Investimenti verdi, la Sicilia vede nero - QdS

Investimenti verdi, la Sicilia vede nero

Rosario Battiato

Investimenti verdi, la Sicilia vede nero

giovedì 26 Ottobre 2017

Unioncamere: stimati 320 mila nuovi posti di lavoro “green” in tutta Italia, ma solo il 4% si trova in Sicilia. Edilizia sostenibile: aprire i cantieri significa 20 mila assunzioni nella nostra regione

PALERMO – Il futuro è verde, ma la Sicilia si abbiglia ancora col completo scuro ed è un modello che non riesce a coniugare produttività e sostenibilità ambientale. Una tendenza confermata dai numeri diffusi nei giorni scorsi nel rapporto GreenItaly 2017 realizzato da Fondazione Symbola e Unioncamere, promosso in collaborazione con il Conai e con il patrocinio del ministero dell’Ambiente e il contributo di Ecopneus.
In tutta la Sicilia le imprese che hanno compiuto eco-investimenti tra il 2011 e il 2016, incluse quelle che li hanno programmati per il 2017, sono pari a quelle presenti nella sola provincia di Milano, mentre sono inferiori al 4% del totale nazionale i contributi siciliani relativi alle 320 mila unità di assunzioni programmate per l’anno in corso e al valore aggiunto prodotto dai green jobs sul totale di 195 miliardi.  
C’è un’Italia che corre e macina sviluppo, è quella pienamente inserita nella corsia verde che abbina, come scrivono Ivan Lo Bello, presidente Unioncamere, ed Ermete Realacci, presidente della Fondazione, “sostenibilità e competitività, efficienza e bellezza, qualità e innovazione, saperi dei territori, coesione e mercati internazionali”. Un peso specifico che passa dalle politiche governative e anche dalle risposte di molte aziende, soprattutto pmi, che hanno compreso che la green economy è anche l’ultima frontiera produttiva verso cui tendere: tra le medie imprese industriali (50–499 dipendenti), la quota green che attende nel 2017 un aumento degli ordinativi sia nazionali che esteri è infatti superiore rispetto alle altre (rispettivamente 45% vs 38% e 54% vs 47%).
Ma ci sono anche altri numeri a confermare la tendenza. In tutta Italia ci sono 355 mila imprese dell’industria e dei servizi con dipendenti che hanno investito tra il 2011 e il 2016 o che prevedono di farlo entro la fine di quest’anno in prodotti e tecnologie green. Si tratta di un quarto del totale dell’intera imprenditoria extra-agricola con dipendenti, un dato che diventa uno su tre se si considera il capitolo relativo all’industria in senso stretto. Una corsa che continua ancora quest’anno con circa 210 mila aziende che hanno investito o intendono farlo nell’ambito della sostenibilità e dell’efficienza.
Il contagio si estende anche alle startup innovative: i dati aggiornati alla prima metà di ottobre confermano che 1.173 delle 7.915 start up registrate (il 14,9%) sono ad alto valore tecnologico in ambito energetico.
E crescono, di conseguenza, anche i lavori nel settore. Nell’ambito dei green jobs (ingegneri energetici o agricoltori biologici, esperti di acquisti verdi, tecnici meccatronici o installatori di impianti termici a basso impatto, ecc.), le assunzioni previste nel 2017 riguardano quasi 320 mila posizioni (se si considerano anche le assunzioni per le quali sono richieste competenze green se ne aggiungono altre 863 mila). Sono le professioni più ricercate in un mercato del lavoro che da queste parti è davvero particolarmente florido.
La freccia dello sviluppo è geograficamente indirizzata. “La maggior parte delle imprese che hanno effettuato o effettueranno eco-investimenti – si legge nel report della Fondazione – si colloca in regioni del Nord: la Lombardia in primis è l’area con il più alto numero di imprese eco-investitrici 2011–2017 (oltre 63.000, 17,8% del totale nazionale)”. A seguire ci sono il Veneto (oltre 35.000 unità, 10,0%) e tre regioni con valori intorno a 30 mila imprese investitrici green (nell’ordine Lazio, Emilia-Romagna e Toscana).
La Sicilia non è nemmeno la prima delle meridionali. Si deve arrendere alla Campania che, nella graduatoria delle imprese investitrici nel periodo 2011-2017, si colloca al settimo posto (24.230 imprese), battendo di poco l’Isola che si colloca a quota 23.940. Il dato in valore assoluto la colloca tra le prime dieci d’Italia, ma è veramente minimo se consideriamo le potenzialità inespresse del tessuto produttivo isolano e il totale della popolazione. Il dato isolano è pari a quello della sola provincia di Milano.
C’è tuttavia un numero interessante che riguarda l’incidenza delle imprese che hanno effettuato o effettueranno eco-investimenti nel periodo considerato sul totale delle imprese. In Sicilia si aggira intorno al 30% – particolarmente marcato nel catanese e nel messinese – e quindi questo vuol dire che, a fronte di tessuto produttivo comunque limitato, le tecnologie green continuano a coinvolgere una fetta importante di imprese, un volume che statisticamente è abbastanza vicino a quello registrato nel resto del Paese.
La green economy contribuisce a prodotto e occupazione: i green jobs sono quasi 3 milioni e sono determinanti nella formazione di 195,8 miliardi di euro di valore aggiunto, pari al 13,1% del totale complessivo. La Sicilia ha contribuito alla produzione di valore aggiunto con appena 7 miliardi di euro, cioè con il 3,5% del totale. Solo la Lombardia, da sola, vale 50 miliardi, circa un quarto del totale.
Le assunzioni programmate di green jobs per il 2017 arrivano a circa 320 mila, con una particolare predilezione per i contratti a tempo indeterminato (46%). In Sicilia c’è una quota minima che vale 12.500 unità, cioè meno del 4% del totale nazionale. Le prime cinque regioni, cioè Lombardia, Lazio, Emilia Romagna, Veneto e Piemonte valgono da sole quasi il 55% della quota italiana.

