Città fra (dis)ordine e (in)sicurezza - QdS

Città fra (dis)ordine e (in)sicurezza

Rosario Battiato

Città fra (dis)ordine e (in)sicurezza

giovedì 05 Ottobre 2017

Istat: fra microcriminalità, delitti e organizzazioni a delinquere cresce il disagio delle famiglie siciliane. Necessari maggiori controlli sul territorio, a cominciare dai vigili urbani

PALERMO – Gli ultimi fatti di cronaca hanno stretto le città siciliane nella morsa mediatica della microcriminalità cittadina (si veda l’aggressione all’ispettore Luigi Licari della Polizia municipale di Catania) e del coinvolgimento mafioso (basti pensare al servizio di Striscia la Notizia sul caso Adrano, con il finto necrologio del collaboratore di giustizia Valerio Rosano).
 
Tuttavia, il clamore dettato da questi fatti recenti (tra cui possiamo citare anche la violenza sessuale ai danni di una giovane del catanese, aggredita dopo una serata in discoteca) e comunque assai diversi nella loro costruzione ed elaborazione, non può determinare la reale percezione del fenomeno criminoso e mafioso nelle città isolane. La parola, pertanto, passa ai dati che certificano alcuni aspetti insindacabili: le Aree metropolitane soffrono ancora in profondità la mano della criminalità e non hanno grandi certezze in materia di sicurezza. Ma ci sono delle eccezioni.
I NUMERI – Smontiamo subito un classico luogo comune: le famiglie siciliane hanno una percezione del rischio di criminalità nella zona in cui vivono che è più basso della media nazionale. Nell’Isola questo dato riguarda circa il 36% delle famiglie, mentre a livello nazionale si arriva a superare il 41%. La percentuale isolana, pur essendo pericolosamente in crescita – era soltanto il 22% nel 2014 –, non può certo paragonarsi a quanto registrato nel Lazio, dove una famiglia su due avverte “molto o abbastanza disagio al rischio di criminalità nella zona in cui vivono”. Non solo percezione, ma anche realtà. Il tasso dei furti denunciati nell’Isola è pari al 19,1 per mille abitanti, ancora inferiore, seppur di poco, al dato medio nazionale (24,1) e distante dal record dell’Emilia-Romagna (34,3).
Numeri che si collegano a quelli relativi ai delitti nelle città isolane. L’indice generale di microcriminalità nelle città, redatto dall’Istat, prende come riferimento i dati (denunce dalle Forze dell’ordine all’Autorità giudiziaria) riferiti alla provincia del capoluogo di regione, ponendo al numeratore la somma dei delitti principali (furto con strappo, furto con destrezza, furto su auto in sosta, furto di autovettura) e al denominatore la popolazione residente al dicembre del 2012. Il dato siciliano, quindi relativo alla provincia del capoluogo palermitano, è pari a 7,3 ogni mille abitanti che risulta decisamente inferiore a quello nazionale (12,4) e a quello lombardo (19,4).
La Sicilia, secondo un’elaborazione del Sole 24 Ore basata su dati del dipartimento della Pubblica sicurezza del ministero dell’Interno, è complessivamente al nono posto per numero di delitti (estorsioni, furti con destrezza, furti con strappo, furti di autovetture, furti in abitazioni, furti in esercizi commerciali, rapine, riciclaggio, truffe e frodi informatiche) con 3.819 reati ogni 100 mila abitanti. Tra le province, Catania è la prima delle isolane, alla postazione numero 27, con 4.492 reati per 100 mila abitanti, poi Palermo (numero 37, 4.115), quindi Siracusa e Trapani, rispettivamente alla quarantesima (4.059) e quarantunesima (4.045) posizione.
Le classifiche di dettaglio vedono tuttavia la predominanza di alcune tipologie di reato: Siracusa è prima nazionale per le estorsioni (32,43 ogni 100 mila abitanti), Catania terza nazionale per furti di autovetture (561,4) e Palermo ottava (348,6). Le due aree metropolitane rivestono la medesima posizione di classifica nel settore delle rapine, rispettivamente con 109 e 96,5 per 100 mila abitanti. L’area etnea, inoltre, si conferma sul podio anche per il furto con strappo (79,78 per 100 mila abitanti). Precedendo per valori assoluti, il dipartimento ha stimato che nelle aree di Napoli, Bari e Palermo sono stati commessi il 19,28% dei furti e il 32,13% delle rapine commessi al Sud.
Andando un attimo più in fondo, si scopre che c’è anche un capitolo decisamente più complesso da affrontare, perché la gamma dei delitti legati alla microcriminalità non esaurisce la portata del fenomeno illegale. Il dato medio siciliano dei reati associativi per 100 mila abitanti (tasso di criminalità organizzata e di tipo mafioso) arriva a 2,5 contro l’1,8 del dato nazionale. Non è, comunque, il dato più elevato. Riescono a fare peggio regioni come Abruzzo, Molise, Basilicata, Calabria, Campania e persino il Trentino Alto Adige.
 
