Psoriasi, 200 mila siciliani affetti ma le diagnosi arrivano in ritardo - QdS

Psoriasi, 200 mila siciliani affetti ma le diagnosi arrivano in ritardo

redazione

Psoriasi, 200 mila siciliani affetti ma le diagnosi arrivano in ritardo

venerdì 20 Ottobre 2017

Giornata mondiale sulla patologia: il 28 ottobre al Garibaldi di Catania visite e consulenze gratuite. Mara Maccarone, presidente Adipso: “Per questo otto pazienti su dieci delusi da cure”

CATANIA – Sono oltre 200.000 i siciliani affetti da psoriasi, che in un terzo dei casi evolve e diventa di grado severo. Chi ne è affetto, però, spesso non ne conosce i sintomi e non si reca tempestivamente dallo specialista, con conseguente ritardo nella diagnosi e nell’inizio del percorso terapeutico che potrebbe rallentare l’evoluzione della malattia.
Per informare e sensibilizzare i cittadini, per far luce sulle varie forme di psoriasi e sulle terapie, in occasione della Giornata mondiale della psoriasi, il 28 ottobre dalle 9 alle 15 presso l’U.o.d. dermatologia – Ospedale Garibaldi Centro di Catania – sarà possibile usufruire di visite e consulenze gratuite.
Gli specialisti saranno a disposizione del pubblico e risponderanno alle domande di chi vorrà saperne di più sulla malattia, che non è di un solo tipo. La più diffusa è quella ‘a placche’ (80-90% dei casi), ma esistono anche altre forme più rare, poco conosciute e per questo sottostimate. Una di queste è la “psoriasi invertita”, caratterizzata da chiazze rosse non desquamate sotto le ascelle, sui genitali e sull’addome di chi è in sovrappeso, fino al solco sottomammario.
La forma più frequente tra gli adolescenti invece è la “psoriasi guttata”, caratterizzata da piccole chiazze desquamate su tronco, braccia, gambe e cuoio capelluto. Esistono poi la “psoriasi pustolosa” e quella “eritrodermica”: la prima è caratterizzata da pustole anche molto localizzate, mentre nella seconda la pelle appare infiammata e arrossata, provoca prurito o bruciore ed è tra le forme più gravi. Su queste l’attenzione è ancora poca.
La maggior parte dei pazienti in cerca di risposte raramente si rivolge ai centri di riferimento (ex Psocare) dove, oltre a ricevere diagnosi tempestive, potrebbero essere presi in carico e seguiti a 360 gradi con terapie personalizzate, anche in considerazione delle frequenti comorbidità, come artrite, depressione, obesità, diabete, ipertensione e malattie cardiovascolari che fanno della psoriasi una malattia sistemica. Per non parlare del supporto psicologico, fondamentale nel caso dei pazienti psoriasici, perché non si scoraggino e non abbandonino le cure.
“ll malato di psoriasi spesso si deprime perché, a torto, non riesce a vedere alcuna via d’uscita” – spiega Salvatore Curatolo, usd dermatologia – A.o. ‘Garibaldi-Centro’ – “Per cui, come dimostrano anche i dati, frequenta meno lo specialista, aggravando notevolmente la sua situazione e precludendosi  la possibilità di venire a conoscenza delle nuove terapie. Per questo motivo riteniamo che il supporto psicologico abbia un ruolo fondamentale nella cura del paziente psoriasico, in quanto serve a far si che questi non si arrenda e non cada in depressione – come succede nella maggior parte dei casi –abbandonando quindi le terapie”.
“Il nostro messaggio ai pazienti – continua Curatolo – è questo: aiutateci a curarvi al meglio. Oggi abbiamo a disposizione farmaci che possono migliorare nettamente le forme gravi di psoriasi. Ma, soprattutto, nel momento della diagnosi, create un positivo rapporto con il medico: non rinunciate alle visite di controllo, perché, quando si ‘intercetta’ la malattia  allo stadio iniziale è più facile ‘bloccarla’ impedendole quindi di evolversi e di coinvolgere altri organi”.
“Il risultato – afferma Mara Maccarone, presidente di Adipso – è che otto pazienti su dieci sono delusi dalle cure e quasi nove su dieci le abbandonano, cadendo in depressione nell’ 80% dei casi. Sono dati certificati da interviste svolte durante la giornata mondiale dello scorso anno a più di 5.000 pazienti. Un’ulteriore conferma viene dal costante calo di presenze nei centri italiani: in pochi anni siamo scesi da 12mila a 6mila. Per questo è fondamentale creare una inversione di tendenza facendo tanta informazione: vogliamo colmare il grave gap di comunicazione e informazione tra chi soffre e chi può offrire le cure necessarie, per cui bisogna spronare i malati a recarsi nei centri di riferimento presenti sul territorio. Questa rete infatti offre tutti i mezzi per curarsi a patto di non abbandonare i percorsi terapeutici che possono essere rimodulati sul paziente fino a trovare le cure più efficaci”.

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