Crisi e sommerso killer dei lavoratori - QdS

Crisi e sommerso killer dei lavoratori

Michele Giuliano

Crisi e sommerso killer dei lavoratori

martedì 17 Ottobre 2017

Inail: Sicilia al quarto posto in Italia per morti sul lavoro. I datori risparmiano in sicurezza: già 38 vittime in otto mesi. “Contratti” in nero eludono le misure e la formazione per prevenire gli incidenti

La sicurezza nei cantieri è alla base di una buona attività lavorativa e contrastare le morti bianche. Soluzione più immediata è quella di potenziare il sistema dei controlli per limitarle. Ma il problema in Sicilia è proprio questo: quando si parla di sicurezza, spesso si prendono le distanze. Le morti bianche, così come gli infortuni, non sono numeri a caso nell’Isola: sono proprio la diretta conseguenza di un sistema che non va. Uno dei settori più a rischio è quello dell’edilizia. “Uno dei problemi – dice Franco Turri, segretario generale nazionale Filca Cisl – è anche la fuga dal contratto. Basti pensare che un edile prima di entrare in cantiere deve fare due giorni di formazione sulla sicurezza del lavoro mentre chi applica altri contratti non lo fa. Purtroppo oggi assistiamo ad una fuga dal contratto per cui le imprese applicano contratti meno costosi in edilizia con gente meno preparata nei cantieri”.

Quindi meno formazione, meno sicurezza, più rischi. La Sicilia sotto questo aspetto è una delle regioni in Italia in cui si verificano più incidenti sul lavoro. Per numero di morti bianche, attesta l’Inail, è al quarto posto: 38 morti nei primi 8 mesi dell’anno, peggio hanno fatto solo Emilia Romagna, Lombardia e Veneto. Ma attenzione: stiamo parlando anche di un territorio che ha appena 1,3 milioni di occupati. Mentre in Lombardia ce ne sono 4,2 mln, in Veneto oltre 2 mln, in Emilia Romagna 600 mila in più della Sicilia.

Questo fa scattare un campanello d’allarme: il numero alto di decessi è frutto proprio di un evidente sommerso, e di conseguenza di una scarsa cultura della sicurezza dove si lavora senza uno straccio di contratto, quindi in nero totalmente o parzialmente.
In questo caso la conferma arriva dalla Cgia di Mestre che, guarda caso, nella stima effettuata sul potenziale lavoro nero piazza ancora la Sicilia al quarto posto con i suoi 3 miliardi e 200 milioni di gettito evaso.
La Lombardia è prima, così come Emilia Romagna e Veneto sono ai vertici: dunque c’è un’evidente correlazione tra i fenomeni del sommerso e dei decessi sui luoghi di lavoro. In buona sostanza dove c’è sommerso il rischio è altissimo per ogni lavoratore sprovvisto di ogni qualsivoglia misura di sicurezza a garanzia della sua incolumità in un cantiere che invece presenta mille insidie.
In un quadro in cui le condizioni di lavoro oggi sono peggiorate, applicare correttamente i contratti, combattere il lavoro nero e controllare il sistema degli appalti e subappalti sono fondamentali per garantire sicurezza e limitare gli infortuni.
“Siamo davanti a dati negativi che rilevano l’Isola ai primi posti – sottolinea Mimmo Milazzo, segretario generale Cisl Sicilia -. La prima cosa da potenziare sono soprattutto i controlli che sono sicuramente una priorità rispetto alle esigenze di un mondo del lavoro molto complesso”.
In edilizia, dicono i sindacalisti, interagisce anche la questione del caporalato e del lavoro nero che possono combattersi solo potenziando i controlli e facendo applicare la legge. Il controllo deve essere fatto in sinergia e coordinamento tra più realtà preposte senza che ognuna di queste – come Inps, Inail ed Ispettorato del lavoro – lavori isolata dalle altre.

Altro elemento da considerare, l’innalzamento dell’età pensionistica
, che ha inciso anche nel quadro dell’aumento degli infortuni anche mortali. Tra gli intervenuti all’incontro a prendere la parola è stata anche la direttrice dell’Inail di Palermo e Trapani Diana Artuso: “L’Inail sta facendo molto sul tema della prevenzione – rilancia la Artuso –. Più ricerca significa naturalmente maggiore prevenzione e quindi anche meno rischi ed infortuni sul posto di lavoro. Le imprese oggi vanno accompagnate e aiutate nel formare i lavoratori”.
 

