Opere idriche, un buco nell'acqua - QdS

Opere idriche, un buco nell’acqua

Rosario Battiato

Opere idriche, un buco nell’acqua

sabato 21 Ottobre 2017

Dalle dighe ai depuratori incompiuti: in Sicilia infrastrutture nella polvere. Quattro sono già costate 120 mln (per nulla). Intanto i servizi fanno pena, ma i siciliani pagano le tariffe più care d’Italia

PALERMO – L’acqua arriva e fa danni, perché trova una Sicilia impreparata a convogliarne la forza o a difendersi. Eppure ci sarebbero strumenti e risorse per agire: tra le opere incompiute e mai avviate del settore idrico dell’Isola (dighe, impianti di depurazione, condutture e fognature, interventi di manutenzione straordinaria e messa in sicurezza)  si sono sprecati centinaia di milioni di euro. Altri ce ne sarebbero a disposizione, ma la Regione e i Comuni spendono poco.
Dal mondo dell’acqua passano e si integrano due grandi emergenze regionali: l’emergenza siccità e il dissesto. Invasi incompleti e condutture inadeguate sprecano l’acqua piovana e disperdono la risorsa immessa in rete. Stando all’ultimo aggiornamento dell’Anbi, l’associazione dei Consorzi di bonifica (le autorità di diritto pubblico che gestiscono i bacini idrici), ci sono 31 grandi opere incomplete su tutto il territorio nazionale per un totale di oltre mezzo miliardo di investimenti e altri 620 milioni necessari per il completamento. In Sicilia i progetti congelati, tra quelli mappati dall’Anbi, sono quattro per 120 milioni di euro già investiti (un quinto del totale) e ancora un centinaio di milioni necessari per il completamento.
 
L’esempio più eclatante è quello della diga Pietrarossa, già costata oltre 70 milioni di euro (dati Regione, Anagrafe delle Incompiute), che attualmente irriga appena 6 mila ettari a fronte di un potenziale da 17.500 e che interessa l’intera “Piana di Catania” e dovrebbe garantire risorse per la provincia etnea, ma anche per Siracusa ed Enna. I lavori, cominciati nel 1989 e poi interrotti e ripresi a singhiozzo tra il 1993 e il 1997 anche per la presenza di un sito archeologico nella zona dei lavori, sono completi al 95% in un’area che vede 11 mila ettari soffrire la siccità. Servono almeno 50 milioni di euro per completarla e renderla completamente operativa.
Nei giorni scorsi la Regione ha dato il via libera alla conclusione dei lavori – l’assessore Cracolici è riuscito a costruire una soluzione condivisa dai vari dipartimenti regionali in merito al vincolo della Soprintendenza – anche se adesso spetterà al Consorzio predisporre il progetto preliminare e individuare le risorse. Gino Ioppolo, sindaco di Caltagirone, non è comunque troppo convinto. “Un annuncio così a fine legislatura – ha dichiarato a Simone del Rizzo del QdS (il servizio è uscito giovedì scorso) – sembra avere un sapore elettoralistico quando invece si tratta di un’opera di fondamentale importanza per il calatino”. Per il primo cittadino "il tema centrale adesso è quello dei fondi: si balla su una cifra tra i 50 e i 70 milioni di euro per i lavori di completamento”.
È soltanto un esempio di un male decisamente più profondo. Le incompiute siciliane nel settore, infatti, sono molteplici. Nell’ultimo aggiornamento generale della Regione, che ha riguardato l’intero lotto delle incompiute (159 per mezzo miliardo di costo 3 ancora 300 milioni per il completamento), si possono rintracciare alcuni capitoli legati, nello specifico, al settore idraulico. Nel comune di Polizzi Generosa l’investimento di 1,5 milioni di euro per la realizzazione della rete idrica di un acquedotto per la distribuzione per le zone limitrofe al centro (primo tratto della condotta di adduzione esterna) attende ancora 400 mila euro per completamento, nel comune di Belpasso sono stati avviate opere di adduzione e accumulo per 1,9 milioni di euro, ma all’appello mancano ancora 2 milioni di euro per chiudere l’operazione e nel comune di Cammarata il progetto di rifacimento della rete idrica con automazione (secondo stralcio di completamento) è già costato 4,2 milioni di euro ma necessita ancora della stessa cifra per essere completato definitivamente. Altri 60 milioni sono stati spesi per i lavori di costruzione mai completati del serbatoio Piano del Campo sul fiume Belice destro e condotta di allacciamento al torrente Corleone con funzione di adduttore irriguo.
Allargando il raggio d’azione, scopriamo che ci sono altre 9 opere legate al settore fognario per 15 milioni di euro e ancora 12 milioni di euro per il completamento. Certamente più ampio il fronte della depurazione – c’è il famoso miliardo stanziato dal Cipe nel 2012 con spesa bassissima e ben due commissari (prima regionale e adesso nazionale) per accelerare la spesa – che vede comunque quattro opere avviate e incompiute per un totale di quasi tre milioni di euro e ancora 950 mila necessari per il completamento.
Non mancano nemmeno gli interventi incompiuti per l’adeguata gestione dei corsi d’acqua, che rappresentano un pericolo costante proprio per la loro potenziale funzione di superamento degli argini in caso di alluvione. Nel comune di Terrasini non sono bastati 3,7 milioni di euro per completare i lavori di incanalamento del torrente Furi e dei connessi interventi idonei a preservare il porto dall’interramento, infatti servono ancora 1,2 milioni di euro.
Ma il fronte del dissesto è assai più ampio. Nelle scorse settimane la struttura di missione del governo contro il dissesto, Italiasicura, ha diffuso il “Piano nazionale di opere ed interventi e il piano finanziario per la riduzione del rischio idrogeologico” che è sostenuto da un investimento complessivo da 27 miliardi di euro per 9.397 interventi (per il momento il piano finanziario 2015-2023 prevede 9,8 miliardi di euro). Nell’ottica dei quasi 9 mila interventi nazionali, la Sicilia vanta circa il 10% del totale, cioè 962 interventi complessivi. Numeri che la collocano, dopo la Campania, come la regione col maggior numero di interventi programmati in tutta Italia. La quota corrispondente in termini di costi è pari a 2,8 miliardi (11% del totale nazionale). Un’occasione, ad oggi, ancora sprecata. La progettazione esecutiva siciliana, cioè quella che permette di avviare finanziamenti e gare, si limita ad appena 143 progetti esecutivi su 962 interventi, cioè il 15% del totale, poco più di uno su 10. Tutto il resto si trova allo stato della progettazione definitiva oppure ancora più indietro, praticamente all’inizio: progettazione preliminare o studio di fattibilità.
 

