Italia senza merito perde anche nel calcio - QdS

Italia senza merito perde anche nel calcio

Carlo Alberto Tregua

Italia senza merito perde anche nel calcio

mercoledì 15 Novembre 2017

Fanalino di coda in Europa

L’Italietta che abbiamo visto a sprazzi nell’incontro che la opponeva alla Svezia era la stessa che aveva perduto nel Paese scandinavo.
Undici giocatori senza idee, senza schemi, che dimostravano la pochezza del coach (non certo Mourinho o Guardiola) ed anche una approssimazione circa la capacità di farsi trovare al punto giusto nel momento in cui il compagno lancia il pallone.
La seconda osservazione sul risultato scontato riguarda la mancata valorizzazione dei giovani calciatori che, invece, brillano nella squadra under 21, che ha ottenuto ottimi risultati. Una terza osservazione riguarda il vertice delle Federazione italiana gioco calcio, perché il pesce puzza sempre dalla testa.
Quando l’Italia fu esclusa al primo turno dai mondiali del Brasile del 2014 l’allora presidente della Figc, Giancarlo Abete, si dimise. Ora si attendono le dimissioni dell’attuale, Carlo Tavecchio.
 
La nazionale di calcio senza merito doveva perdere, come perde tutta l’Italia, triste fanalino di coda in Europa per Pil, reddito pro capite e occupazione. Infatti mentre la crescita media del Pil è prevista per il 2017 nel 2,2%, il nostro Paese avrà una crescita (forse) dell’1,4%.
La disoccupazione media europea è dell’8,9% mentre nel nostro Paese si concluderà all’11,1%. Il reddito procapite (media europea) è di 28.900 euro mentre nel nostro paese è di 27.800 euro.
Per fortuna, invece, brilla l’esportazione. Come mai in questo triste scenario? Perché è lì, dove c’è il merito, dove c’è la capacità, dove c’è la funzionalità di un sistema produttivo assai competitivo, che regge il confronto a livello mondiale e vince le sfide.
Ecco il punto: laddove è presente o prevale il merito, le cose funzionano. Laddove prevale il clientelismo e il favoritismo, tutto si appiattisce ed il sistema retrocede nelle posizioni di coda.
Il tentativo d’inserire merito nelle leggi sulla Buona scuola e sul lavoro è stato aspramente criticato dai sinistrorsi, che praticano ideologia, ma non capiscono come un Paese possa progredire solo se i più bravi vanno avanti. E costoro, ben accompagnati dai destrorsi, continuano a vociferare sull’uguaglianza e sui diritti.
 
L’articolo 3 della nostra Costituzione stabilisce il principio dell’Uguaglianza, sacrosanto. E aggiunge che lo Stato deve rimuovere gli ostacoli a che essa sia effettiva.
Ma uguaglianza non significa che tutti i cittadini, uguali di fronte alla legge, nelle attività che svolgono, anche nel Terzo settore, abbiano la stessa capacità di raggiungere risultati.
Nel mondo animale e in quello vegetale i più capaci sopravvivono anche opprimendo i meno capaci. Si dirà, sono animali e piante, non dotati di intelligenza. Ma l’intelligenza deve essere un valore aggiunto, che dovrebbe far vivere meglio la specie umana.
Fino a quando si continua a parlare e a chiedere uguaglianza e diritti, dimenticando l’elemento fondamentale di una Comunità, che è il dovere, quella Comunità non potrà che regredire sul piano sociale.
Che i nostri cittadini stiano molto meglio di 50 o 30 anni fa è indubbio, ma che il Paese nel suo complesso sia competitivo a livello europeo e mondiale non è affatto vero.
 
Di chi è la responsabilità di quanto precede? Certamente della classe dirigente e, in primis, della classe politica. Quella classe dirigente che ha fatto fare nel calcio una figuraccia storica (era da 60 anni che l’Italia non veniva esclusa dai Mondiali) pur avendo vinto quattro campionati mondiali (due Coppe Rimet) ed era da decenni che non toccava i bassifondi della classifica europea per i dati prima scritti.
Ricordiamo che il nostro Paese è stato fondatore, prima della Ceca (Comunità europea del carbone e dell’acciaio, 1951) e poi dell’Ue (1957), artefice il grande ministro, liberale e messinese, Gaetano Martino.
Ma questa classe dirigente politica continua a inseguire il consenso giorno per giorno e non ha il rigore istituzionale di quei grandi Presidenti della Repubblica che furono Sandro Pertini e Carlo Azeglio Ciampi, i quali antecedevano l’interesse nazionale a quello di parte.
Tutto questo è frutto di un’estrema ignoranza del popolo cui basta dare panem et circenses, e si nutre di Internet.

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