I giovani immaturi non pensano al futuro - QdS

I giovani immaturi non pensano al futuro

Carlo Alberto Tregua

I giovani immaturi non pensano al futuro

sabato 14 Ottobre 2017

Uno sciopero inutile e dannoso

Abbiamo visto nelle televisioni molti scolari delle superiori scioperare in diverse città contro il decreto del ministro Fedeli, che attua la Legge denominata “Buona scuola” (107/2015) con la messa in atto delle esperienze di lavoro degli studenti nelle imprese.
L’alternanza scuola-lavoro è in uso in Germania da 15 anni, con la riforma di Gerhard Schröder e ha avuto eccellenti risultati anche perché quella riforma prevede l’orientamento post maturità già nelle classi terminali.
Ma l’esperienza che i giovani fanno negli ambienti di lavoro non è tanto quella riguardante l’attività in sé, quanto il fatto che annusano l’atmosfera e le regole di un’organizzazione efficiente e cominciano a capire cos’è e qual è il lavoro serio.
La Germania progredisce con una crescita del Pil del 3% l’anno, ha un debito pubblico che rispetta il parametro di Maastricht (60%), non ha disoccupazione perché quella nominale è del 3%.

E allora perché non copiare un modello che funziona? Questi giovani scioperanti (e forse scioperati) non capiscono che tutto il tempo che dedicano a fare esperienze lavorative è per loro guadagnato in termini di mentalità e di capacità di comprendere meglio come funziona il lavoro vero e come loro debbano incamerare competenze per diventare competitivi, non soltanto sul mercato nazionale, ma anche su quello mondiale.
Abbiamo visto cartelli di giovani: “Non vogliamo andare nei call center”, “Non vogliamo andare nei fast food” e così via. Ma allora dove vogliono andare a imparare come si lavora?
Al Quotidiano di Sicilia abbiamo stagisti laureati o laureandi che non avevano la minima idea di cosa fosse un lavoro organizzato. Entrano dopo una dura selezione che fa la redazione. Ma poi si impegnano, sgobbano e imparano, anche se in soli sei mesi, una parte del mestiere che poi sarà loro utile successivamente. Questi ragazzi hanno capito che l’esperienza che vanno acquisendo vale molto di più di una remunerazione elevata.
Tutti sanno che con la testa si fanno i soldi ma, al contrario, con i soldi non si fa la testa.
 

Chi organizza questi giovani così numerosi e in tante città diverse? Ufficialmente non si sa, ma possiamo supporre che dietro di loro vi siano gli emarginati dalla società, incapaci di fare alcunché per sé stessi e per i cittadini e che, per la loro pochezza, protestano contro tutto e contro tutti in modo sistematico. Gente che non vale nulla sul piano sociale e che fa solo danno.
Se danneggiassero solo se stessi, pazienza. Ma quando danneggiano ragazzi di 15 o 16 anni facendoli protestare contro il loro interesse, che è quello di apprendere e di apprendere, la società dovrebbe reagire con forza bollando i comportamenti degli emarginati e discutendo con i giovani per far loro capire come stiano manifestando contro sé stessi e contro il loro futuro.
La domanda è: ma questi giovani vogliono utilizzare le opportunità che offre il mercato locale, nazionale o mondiale e innestarsi in esso con un’esperienza, seppur piccola? Oppure arrivare alle soglie del lavoro senza saper fare alcunché avendo solo imparato nozioni, dettagli e mai il metodo, che è l’unico che possa far capire i problemi e trovare le soluzioni per risolverli?

I cercatori di teste, quando fanno le selezioni e scorrono i curricula, da parecchio tempo trascurano il voto di laurea, ma prendono in esame il tempo che una persona ha impiegato per arrivare alla laurea stessa: 3 o 5 anni. Già il sesto anno comporta un’annotazione negativa.
Quando poi le persone selezionate vengono chiamate per il colloquio non gli chiedono le attitudini, e neanche nozioni più o meno dettagliate di questa o quell’altra materia, ma pongono dei problemi e si fanno spiegare potenziali soluzioni. In relazione alla capacità e alla vivacità con cui i giovani improvvisano soluzioni ai problemi posti, hanno più probabilità di essere selezionati positivamente.
Queste cose gli insegnanti dovrebbero spiegarle ai ragazzi e alle ragazze, ma forse non le conoscono, con la conseguenza di assistere a questi scioperi che non sono l’emblema della voglia di serietà e crescita.

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