 
Se le morti aumentano gli infortuni diminuiscono
 
Le cronache parlano di lavoratori a rischio sicurezza e di scarsi controlli eseguiti nei cantieri. L’Inail ha appena pubblicato il report degli infortuni sul lavoro in Italia. Un quadro a tinte fosche, che registra un aumento di 5.229 casi, nel periodo gennaio-agosto 2017: si è passati dalle 416.740 denunce per infortunio sul lavoro del 2016 alle 421.969 di quest’anno. Con un incremento di 31 incidenti mortali (da 651 a 682) rispetto periodo precedente. Eppure in Sicilia, a sentire le statistiche, la situazione è in netto contrasto con il resto del Paese. Nell’Isola, infatti, si è registrata la riduzione più significativa a livello nazionale: gli infortuni sono stati quest’anno 18.760, ben 651 in meno rispetto a un anno fa. Solo a Catania sono stati 4.815, seguita da Palermo con 4.025 e Ragusa con 1.824 incidenti denunciati.
In genere gli infortuni riguardano più maschi che femmine, con un rapporto di due a uno, e un’età che oscilla tra i 40 e i 59 anni. Ma a destare la preoccupazione maggiore è l’aumento delle morti bianche: in Sicilia sono 13 in più rispetto al 2016 e questo dà il senso che probabilmente c’è il fondato rischio che l’infortunio possa anche non essere dichiarato nel luogo di lavoro. Una sorta quindi di “depistaggio”.
Il settore in cui il lavoratore rischia di più è quello industriale dove davvero l’esposizione ai rischi appaiono evidenti. Segue il lavoro in agricoltura (9 decessi) e quello “per conto dello Stato” (3).
A guidare questa classifica tutta negativa è Trapani che fa registrare ben 9 decessi, un vero record se si considera che stiamo parlando di un territorio di appena 212 mila occupati. è seguito a ruota da Palermo e Catania con 7 decessi a testa. Poi ancora ci sono Agrigento e Messina con rispettivamente 5 e 4 casi di morti bianche denunciate sino ad agosto 2017. I comuni più “prudente” si rivelano Caltanissetta e Siracusa che hanno avuto un solo incidente mortale a testa.
 

 
La lotta al sommerso inizia dall’apprendistato
 
L’assessore regionale al Lavoro, Carmencita Mangano, sa bene di dover lottare contro un mostro. Il sommerso, il lavoro nero, lo sfruttamento: tutte facce della stessa medaglia che in Sicilia si sono cronicizzate nel tempo e che non è facile oggi aggredire con efficacia considerato il periodo di crisi da una parte e il modo con cui il fenomeno si è espanso nel tessuto economico-sociale. L’assessore Mangano però è convinta che il governo abbia già posto ultimamente le basi per potere contrastare con efficacia proprio il sommerso con la recente firma dell’accordo per la disciplina dell’apprendistato professionalizzante. Il documento è stato sottoscritto dalle associazioni dei datori di lavoro e dalle organizzazioni sindacali. L’intesa prevede che i contratti possano essere applicati, in tutti i settori privati, ai giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni e, senza limiti d’età, per chi usufruisce degli ammortizzatori sociali. “L’apprendistato – ha detto l’assessore Mangano – in un momento di forte crisi economica come quello che stiano attraversando, è uno strumento importante per dare respiro all’occupazione. In particolare, la sua natura ‘mista’, tra lavoro e formazione, lo rende adatto per i giovani che devono imparare un mestiere, ma anche per chi ha la necessità di trovare una nuova collocazione nelle aziende”.
Per il governo regionale resta un pezzo forte anche l’avviso comune per la lotta contro il caporalato e il lavoro nero: “Si tratta del primo passo – ha aggiunto la Mangano – per attivare una serie di interventi per contrastare lo sfruttamento dei lavoratori, un fenomeno purtroppo presente in alcune zone delle campagne siciliane, e per certificare le aziende sane rispetto a quelle che non rispettano gli obblighi etici e di legge”.

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