I Comuni arretrati e antisocial - QdS

I Comuni arretrati e antisocial

Eleonora Fichera

I Comuni arretrati e antisocial

martedì 21 Novembre 2017

Grave ritardo sul resto dell’Italia per Spid, pagamenti digitali, carta d’identità elettronica e presenza sui social network. La Pa 2.0 è lontana anni luce. Enti muti, ciechi e sordi davanti ai cittadini

PALERMO – “Cogliere le opportunità che le tecnologie digitali abilitano sia all’interno delle Amministrazioni sia nei rapporti tra queste e cittadini, grazie alla promozione dei diritti di cittadinanza digitale e alle forme di partecipazione favorite dall’open government”. Ma non solo, “rendere l’operato delle Amministrazioni trasparente per assicurare la conoscenza del patrimonio di informazioni e favorirne controllo sociale e miglioramento continuo”. Con queste intenzioni, il Governo nazionale ha presentato strumenti e strategie da mettere in atto per completare il processo di digitalizzazione della Pubblica amministrazione. Un progetto tanto ambizioso quanto necessario in un Paese in cui all’arretratezza digitale si aggiunge la disaffezione dei cittadini nei confronti di chi li rappresenta. In quest’ottica, servizi digitali e open data permetterebbero da un lato di far passi avanti per la realizzazione della tanto ambita Pa 2.0 e, dall’altro di diradare le ombre che spesso avvolgono conti pubblici e procedure amministrative. Con pochi click, infatti, i cittadini dovrebbero essere in grado di visionare bilanci e spese pubbliche, ma anche di pagare imposte e contravvenzioni e di partecipare attivamente alla vita politica.
 
Se tutto questo è vero per Governo e Regione, è ancor più vero per i Comuni, quegli Enti territoriali che, almeno in teoria, dovrebbero essere i più vicini agli interessi della popolazione locale. E come se la cavano i Comuni italiani con i servizi digitali? A quanto pare male. E quelli siciliani, ancora peggio. A certificarlo è l’ultimo rapporto ICity- Rate, realizzato da FPa, che partendo da dieci indicatori (tra i quali Pa Social e servizi online) ha analizzato il grado di trasformazione digitale di 106 capoluoghi di provincia assegnando a ognuno un punteggio diverso (il più alto, 715, a Milano). Ne è venuta fuori una classifica tutt’altro che entusiasmante per la Sicilia. Ad eccezione di Palermo (17° posto), tutti gli altri capoluoghi isolani occupano posizioni che vanno dalla 43^ di Catania alla 106^ (e ultima) di Trapani. Sconfortanti i risultati di Ragusa (46^) e Messina (59^). Male Siracusa (72^), Enna (82^), Caltanissetta (99^), Agrigento (103^) e il già citato fanalino di coda, Trapani. Questa la situazione dei soli capoluoghi. Guardando al totale del Comuni siciliani, il quadro si complica. Per avere un’idea di punti di forza e debolezza degli Enti locali isolani, è possibile analizzare tre dei principali strumenti introdotti per favorire la digitalizzazione, in attuazione dell’art. 5 del Codice dell’Amministrazione digitale e del Dl 179/2012: Spid, PagoPa e Carta d’identità elettronica.
 
Spid 
Il Sistema pubblico d’identità digitale, permette l’accesso a tutti i servizi online tramite un’unica identità. Semplicemente registrandosi e salvando username e password il cittadino dovrebbe avere a portata di Pc (ma anche di smartphone) diverse operazioni amministrative. Sull’apposito sito messo a disposizione dal Governo, spid.gov.it, si legge che “l’adesione dell’intera Pa a Spid dovrà avvenire entro il 2017”. Considerando il numero di Enti aderenti, però, e visto che alla fine dell’anno manca poco più di un mese, questa sembra più un’utopia. Solo in Sicilia, infatti, appena 171 Comuni consentono ai propri cittadini l’accesso a Spid e, tutti, solo per un unico servizio: la presentazione di pratiche telematiche tramite sportello Suap. Tra questi, solo tre capoluoghi: Enna, Siracusa e Palermo.
 
PagoPa 
L’Agi (Agenzia per l’Italia digitale) lo presenta come “un sistema di pagamenti elettronici realizzato per rendere più semplice, sicuro e trasparente qualsiasi pagamento verso la Pa”. Il servizio permetterebbe agli Enti locali di ridurre i costi per ricevere i pagamenti e di automatizzare gli incassi rendendone la gestione più efficiente. Il tutto senza costi aggiuntivi, ma solo benefici, per i cittadini. Eppure il sistema stenta a decollare. In Sicilia (secondo l’ultimo rapporto Agi) hanno aderito solo 84 Comuni su 390, circa il 21%. L’Emilia Romagna, simile alla nostra Isola per numero di Enti locali, conta 185 adesioni su 350 Comuni, il 53%.
Ma la sola adesione al servizio non basta a renderlo accessibile a tutti. È sufficiente visitare i siti dei Comuni capoluogo per accorgersene. Con le sole eccezioni Palermo e Messina, del sistema PagoPa non c’è traccia su nessuno dei siti ufficiali. Accedere al servizio è quindi tutt’altro che semplice e veloce. Perché un cittadino dovrebbe scegliere PagoPa se è costretto a cimentarsi in ricerche su ricerche prima di riuscire (nel migliore dei casi) a pagare una multa o un tributo? Molto probabilmente, lo stesso opterebbe per affollare un ufficio pubblico.
 
Carta d’identità elettronica 
Stando alle direttive nazionali, il servizio dovrà coinvolgere tutti i Comuni italiani entro il 2018. Col nuovo anno alle porte, però, la Sicilia appare spaventosamente indietro nelle adesioni. Stando al monitoraggio del sito cartaidentita.interno.gov.it, solo 57 Comuni hanno attivato il servizio. Tra questi, tutti i capoluoghi di Provincia.
 
I social network 
A onor del vero va specificato che diversi Comuni hanno attivato altri strumenti digitali, dalla diretta streaming delle sedute del Consiglio, ai questionari online customer satisfaction, ma, dati alla mano, troppo poco ancora è stato fatto.
Al di là degli strumenti ufficiali promossi dal Governo, i Comuni avrebbero a disposizione uno strumento facile e veloce per offrire ai cittadini, per lo meno, una comunicazione puntuale e efficace: i social network. Tramite Facebook e Twitter gli Enti locali, con poche e semplici mosse, potrebbero instaurare un filo diretto con la popolazione rendendo conto del loro operato. Eppure, anche in questo caso, l’impegno dei “governanti” lascia molto a desiderare. Ben tre capoluoghi di provincia, Enna, Trapani e Agrigento, sono del tutto assenti dai social. Il resto dei Comuni, invece, utilizza, più o meno regolarmente, Facebook. Meno diffuso Twitter, scelto da cinque capoluoghi su nove (Palermo, Catania, Caltanissetta, Siracusa, Ragusa), e spesso utilizzato poco e male. Alcuni profili, infatti, sono fermi da anni: Catania dal 2015, Caltanissetta e Ragusa dal 2016.
Un altro, l’ennesimo, simbolo di una politica arretrata, assente e sempre più distante dai cittadini che governa.

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