L'ambiente, questo sconosciuto. Un business? - QdS

L’ambiente, questo sconosciuto. Un business?

Carlo Alberto Tregua

L’ambiente, questo sconosciuto. Un business?

martedì 10 Ottobre 2017

Energia ed economia circolare

Secondo la legge di Antoine-Laurent de Lavoisier (1743-1794) nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. Solo che gli italiani non la mettono in pratica perché, alla fine del processo dei consumi, i residui, cioè i rifiuti solidi urbani, si gettano via.
Essi costituiscono una risorsa formidabile, un carburante che per sciatteria viene accumulato nelle discariche, salvo, per la verità, l’Italia del Nord e qualche sparuta regione del Centro e del Sud che utilizzano tali rifiuti negli impianti produttori di energia (energimpianti).
Il resto del Mezzogiorno, invece, li accatasta creando danno all’ambiente con il percolato, che appesta il sottosuolo, e con le emissioni che inquinano l’aria, e poi, attraverso la pioggia, ricadono e avvelenano i prodotti della terra.
Nel nostro Paese vi è un forte cambiamento nella produzione di energia da fonti rinnovabili, che si avvia a soddisfare la domanda per quasi sei decimi. Gli impianti termici, via via, vengono trasformati in modo da non adoperare più il petrolio.

L’ultima di queste trasformazioni si sta effettuando nel grande impianto dell’Eni di Gela, che entro due anni produrrà esclusivamente bio-energia.
L’ambiente va curato perché è patrimonio di tutti, ma molte persone, che non possono essere definite cittadini, considerano i marciapiedi, le strade e i terreni pubblici come cosa d’altri, anziché cosa propria.
La scuola sarebbe il luogo primario dove valenti insegnanti dovrebbero spiegare e inculcare nella testa dei ragazzi, a cominciare da quelli di sei anni, come bisogna avere prima cura della Cosa pubblica e poi di quella propria.
Il grado di civiltà di un Paese si giudica dallo stato dell’ambiente nel suo complesso, da quello delle strade, degli edifici, dalla ristrutturazione dei borghi e di tutti gli immobili storici e archeologici, perché tutto ciò serve a non fare perdere la memoria e a ricordare le evoluzioni della razza umana, dai tempi dell’età della pietra.
L’ambiente è lo spazio che circonda una cosa o una persona e in cui questa si muove o vive. Ogni persona dovrebbe cercare di vivere al meglio, rinunziando ai propri egoismi e dando al prossimo tutto ciò che può.
 

L’economia circolare è quella che consente di utilizzare qualunque cosa in un circuito senza fine, secondo il quale anche il rifiuto è un prodotto necessario. Ma la nostra cosiddetta civiltà non funziona così. Un delitto è buttare via il cibo ogni giorno, anziché utilizzarlo in tutti quei canali di assistenza religiosa e civile per farlo arrivare ai poveri che non possono coniugare il pranzo con la cena.
L’egoismo imperante impedisce che ciò avvenga sistematicamente, per cui solo una parte del cibo scartato raggiunge chi ha fame.
Lo stesso dicasi per il vestiario, che viene spesso gettato nelle discariche, mentre vi sono benemerite organizzazioni assistenziali che lo raccolgono per darlo a chi indossava stracci.
In questo versante, le associazioni di servizio di derivazione americana ed anche quelle autoctone non si occupano in modo quantitativamente adeguato di questi problemi. Sarebbe bello, per esempio, che in città come Brescia o Catania, le stesse organizzazioni avessero una rete di raccolta di cibo e vestiario per redistribuirlo ai bisognosi.

L’ambiente è un business. La cultura è un business. Un ministro asino, seppure economista, sosteneva che con la cultura non si mangia. Si è visto, invece, che l’apertura dei musei, l’assegnazione di un valente direttore alla Reggia di Caserta (Mauro Felicori) e un altro alla Venaria reale di Torino (Mario Turetta) hanno dimostrato che si può moltiplicare significativamente il numero dei biglietti pagati, con ricadute positive anche sull’indotto dell’ambiente circostante.
Le opere per bonificare l’ambiente dai disastri idrogeologici sono una quantità enorme, ma le casse pubbliche distribuiscono mance a destra e a manca, e non si occupano di intervenire costantemente per riparare il territorio. Il quale avrebbe bisogno, per esempio, di rinforzare gli argini dei fiumi, in modo da evitare inondazioni che hanno creato immensi danni, per esempio col Sarno in Campania (1998) e con l’Arno in Toscana (1966).
Curare l’ambiente è interesse di tutti, ma ci vogliono governanti saggi e disinteressati. Purtroppo non se ne vedono tanti in giro.

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