Discariche, la Sicilia tocca il fondo - QdS

Discariche, la Sicilia tocca il fondo

Rosario Battiato

Discariche, la Sicilia tocca il fondo

giovedì 09 Novembre 2017

Ispra: nel 2016 ultima tra le regioni per raccolta differenziata, l’80 per cento dei rifiuti finisce sottoterra. Senza impianti energetici, rischiamo la beffa: pagare per esportare una risorsa

PALERMO – La Sicilia resta la regina delle discariche. Nel 2016 ha interrato circa 1,8 milioni di tonnellate di rifiuti, l’80% dei 2,3 milioni prodotti. Si tratta del quantitativo più elevato tra le regioni italiane, a distanza siderale dalle migliori realtà nazionali: la Lombardia col doppio degli abitanti ne porta in discarica appena 199 mila tonnellate, il 4% dei 4,7 milioni prodotti.
 
Il dato isolano vale da solo un quarto del totale dei rifiuti smaltiti in discarica a livello nazionale. Negli ultimi tre anni la contrazione è stata minima: da 84 a 80%, mentre in Italia la media è passata da 31 a 25%. In questo labirinto senza via d’uscita, la raccolta differenziata si spinge al 15,4% (era del 12% nel 2015) e, anche considerando le stime della Regione per il 2017 che la danno al 20%, resta comunque a oltre trenta punti percentuali di distacco dalla media nazionale del 52,5%.
 
Un sistema che tenta disperatamente di spingere la testa fuori dalle discariche, ma che al momento ha un’impiantistica assolutamente inadeguata per avviare la filiera del riciclo e per puntare su biogas, biometano e recupero termico ed elettrico. La fotografia del sistema Sicilia è arrivata con l’ultimo Rapporto Rifiuti Urbani dell’Ispra che è stato pubblicato nei giorni scorsi, una malinconica sequela di dati che certifica, ancora una volta, la mancata svolta della gestione Crocetta.
 
La raccolta differenziata. Per valutare lo stato di salute di un sistema che funziona è sufficiente osservare i numeri del Nord, dove esiste una gestione integrata con gli impianti di valorizzazione energetica. Nel 2016, la più alta percentuale di raccolta differenziata è conseguita dalla regione Veneto, con il 72,9%, seguita da Trentino Alto Adige con il 70,5%, Lombardia con il 68,1% e Friuli Venezia Giulia con il 67,1%. Largamente superato l’obiettivo minimo sancito dall’Ue per il 2012 fissato al 65%. Superano il 60% di raccolta differenziata l’Emilia Romagna (60,7%) e la Sardegna (60,2%) e si avvicinano anche le Marche. Umbria, Piemonte e Valle d’Aosta superano il 55%, con tassi rispettivamente pari al 57,6%, 56,6% e 55,6%, mentre Abruzzo (53,8%), Campania (51,6%) e Toscana (51,1%) si attestano al di sopra del 50%. Nel complesso sono 13 le regioni che raccolgono in maniera differenziata oltre la metà dei rifiuti urbani annualmente prodotti.
 
La differenziata resta un dramma per la Sicilia: “pur mostrando una crescita della percentuale di raccolta dal 12,8% del 2015 al 15,4% del 2016, si attesta ancora al di sotto del 20%”. Andando nel dettaglio, scopriamo che la Sicilia è passata dal 13,2% del 2012 al 15,4% del 2016, si tratta del dato più basso a livello nazionale e lontanissimo dalla media del 52,5%. Anche volendolo confrontare con la stima realizzata dalla Regione per questo 2017, che è pari al 20%, si tratta comunque di un valore inferiore di oltre trenta punti percentuali rispetto alla media nazionale.
 
Tra le province si registrano distanze abissali. Treviso, nel corso del 2016, ha sfiorato il 90%, seguita da Mantova (86,4%), Pordenone (82,3%) e Belluno 80,4%. Più del 75% si arriva a Cremona (77,9%) e Vicenza (76,5%) e prossimi a tale valore quelli di Varese (74,6%), Trento (74,3%) e Parma (74%). Le ultime tre province d’Italia sono tutte siciliane: Siracusa (9,3%), Palermo (10,4%) ed Enna (11%).
 
La valorizzazione energetica. Nel 2016, sul territorio nazionale, sono operativi 41 impianti di incenerimento che trattano rifiuti urbani inclusa la frazione secca (FS) il combustibile solido secondario (CSS) e il bioessiccato derivanti dal trattamento meccanico biologico dei rifiuti urbani stessi.
 
Il parco impiantistico, come da tradizione, è concentrato in una precisa area geografica: il 63% delle infrastrutture è localizzato nelle regioni settentrionali (26 impianti) e, in particolare, in Lombardia e in Emilia Romagna con, rispettivamente, 13 ed 8 impianti operativi. Nel Centro e nel Sud, gli impianti di incenerimento operativi sono rispettivamente 8 e 7. Nessuno di questi, ovviamente, si trova in Sicilia. Problematiche di tipo gestionali e amministrative – mancata approvazione del nuovo piano che prevede la termovalorizzazione e la non piena operatività di quegli enti di governo, le srr, che dovrebbero avviare le gare – impediscono all’Isola, nonostante le ripetute richieste del governo, di avviare l’iter per la costruzione degli impianti. Soltanto Valle d’Aosta, Liguria, Umbria, Marche e Abruzzo si trovano nella stessa situazione.
 
