Biometano, l'Italia vuole crescere. La Sicilia non può stare a guardare - QdS

Biometano, l’Italia vuole crescere. La Sicilia non può stare a guardare

Rosario Battiato

Biometano, l’Italia vuole crescere. La Sicilia non può stare a guardare

venerdì 17 Novembre 2017

Presentato a Ecomondo un protocollo d’intesa per promuovere lo sviluppo del settore energetico. La Sicilia ha un potenziale straordinario, ma quasi del tutto inutilizzato

PALERMO – È stato presentato la scorsa settimana, in occasione di Ecomondo alla Fiera di Rimini, un protocollo d’intesa per avviare iniziative comuni finalizzate a promuovere lo sviluppo e il ruolo del biometano verso la società civile, le università, le organizzazioni e le istituzioni pubbliche e private in genere. Coinvolti i membri della Piattaforma tecnologica nazionale sul (Bio)metano, con il coordinamento di Cic, Consorzio italiano compostatori e Cib, Consorzio italiano biogas, e con la partecipazione di Anigas, Assogasmetano, Confagricoltura, Fise-Assoambiente, Italian Exhibition Group, Legambiente, NGV Italy, Utilitalia. Anche la Sicilia attende la sua grande occasione.

L’obiettivo è quello di dare impulso concreto allo sviluppo del settore che, con un adeguato sistema legislativo a supporto, potrebbe permettere all’Italia “di raggiungere una produzione di 10 miliardi di m3 di biometano al 2030 – si legge nella nota del Consorzio – di cui almeno 8 da matrici agricole (pari a circa il 12-13% dell’attuale fabbisogno annuo di gas naturale)”. Un’azione che non ridurrebbe il potenziale dell’agricoltura italiana nei mercati alimentari, secondo gli esperti del settore, anzi permetterebbe di accrescere competitività e sostenibilità delle aziende agricole.
 
Lo conferma una tendenza generale che, agevolata dagli investimenti nel settore, stimolerebbe la crescita della copertura del fabbisogno italiano annuo dall’attuale 12-13% al 25%, attivando, al contempo, 15 mila nuovi green jobs. L’Italia parte da un’ottima base, già oggi è il secondo produttore europeo dopo la Germania e il quarto produttore mondiale dopo Cina, Germania e Stati Uniti.
In occasione dell’evento, il Cib, tramite una nota, ha ricordato che il biometano consente di attivare benefici per la gestione dei rifiuti, per l’agricoltura e per i trasporti, in quanto è “prodotto sia da sottoprodotti di origine agricola e colture d’integrazione, sia dalla frazione organica proveniente dalla raccolta differenziata”.
 
I dati diffusi per l’occasione dalla Piattaforma testimoniano la definizione di un ruolo strategico in accordo con i principi dell’economia circolare. Secondo calcoli del Cic, entro il 2020 si arriverà ad una raccolta di rifiuti organici intorno a 8 Mton/anno, di cui 6 Mton/anno costituiti da Forsu (frazione organica). “Se tutta la frazione umida dei rifiuti urbani fosse riciclata negli impianti dedicati – si legge nella nota – oltre ai 2 Mton/anno di fertilizzante organico si potrebbe generare un quantitativo di biometano pari a circa 300.000.000 kg/anno, più che sufficienti ad alimentare le flotte di mezzi destinati alla raccolta di tutti i rifiuti urbani prodotti”.
 
Attualmente, in tutta Italia, sono attivi circa 1.300 impianti, solo nel settore agricolo, ma la Sicilia è ancora molto indietro, a fronte di un sostanzioso potenziale di scarti e sottoprodotti. I numeri li ha messi Biagio Pecorino, ordinario di Economia ed estimo rurale all’Università di Catania, che ha realizzato, nel corso del 2016, uno studio sulle potenzialità della filiera del biogas in Sicilia (l’Isola ospita lo 0,3% degli impianti del totale nazionale, dati Gse). Il documento si chiama “Biomethane done right An advanced biofuel” e prevede l’utilizzo di colture di integrazione, cioè le cosiddette colture intercalari a scopo energetico da utilizzare in aggiunta, prima o dopo, a quelle previste nelle rotazioni normalmente praticate nei diversi comprensori agricoli, e biomasse di scarto.
 
A disposizione ci sarebbero circa 28mila ettari precedentemente impegnati per l’alimentazione umana e produzione di mangimi, un dato che vale appenae il 2% della superficie agricola utilizzata. Un sistema del genere permetterebbe all’Isola di raggiungere potenzialmente i 500 milioni di metri cubi all’anno di produzione e avviare al contempo un’occupazione di 3/3.500 unità.

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