Fusione tra Comuni, il buon esempio di Cammarata e San Giovanni Gemini - QdS

Fusione tra Comuni, il buon esempio di Cammarata e San Giovanni Gemini

redazione

Fusione tra Comuni, il buon esempio di Cammarata e San Giovanni Gemini

giovedì 09 Novembre 2017

Gli abitanti chiamati a scegliere con un referendum. Se lo facessero anche gli altri, la Sicilia risparmierebbe 70 mln € l'anno.  

AGRIGENTO – I Consigli comunali di Cammarata e San Giovanni Gemini, in provincia di Agrigento, hanno approvato la proposta sull’indizione del referendum per la fusione dei due Comuni. Consenso unanime da quasi tutti i consiglieri sia di maggioranza che di opposizione, i quali hanno espresso giudizi positivi su questo progetto, che, se andrà a buon fine, porterebbe alla nascita del più grande comune dei monti Sicani.


LA LEGGE – Come prevede la legge regionale n. 30 del 2000 (che per la prima volta si avvia ad essere applicata per quanto concerne la fusione di Comuni) ha inizio, in questo modo, il complesso iter amministrativo che condurrà al referendum consultivo.
 
I PROMOTORI – "Si tratta di un grande risultato – dice Nino Margagliotta, responsabile del Coordinamento intercomunale della fusione – per quanti lavorano da anni a questo ambizioso progetto, che un programma di speranza e di futuro per due piccole entità comunali che possono dare luogo al più grande comune del comprensorio dei Monti Sicani, anche se la portata di questa iniziativa va oltre l’ambito locale, dato che l’azione intrapresa a Cammarata e San Giovanni Gemini costituisce un importante segnale per l’avvio di una nuova governance in Sicilia. Con questi due atti deliberativi Cammarata e San Giovanni Gemini hanno compiuto una scelta storica e coraggiosa, che li portera’ fra qualche mese alla convocazione del referendum e dare voce ai cittadini, alla cui volontà è affidata la decisione finale".
 
I PRECEDENTI – Un tentativo di fusione era avvenuto nel 1922: il podestà Vincenzo Viola, aveva risposto alla richiesta del Prefetto sulla possibilità dell’unione. Ma a causa di accanite resistenze da parte di oppositori sia di Cammarata che di San Giovanni, l’unificazione non avvenne. La separazione del territorio di San Giovanni da quello di Cammarata fu voluta dal conte Ercole Branciforti nel 1587, che con apposito documento delimitò i nuovi confini.
 
UN POTENZIALE RISPARMIO DI 70 MLN € –  Come emerge da una recente inchiesta pubblicata sul Quotidiano di Sicilia, attualmente in Italia, stando agli ultimi dati, ci sono 7.893 Enti locali, cioè il dato più basso dal 1951 quando erano stati 7.810. Soltanto la Sicilia è immobile: i 390 Comuni che c’erano nel 1991 sono rimasti e le proposte di fusione che sono state avanzate nel corso degli anni sono finite nel dimenticatoio.
In Italia il clima è diverso: soltanto tra il 2013 e il 2016 si sono tenuti in tutta Italia 141 referendum per la fusione col coinvolgimento di 402 comuni e di 1,5 milioni di persone. Nessuno di questi si è registrato in Sicilia.
I vantaggi economi derivanti dalle fusioni non sarebbero straordinari, ma comunque ci sono. In Sicilia ci sono 205 Comuni inferiori a 5 mila abitanti per 479 mila siciliani coinvolti. Una stima, basata su uno studio del dipartimento per gli Affari interni e territoriali del ministero dell’Interno, registra una spesa corrente totale pari a circa 318,5 milioni di euro al netto delle spese di personale per i 200 Enti locali isolani. Applicando ai siciliani una proiezione di riduzione dei costi, ottenuta sul dato nazionale, la spesa corrente passerebbe da 318,5 a 245 milioni di euro, permettendo nel complesso risparmi per circa 70 milioni di euro. Il dato si ottiene moltiplicando il nuovo costo pro capite, cioè 489 euro in sostituzione dei 636 del pre-accorpamento, sul mezzo milione di abitanti dei comuni siciliani.

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