioso d’Italia alla stessa quota della Puglia e dietro la Campania.  
L’ennesima occasione sprecata. La progettazione esecutiva siciliana, cioè quella che permette di avviare finanziamento e gare, è limitata ad appena 143 progetti esecutivi su 962 interventi, cioè il 15% del totale, poco più di uno su 10. Tutto il resto si trova allo stato della progettazione definitiva oppure ancora più indietro, cioè alla progettazione preliminare o allo studio di fattibilità.

Da dove arrivano i soldi

In ogni caso non si dovrà fare tutto nell’immediato, anche perché al momento l’importo non è del tutto coperto. Il piano finanziario 2015-2023 prevede 9,8 miliardi di euro, che arrivano da vari canali: prestito Bei (1 miliardo), opere di manutenzione montana (1,8 miliardi), recupero di precedenti programmazioni (2,2 miliardi) e altri finanziamenti (Por, Patti Sud, Fonti Mit-Mattm, Piano Città metropolitane, Fondo progettazione, etc…) per 4,7 miliardi di euro.


 
Italiasicura: “Vero ritardo è nelle progettazioni”
 
PALERMO – Un grande piano nazionale ha bisogno di una risposta degna da parte dei soggetti deputati ad avviare i cantieri. Nella prefazione del volume rilasciato da Italiasicura, che censisce passati e futuri interventi nel settore del dissesto, il premier Paolo Gentiloni ha scritto, nella prefazione, che “viviamo in un paese dove gli errori, di tutti, e le urbanizzazioni incoscienti hanno amplificato gli effetti delle catastrofi naturali”.
In questo senso sono aumentati “i danni e il numero di vittime delle frane e delle alluvioni, assieme al dolore, alla rabbia, alle contestazioni”. Ecco perché bisogna andare, si legge, “oltre la fase della continua rincorsa alle emergenze, per aprire finalmente la fase della prevenzione strutturale”.
Spendere in prevenzione è meglio che spendere dopo per ricostruire. “Come è evidente – sottolinea Italiasicura – il lavoro per queste opere ingenti prevede diverse fasi regolamentate dal codice dei contratti pubblici e monitorate costantemente dalla Struttura di missione, in raccordo con le Regioni e i Comuni interessati”.

Ma il problema è un altro: “il vero ritardo, a dimostrazione di un lavoro di prevenzione mai realizzato finora è nelle progettazioni”. Un ritardo da colmare che per i comuni è soprattutto responsabilità delle Regioni. “I Comuni sono interessati a rivedere il proprio territorio in modo rigoroso – ha spiegato nei giorni scorsi Bruno Valentini, sindaco di Siena e delegato Anci per la protezione civile, a Sky Tg 24 – là dove si è realizzato uno sviluppo territoriale errato ed i sindaci sono pronti a metterci la faccia. Ma non vogliamo essere l’anello debole di una catena che, ancor più dopo la fine delle Province, ci assegna solo responsabilità ma nessun potere effettivo: i fondi ci sono ma c’è un ‘collo di bottiglia’ che li blocca nelle Regioni e noi Comuni non li abbiamo visti”.

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