 
Acqua: “affare” per i siciliani. Qualità scarsa, prezzi stellari
 
PALERMO – Federconsumatori attacca il servizio idrico siciliano: costi in crescita e qualità inalterata e al di sotto della media nazionale. Lo rivela in una nota rilasciata nei giorni scorsi nella quale, inoltre, si fa riferimento a quanto sia “difficile misurare ufficialmente tale qualità in quanto in Sicilia non esistono Carte dei Servizi né organismi indipendenti di controllo ai quali partecipino anche i rappresentanti dei consumatori”. Tutti i numeri sono contenuti nella XV Indagine nazionale a campione sulle Tariffe 2016 del Servizio idrico integrato, realizzata da Federconsumatori insieme ad Anea (Associazione Nazionale Autorità e Enti di Ambito) e Fondazione Isscon. Analizzando i costi sostenuti da una famiglia tipo siciliana (tre componenti, 150 metri cubiti di consumo) si rilevano i rincari. Secondo i dati di Federconsumatori, ad eccezione di Agrigento e Palermo, dove sono rimasti più o meno inalterati rispettivamente a circa 330 euro e 225 euro, nel resto delle province il dato è cresciuto.
Numeri record a Enna, da 304 a 450 euro (+48%), ma tra le prime anche Caltanissetta da 264 a 392 euro (+49%) e Siracusa (da 162 a 200, +24%) mentre più ridotta la crescita a Messina (da 177 a 200 euro, +11%).
Non ci sono dati confrontabili, in quanto manca il riferimento del 2011, per Catania (147 euro), Ragusa (305 euro) e Trapani (253 euro). “Per confronto, la spesa media in Italia per il SII è di 282 euro – si legge nella nota –, la media del Sud-Isole è di 255 euro. Quindi Agrigento, Caltanissetta, Enna e Ragusa (cioè quattro capoluoghi su nove) sono al di sopra della media sia nazionale che del sud”.
 

 
Manutenzioni straordinarie. Dall’Anbi 30 mln per l’Isola
 
PALERMO – Quindici progetti da 31,2 milioni di euro per manutenzioni straordinarie delle opere di bonifica, sistemazione idrauliche, ripristino sezioni idrauliche degli alvei dei torrenti e dei corsi d’acqua minori.
Il piano dell’Anbi per la Sicilia è molto preciso e si inserisce nel quadro nazionale dell’impegno dei consorzi di bonifica 2017 per la riduzione del rischio idrogeologico. Un’azione che complessivamente vale 3.709 interventi per 7,9 miliardi di euro.
I numeri, presentati lunedì scorso nella Sala Monumentale di Palazzo Chigi, fanno parte di un rapporto che fotografa lo stato di pericolosità del sistema Italia nei confronti del clima: “l’estate appena trascorsa ci ha lasciato con una siccità e successive alluvioni – si legge in apertura – che entreranno nella storia dell’Italia, per i danni causati all’economia complessiva del Paese, ai cittadini, al made in Italy agro-alimentare”.
Dodici regioni hanno chiesto lo stato di calamità naturale, anche se non tutte l’hanno ottenuto, e “milioni di euro sono stati spesi per operare in emergenza per riparare e ristorare danni quando invece sarebbe possibile agire in prevenzione, risparmiando e creando sicurezza e bellezza”.
L’obiettivo è quello “di uscire dalla logica delle emergenze per scegliere quella della prevenzione, con una visione di lungo periodo ed integrata, capace cioè di cogliere le opportunità infrastrutturali offerte, come si sta oggi facendo, e trasformarle in fatti compiuti in grado di mitigare, quando non addirittura di scongiurare, che accadano di nuovo gli eventi dannosi”.

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