Decisamente più sostanzioso è, invece, il dato che riguarda l’incidenza di associazione mafiosa (associazione di tipo mafioso sul totale dei reati associativi) che nel’Isola supera il 10% e risulta essere il doppio di quella registrata l’anno precedente e superiore al dato medio nazionale (7,9%). Soltanto Calabria e Campania fanno peggio dei siciliani, anche se per molte regioni il dato non è stato rilevato.
COMUNI SICILIANI IN PRIMA FILA – Nell’ultima relazione al Parlamento sull’Attività delle forze di polizia, sullo stato dell’Ordine e della sicurezza pubblica e sulla criminalità organizzata, realizzato dal dipartimento della Pubblica sicurezza del ministero dell’Interno, il focus dedicato a Cosa Nostra registra che, in particolare, “la città di Palermo è e rimane, il luogo in cui l’organizzazione criminale esprime al massimo la propria vitalità sul piano decisionale e quello operativo, dando concreta attuazione alle linee strategiche adottate in relazione alle mutevoli esigenze imposte dall’attività di repressione continuamente svolta dall’Autorità giudiziaria e dalle Forze di Polizia”.
A fare da cornice a questo passaggio, ci sono i dati del 2016 relativi agli interventi del Comitato di solidarietà per le vittime dei reati intenzionali violenti che, tramite il commissario, accede al Fondo e predispone le iniziative di solidarietà e di sostegno in favore delle vittime di mafia. Lo scorso anno ci sono state 957 istanze presentate e ben 638 arrivavano dalla Sicilia (67% del totale) con netta predominanza della provincia di Palermo (351), seguita da Caltanissetta (63) e Trapani (63). In totale sono state accolte 819 delibere per un’erogazione complessiva di 22,8 milioni di euro.
 

 
Serve maggiore presenza dei vigili urbani in strada
 
PALERMO – Le novità per superare l’emergenza criminalità sono legate al decreto legge del 20 febbraio 2017, n.14, convertito dalla legge 18 aprile 2017, n.48, recante “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città” che introduce diverse novità per la Polizia municipale. Il comma 2 bis dell’articolo 7 permette ai Comuni (soltanto quelli che hanno rispettato il pareggio di bilancio) per il 2017 e il 2018 di assumere a tempo indeterminato nuovo personale di Polizia locale per il rafforzamento delle attività connesse al controllo del territorio. Si prevede inoltre la possibilità di accesso, per la Polizia municipale, alle banche dati in uso agli organi della Polizia di Stato (comma 6 dell’articolo 10) e l’implementazione di nuovi impianti di sorveglianza per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni di criminalità diffusa e predatoria.
Per i Comuni la strada è quella giusta, così come ha spiegato alla fine di settembre il sindaco di Ascoli Piceno e delegato alla Finanza locale di Anci, Guido Castelli, precisando che “il giudizio dei Comuni sulla legge 48 in materia di sicurezza urbana è di certo positivo perché essa ha il merito di chiarire questioni che nel tempo si erano sfrangiate perdendo sistematicità. Dobbiamo ora lavorare su alcuni aspetti, a partire dai criteri e dai decreti attuativi, che rendono materialmente inutilizzabile parti significative dell’impianto normativo”.
Anche per gli Enti siciliani sarebbe tempo di riorganizzare il proprio personale di Polizia municipale, che nel corso degli ultimi anni ha patito carenze numeriche – testimoniate anche dai dati più contenuti relativi ai reati registrati rispetto ad altre città di pari dimensione – e presenze non sempre adeguatamente distribuite tra strade e scrivanie.
 

 
Catania, via all’esperimento del Comitato metropolitano
 
CATANIA – Si è insediato alla fine di settembre il Comitato metropolitano per la sicurezza urbana nel capoluogo etneo. Si tratta del primo a livello nazionale ed è stato inaugurato alla presenza del ministro Marco Minniti, che l’aveva previsto nel decreto che porta il suo nome e che ormai è una legge del Governo nazionale in materia di prevenzione della lotta a particolari reati.
“Ho trovato nel Comitato metropolitano – ha spiegato Minniti – una straordinaria collaborazione tra le istituzioni dello Stato, ben coordinata dal prefetto di Catania, con il Comune, l’area metropolitana, la polizia locale e la magistratura catanese”.
L’azione si dovrebbe basare su due presupposti fondamentali: “il primo – si legge sul comunicato ministeriale –, non abbassare mai la guardia e aumentare l’intensità dal punto di vista del contrasto alla criminalità organizzata; il secondo, concorrente al primo, mantenere alti i livelli di controllo del territorio e della sicurezza urbana”.
Un presidio di legalità anche in vista del Piano di investimenti della Giunta catanese che prevede, tra pubblico e privato, la messa in campo di circa due miliardi di euro. “Sappiamo – ha concluso – che un ammontare così rilevante di finanziamenti stuzzica l’attenzione della criminalità organizzata e l’appetito della corruzione. Su questo c’è bisogno di avere un principio elementare: che tutti i soldi che sono stati, oggi, censiti devono finire per andare a vantaggio dei catanesi e di nessun altro”.

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