Tre P per il rilancio dell'economia: Partenariato Pubblico Privato - QdS

Tre P per il rilancio dell’economia: Partenariato Pubblico Privato

Paola Giordano

Tre P per il rilancio dell’economia: Partenariato Pubblico Privato

sabato 04 Novembre 2017

Ifel: bene i Comuni del Nord, che sono riusciti a muovere ingenti risorse; la Sicilia resta fanalino di coda. Partenariato Pubblico Privato, importante risorsa per investimenti e occupazione

PALERMO – Potrebbero essere una valida alternativa allo stallo in cui da decenni è relegato il mercato delle opere pubbliche, un’efficace risposta per il miglioramento e il mantenimento della funzionalità delle infrastrutture e dei servizi sul nostro territorio, a fronte della scarsità di risorse di questi ultimi anni. In Sicilia, però, non è ancora arrivato il tempo del “fare” e le iniziative di partnership tra il settore pubblico e i soggetti privati stentano a decollare.
 
A rilevarlo sono i dati che emergono dal Rapporto redatto dall’Istituto per la Finanza e l’Economia locale (Ifel): le cifre sembrano premiare l’Isola con il 72% dei Comuni coinvolti almeno una volta come committenti di bandi di Partenariato Pubblico Privato tra il 2002 e il 2016 (tra le Regioni con un più alto ricorso a questa tipologia contrattuale, sopra la media nazionale di ben 9 punti percentuali) ma setacciando il documento vengono fuori altri numeri che, purtroppo, mostrano come non sia tutto oro quel che luccica.
 
Prima però di addentrarci nell’analisi dei numeri, è bene puntualizzare cosa, in sostanza, si intenda per Partenariato Pubblico Privato. Con questa espressione si indicano, così come spiegato anche da Ifel, quelle forme di cooperazione a lungo temine tra il settore pubblico e quello privato finalizzate all’espletamento di compiti pubblici, quali il finanziamento, la costruzione, il rinnovamento, la gestione o la manutenzione di un’infrastruttura o la fornitura di un servizio.
Caratteristiche proprie di tale accordo sono il finanziamento del progetto garantito in tutto o in parte dal settore privato e il ruolo strategico degli operatori economici privati, che partecipano a tutte le fasi del progetto.
 
Il primo tassello normativo che disciplinò questa serie di contratti fu la cosiddetta Legge Merloni (L. 109/1994), la quale prevedeva la possibilità che un soggetto privato (il promotore) potesse promuovere la realizzazione di un’opera pubblica in regime di concessione, attraverso un procedimento che consta di tre fasi: la presentazione della proposta del promotore; la valutazione della stessa da parte della Pubblica amministrazione; l’indizione della gara sulla base del progetto del promotore per l’aggiudicazione del contratto.
 
A tale disposizione se ne sono aggiunte, nel corso degli anni, tante altre con l’obiettivo di incentivare il ricorso a tale tipologia contrattuale: una di esse è la Legge Merloni quater del 2002, che ha introdotto il diritto di prelazione a favore del promotore, ovvero il diritto a essere preferito al migliore offerente all’esito della gara a evidenza pubblica per l’affidamento della concessione. Ma, per lo meno in Sicilia, non si è ancora ottenuto – o, meglio, si è ottenuto solo in parte – l’effetto sperato.
 
“Carta canta”, si diceva una volta ed ecco perché, numeri alla mano, in Sicilia la strada verso lo sviluppo di infrastrutture e servizi di pubblica utilità è ancora lunga. Sul fronte del numero di pubblicazioni, l’Isola, con il suo 5% di bandi di gara relativi a questa tipologia di contratto pubblicati negli ultimi quindici anni, sfigura nel panorama italiano. Come si evidenzia nel rapporto Ifel, a livello nazionale, tra il 2002 e il 2016, il Partenariato Pubblico Privato ha fatto muovere 33,2 miliardi di euro. In Sicilia si registra sì un crescendo tra il primo quinquennio (2002-2007), quando le pubblicazioni erano solo il 4 % sul totale nazionale, e l’ultimo (2012-2016), quando invece il numero di bandi divulgati si è attestato al 6%. Ma si tratta pur sempre di cifre irrisorie rispetto alla Lombardia, che da sola copriva il 18% delle pubblicazioni negli anni 2002-2007 e che dal 2008 vanta un più che discreto 17%. Numeri impietosi anche di fronte alla Toscana, che seppure abbia 276 Comuni (a fronte dei 390 siciliani), di bandi di partenariato ne ha pubblicati, nell’ultimo lustro, il 9% del totale .
 