 
Ecco le figure più ricercate dal mercato del lavoro
 
PALERMO – Il rapporto Symbola offre, come ogni anno, i profili di quelle che sono le professioni più richieste dalla green economy. Lo studio ne ha individuata una per ogni principale settore, determinando un’ideale top ten che ha come comune denominatore lo sviluppo di green jobs che coniugano saperi tradizionali e innovazione. “L’evoluzione di mercati specifici – scrivono gli esperti della Fondazione – rende di anno in anno più esplicito l’identikit del nuovo ‘green worker’ al quale viene richiesta una interdisciplinarietà sul piano dei settori della produzione o dei servizi, ma allo stesso tempo si manifesta l’esigenza, da parte dell’impresa, di sviluppare specifiche competenze che possano guidare l’innovazione green”.
Il più ricercato è il green job informatico, una considerazione che non può stupire se “si considera che, per esempio, il 28% delle soluzioni del mercato nel settore domotica e dell’internet delle cose riguarda la gestione di servizi legati al consumo energetico: per il controllo remoto degli elettrodomestici (10%), per la gestione dei sistemi di riscaldamento e raffreddamento (8%), per il monitoraggio dei consumi dei dispositivi elettrici (10%)”.
Le opportunità non mancano nemmeno per il meccanico industriale green, chiamato a operare nell’installazione e nella manutenzione dei macchinari acquisiti o in fase di trasformazione nell’ottica dell’efficientamento energetico e della sostenibilità ambientale. 
Nel settore del green building c’è anche l’installatore di impianti termici a basso impatto, mentre, anche per la Pa, potrebbe essere necessaria la figura dell’esperto di acquisti verdi.
Tra le altre professioni figurano anche il chimico verde, l’esperto in gestione dell’energia, l’esperto del marketing ambientale, il meccatronico green, l’economista ambientale e il tecnologo del legno.
 

 
Edilizia green, necessaria un’inversione di tendenza
 
PALERMO – Uno dei comparti più interessanti resta quello edilizio. Secondo una recente ricerca di Assolavoro, l’Associazione nazionale delle agenzie per il lavoro, l’edilizia green potrebbe permettere, grazie alla nuova collocazione degli investimenti dal mercato tradizionale a quello ecosostenibile, 200 mila posti di lavoro. In campo, secondo i dati dell’associazione, ci sarebbero interventi per 327 mila edifici (125 mila al Sud), a fronte di 13,6 miliardi di euro di investimenti (3,7 miliardi al Sud). Tra i dipendenti si prevedono 232 mila unità, tra cui quasi 64 mila al Sud.
In Sicilia ci potrebbe essere un grande mercato potenziale. A fronte di 1,4 milioni di edifici (un terzo del totale meridionale), l’Isola vanta ancora un patrimonio riqualificato al minimo. Dal 2009 al novembre del 2016 sono pervenute 345.800 certificazioni e poco meno del’80% del totale si colloca tra le ultime due classi energetiche (F e G). Complessivamente ce ne sono 224 mila nell’ultima classe (G, pari al 65% del totale) e quasi 50 mila (F, 14% del totale) nella penultima. Pochissime le abitazioni che rientrano nelle fasce energeticamente più sostenibili: circa 2 mila nella classe A, pari all’1% del totale, 6.700 nella B (2%), più di 15 mila nella C (4%).
Nemmeno le agevolazioni hanno aiutato. Nel rapporto sull’efficienza energetica 2017 dell’Enea è stato realizzato il quadro delle detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente, fornendo i numeri di interventi e investimenti per tipologia.
In Sicilia, dopo una lieve flessione registrata nel 2015, la tendenza è in crescita e infatti è passata da 62 milioni di euro (dato 2014) ai 65 dello scorso anno. In un triennio gli investimenti nel settore sono stati di circa 180 milioni di euro. In Lombardia in tre anni si è arrivati a superare 2,3 miliardi.

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