Nel complesso la quantità di rifiuti inceneriti è risultata in lieve contrazione (5,5 milioni del 2015 contro 5,4 del 2016) e, a livello di macroarea, soltanto il Centro ha fatto registrare una crescita. La percentuale di rifiuti inceneriti coinvolge in misura maggiore le regioni con i sistemi più all’avanguardia: in Lombardia il 34% del totale dei rifiuti urbani inceneriti a livello nazionale (pari a 2,3 milioni tra urbani e speciali pericolosi e non pericolosi), seguono l’Emilia Romagna (18%, 1,1 milioni), la Campania (13%, 725 mila tonnellate), il Piemonte (8%), il Lazio (7%), la Toscana (5%), il Veneto (4%), il Trentino Alto Adige il Friuli Venezia Giulia la Sardegna e il Molise (2%), ed infine Puglia, Calabria e Basilicata (1%). La percentuale di incenerimento di rifiuti urbani in relazione alla loro produzione è pari al 18% del totale.
 
Bruciare è inutile se non si produce energia. Lo conferma l’analisi dei dati dell’Ispra che conferma come tutti gli impianti sul territorio nazionale recuperino energia: “28 impianti hanno trattato circa 3,8 milioni di tonnellate di rifiuti ed effettuato il solo recupero energetico elettrico, pari a quasi 2,9 milioni di MWh di energia elettrica – si legge sul report –, 13 impianti, invece, sono dotati di cicli cogenerativi e hanno incenerito oltre 2,4 milioni di tonnellate di rifiuti con un recupero di energia termica di circa 2,2 milioni di MWh e di energia elettrica di quasi 1,7 milioni MWh”. Numeri in crescita: nel periodo 2006-2016, il recupero dell’energia elettrica è passato da quasi 2,9 milioni di MWh, prodotta nel 2006, a oltre 4,5 milioni di MWh nel 2016.
 
Saturazione discariche. Il rischio concreto e probabile, data l’attuale media di conferimento, è che le discariche si esauriscano e che sia indispensabile, come già ventilato in diverse occasioni e come avvenuto in qualche caso, l’esportazione dei rifiuti. Non è soltanto uno spreco di potenzialmente carburante per produrre energia, ma anche un costo in più da sostenere, perché le stime realizzate dal dipartimento Acque e rifiuti, presentate in occasione di un’audizione alla commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, collocano il costo del conferimento all’estero o in altre regioni tra 160 e 200 euro a tonnellata, cioè tra 60 e 100 euro in più a tonnellata rispetto alla media stimata nell’Isola.
 

 
Ispra: "In Sicilia impiantistica carente e inadeguata"
 
PALERMO – “Vi sono regioni in cui il quadro impiantistico è molto carente o del tutto inadeguato; è il caso della Sicilia, dove i rifiuti urbani smaltiti in discarica rappresentano ancora l’80% del totale dei rifiuti prodotti”. Con queste parole l’Ispra ha inquadrato la situazione isolana che, infatti, registra zero impianti operativi per il trattamento integrato anaerobico/anaerobico dei rifiuti.
In tutto il Nord ce ne sono ben 26 e trattano 2,1 milioni di tonnellate di rifiuti. Un vero peccato perché si tratta di impianti che, tramite il trattamento anaerobico, consentono di recuperare energia rinnovabili sotto forma di biogas o biometano, e di “controllare le emissioni osmogene e stabilizzare le biomasse prima del loro utilizzo agronomico e, con il successivo trattamento aerobico, di trasformare il digestato in ammendante da utilizzare in campo agricolo”. Tra i rifiuti trattati con questa tipologia c’è la frazione umida, che costituisce la porzione più rilevante, ma anche gli scarti del “verde” e i fanghi.
Cambiano i numeri sul fronte del trattamento meccanico biologico aerobico. In Sicilia ce ne sono cinque e trattano circa 1,3 milioni di tonnellate all’anno (quasi esclusivamente porzione indifferenziata). La ragione è semplice: “sempre di più il trattamento meccanico biologico – si legge nel rapporto dell’Ispra – rappresenta la forma di gestione utilizzata per per trattare i rifiuti da smaltire in discarica, da qui il considerevole aumento delle quantità trattate”.
 

 
San Filippo del Mela eppur qualcosa si muove
 
PALERMO – Sul fronte della valorizzazione energetica qualcosa si muove. Nei giorni scorsi la Gazzetta del Sud ha diffuso la notizia del rilascio, da parte del ministero dell’Ambiente, di un tassello determinante nel macchinoso iter che dovrebbe portare alla costruzione dell’impianto di termovalorizzazione nella Centrale Edipower di San Filippo del Mela.
La Commissione tecnica per la valutazione dell’impatto ambientale (Ctvia) ha, infatti, esitato con parere favorele l’istruttoria per la realizzazione del progetto voluto dalla A2A, la multiutility italiana leader nei servizi ambientali ed energetici quotata in borsa e a maggioranza pubblica che finanzierebbe il progetto tramite capitali privati.
Adesso ci sarà da superare l’ostacolo che da sempre grava sul progetto, cioè l’incompatibilità tra l’impianto alimentato con Css (combustibile solido secondario, derivato dai rifiuti trattati) e il Piano paesaggistico dell’Ambito 9 che riguarda una grossa fetta del territorio della provincia peloritana.
A tal proposito il decreto autorizzativo dovrà essere condiviso con il ministero dei Beni culturali. Un passaggio non automatico, ma che andrebbe superato in tempi brevi data anche la solida posizione espressa dalla Commissione.
Il ministero dell’Ambiente spiega che “gli iter autorizzativi avviati per i vari progetti del Polo energetico integrato sono coerenti con le disposizioni di legge nazionali e regionali. Pertanto per superare proprio l’inderogabilità del Piano paesaggistico ed il carattere vincolante del parere negativo del Mibact, potrebbe essere rimettere la questione al Consiglio dei ministri e decidere di concedere l’autorizzazione”.

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