Deludente è poi la performance siciliana sul piano degli importi: lontana anni luce dalla cugina Lombardia, che nel quinquennio 2002-2007 è arrivata da sola ad attivare iniziative pari a un terzo degli importi nazionali, mentre negli ultimi anni è scesa “solo” ad un quarto di esse, la Sicilia deve accontentarsi delle briciole (5% tra il 2012 e il 2016), mentre nel primo lustro del periodo analizzato nel rapporto aveva un peso più “sostanzioso” (8%). Ma c’è di più, perché nel quadro appena delineato i Comuni siciliani giocano un ruolo da comparsa. Il valore medio dei bandi pubblicati dagli Enti locali è nettamente inferiore a quello degli altri committenti (Comunità montane, Unioni di Comuni, Province, Regioni, Aziende speciali, Sanità pubblica, altri Enti territoriali, Amministrazioni centrali, Enti di previdenza, Anas e concessionari autostradali): 23% dei primi contro il 77% dei secondi. Ciò soprende se si pensa che, per contro, i Comuni isolani hanno un peso nettamente maggiore (76%) sul numero di Partenariati Pubblico Privati attivati rispetto agli altri committenti.
 
La partnership con i soggetti privati ha le carte in regola per poter diventare un volano dell’economia siciliana, ma ad oggi è ancora un mercato immaturo, che ha bisogno di una solida cultura imprenditoriale e di un valido apparato pubblico. Il che vuol dire, in poche parole, che c’è bisogno di competenze ed efficienza.
 

 
Qualche esempio virtuoso ma è ancora troppo poco
 
 
PALERMO – Tra il dire e il fare, si sa, c’è di mezzo il mare. Passando in rassegna le cifre relative alle aggiudicazioni dei bandi di partenariato pubblico privato, il quadro siciliano diventa più desolante.
L’Isola si è aggiudicata tra il 2012 e il 2016 solo il 3% di questa tipologia di contratto. Una goccia nell’oceano, insomma. La percentuale è analoga a quella dei cinque anni precedenti e, addirittura inferiore rispetto al 5% registrato nel quinquennio 2002-2007. Niente a che vedere con il 20% della Lombardia, cifra riportata negli anni 2002-2007 e che si riconferma negli ultimi anni (2012-2016).
 
Nel Meridione spicca il dato della Campania che, se dal 12% del primo quinquennio analizzato dal report scende a quota 8% nel periodo 2012-2016, resta pur distante dalle percentuali riportate dalle altre Regioni.
Anche i numeri relativi agli importi delle aggiudicazioni “bocciano” la Sicilia: dal dignitoso 11% di importi aggiudicati ottenuto nel quinquennio 2002-2007, si precipita al 2% registrato negli ultimi anni. In tale settore, a svettare la classifica è il Lazio (21% negli anni 2012-2016), mentre soprende – in negativo – la performance della Lombardia che dal 33% del quinquennio 2008-2011 scende ad appena il 15% negli ultimi anni.
 
E come se non bastasse anche nel caso delle aggiudicazioni si rileva un minor peso degli importi attribuibili ai Comuni rispetto agli altri enti committenti. Sul totale degli importi aggiudicati nell’Isola ai Comuni spetta, infatti, solo il 17%, mentre il dato relativo al numero di aggiudicazioni è più confortante: 69% i primi contro il 31% dei secondi.
 
Da segnalare, infine, i risultati positivi di due centri siciliani nella classifica dei primi dieci Enti locali per importo delle aggiudicazioni escludendo i big deal (ovvero i bandi con importo superiore ai 500 milioni di euro): Catania si piazza settima (247.563.819 di euro) mentre Lipari è nona con i suoi 200 milioni tondi tondi. Due mosche bianche in un panorama non proprio roseo.

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