Lombardo-Miccichè, Fini-D’Alema - QdS

Lombardo-Miccichè, Fini-D’Alema

Carlo Alberto Tregua

Lombardo-Miccichè, Fini-D’Alema

mercoledì 30 Dicembre 2009

Governo con tre big nazionali

Parte il terzo governo Lombardo, in virtù della legge elettorale vigente in Sicilia (l. r. n. 7/2005). Infatti essa prevede che i siciliani eleggano separatamente il presidente della Regione a suffragio universale e i deputati regionali. Volontà del legislatore è stata, quindi, quella di separare il consenso e sganciare la vita politica del presidente da quella della sua maggioranza.
Errano coloro che vorrebbero applicare in Sicilia il concetto che quando una maggioranza cambia, deve cambiare pure il presidente. Il legislatore, nel calibrare il bilanciamento dei poteri, ha stabilito che le due parti in causa, esecutivo e legislativo, possano elidersi a vicenda. Il presidente può dimettersi e mandare a casa i legislatori. Quarantasei legislatori possono votare la sfiducia al presidente, mandarlo a casa e, con esso,  loro stessi.
Sembra strano che il presidente del Senato, Renato Schifani, che è anche un avvocato, non conosca (o faccia finta di non conoscere) il senso e la natura della legge citata.

Qualche ignorante e in malafede ci fa sapere che la linea editoriale di questo giornale è pro Lombardo. Costui (o costoro) è ignorante perché non conosce la storia della Sicilia e in malafede perché afferma falsità. Da quando è nata questa testata, 30 anni orsono, ribadiamo senza stancarci l’indispensabilità dell’attuazione integrale di quella legge costituzionale che è lo Statuto siciliano. Abbiamo altresì sottolineato che occorreva dare le gambe all’attuazione e occorreva quindi un partito autonomista sul modello del partito Convergenza Democratica di Catalogna, fondato da Jordi Pujol nel 1974. Quella regione, poverissima, in 35 anni è diventata la più ricca di Spagna e una delle più ricche dell’Europa. Se Lombardo avesse fondato il partito dell’Autonomia in quello stesso anno, la Sicilia sarebbe in ben altre condizioni. Ma non è mai troppo tardi.
Parlavamo col medico-politico catanese di queste cose negli anni Novanta e in qualche modo lo stimolavamo a prendere l’iniziativa che lui decise solo nel 2005. Essendo venuto nel solco da noi tracciato, finalmente, non potevamo che sostenere questa iniziativa e vogliamo continuare a sostenerla con forza.

 
Abbiamo salutato positivamente anche la svolta di Gianfranco Miccichè, da me conosciuto fin dagli anni Ottanta in Irfis,  che, sulle prime, per tattica, ha sventolato la bandiera del Partito del Sud. Ma poi si è accorto, strada facendo, che l’autonomia era un vento che spirava nelle regioni del Sud e soprattutto in Sicilia. Per cui rileviamo che la sua mossa di costituire il Pdl-Sicilia va nella logica della quale è permeata la linea della Lega di Bossi. Bene.
Nessuno si illuda che la svolta di Miccichè sia separata dal pensiero del Cavaliere. Quando il presidente del Consiglio riceve nella villa di Arcore Miccichè, che gli porta i cannoli di cui è ghiotto e lo intrattiene per un paio di ore, è del tutto evidente che non ha bollato in senso contrario l’iniziativa del sottosegretario.
Anche Alfano, attuale ministro della Giustizia, che conosco da ragazzo, ha intuito che era inutile tenere al carro del governo regionale l’Udc, perché questo è un partito trasformista e opportunista che approfitta di ogni situazione per trarne vantaggio.
Risulta in modo cristallino all’opinione pubblica quanto precede, dopo aver preso atto delle decisioni di Casini che si allea col centrodestra e col centrosinistra per la prossima campagna elettorale regionale, del 28 e 29 marzo, in modo da trarre il massimo profitto dal suo trasformismo.

In questo quadro entrano di forza Gianfranco Fini – ben rappresentato da Fabio Granata, altro giovane intelligente che conosco da tempo – e Massimo D’Alema, baffino, spesso sarcastico e impudente, ma certamente dotato di un cervello fino.
Quest’ultimo ha fatto in modo che il Pd della Sicilia, attraverso Antonello Cracolici, capogruppo all’Ars e Giuseppe Lupo, segretario regionale, fosse stipulato un accordo per fare le riforme indispensabili alla Sicilia, che l’ex presidente Totò Cuffaro non ha fatto in ben 17 anni in cui, di riffa o di raffa, ha governato la Sicilia.
L’ingresso in Giunta di un capace galantuomo come Mario Centorrino e di un cerbero come Pier Carmelo Russo dà più qualità alla squadra di governo.
Auguri. Per il fare. Oggi e non domani.

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