La mafia sopravvive alimentata dai disoccupati - QdS

La mafia sopravvive alimentata dai disoccupati

Carlo Alberto Tregua

La mafia sopravvive alimentata dai disoccupati

giovedì 05 Ottobre 2017

Colmare il gap tra Nord e Sud

I dati nazionali Istat di giugno indicano nell’11,1% l’indice medio di disoccupazione del Paese. Ma analizzando i dati su base regionale viene fuori prepotentemente la grande differenza fra le regioni del Nord e quelle del Sud e, per conseguenza, l’inazione di tutti i Governi che si sono succeduti in questi decenni per riequilibrare l’occupazione fra Nord e Sud e con essa riequilibrare anche il Pil.
Entrando nello specifico, l’Istituto nazionale di statistica ha comunicato che sempre a giugno 2017 in Sicilia vi erano 387 mila disoccupati, che equivalgono a circa il 22% della forza lavoro isolana, quindi il doppio della media nazionale.
I Governi hanno una responsabilità primaria nel non attivare i processi di crescita per abbattere fortemente tale disoccupazione. Ovviamente, una grande corresponsabilità è assunta dalla Regione, la cui Autonomia avrebbe dovuto, in settant’anni, fare diventare la nostra Isola ricca e piena di benessere come la Catalogna.

La regione iberica ha sempre utilizzato tutti i fondi europei e statali, mettendo in campo anche una forte capacità propria per fare crescere il Pil in modo notevole, tanto che essa è ormai la Lombardia della Spagna.
Ma anche la nostra Lombardia e il Veneto – che il prossimo 22 ottobre manderanno a votare i propri cittadini per chiedere maggiore autonomia, ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione – hanno innestato processi di crescita per cui oggi sono le regioni più ricche del Paese.
I due referendum hanno lo scopo palese di trattenere maggiori risorse dalle imposte che il sistema economico di quelle aree paga allo Stato, con la conseguenza che lo sbilanciamento fra Nord e Sud aumenterebbe.
È pacifico il principio che chi produce ricchezza ne deve godere il più possibile, ma è altrettanto pacifico che un Paese ha il dovere di mettere al primo punto della propria politica la solidarietà fra i popoli delle regioni, in modo da portare all’effettiva eguaglianza (precetto costituzionale) fra tutti i cittadini.
Ma della necessità del livellamento di reddito e occupazione non c’è traccia nella Legge di Bilancio 2018 che si preoccupa di distribuire risorse a pioggia.
 

L’incapacità dei Governi di programmare Piani di sviluppo per il Sud, le cui regioni restano arretrate, in particolare Calabria, Campania e Sicilia, è una delle cause principali del permanere sul territorio della criminalità organizzata.
Se i meridionali non fossero tartassati dal bisogno, dalla necessità di sbarcare il lunario in qualche modo, probabilmente non sarebbero sensibili ai richiami della malavita organizzata.
Se i servizi pubblici funzionassero a dovere, assistendo in primo luogo i cittadini meno abbienti, questi ultimi non avrebbero bisogno di rivolgersi alle mafia per soddisfare le più elementari necessità.
Se la criminalità organizzata, soprattutto in queste tre regioni, continua a sopravvivere è perché vi è una povertà diffusa e perché i bisogni dei cittadini non vengono soddisfatti come dovrebbero da una Pubblica amministrazione ancora più scassata di quella romana.

Fenomeno opposto è l’espansione della criminalità organizzata nelle regioni ricche, perché lì le motivazioni sono di inserirsi nei circuiti economici, fra cui gli appalti, per lucrare le differenze.
Infatti, è maggiore il numero degli scioglimenti di Comuni nel Nord piuttosto che nel Sud, almeno in rapporto a quello che accadeva qualche anno fa.
Sono dunque disoccupazione e povertà la benzina della criminalità organizzata. E questa benzina va prosciugata in modo che non possa più alimentare le attività criminose.
La recente riforma del Codice penale ha equiparato la corruzione alle attività della mafia. Abbiamo espresso perplessità su tale equiparazione, che potrebbe avere conseguenze sociali non indifferenti in relazione ai sequestri per equivalenza o alle confische.
Se la mafia va combattuta sul suo terreno, cioè facendo sviluppare l’economia e togliendo dai bisogni i cittadini, la corruzione si combatte all’interno degli Enti pubblici, mediante anticorpi.
Per fare questo occorrono Governi forti e Giunte regionali consapevoli della loro responsabilità: servire i cittadini.

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