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Palermo: Cosa nostra regna con le estorsioni, imprenditori collusi

redazione

Palermo: Cosa nostra regna con le estorsioni, imprenditori collusi

martedì 21 Novembre 2017

Duro colpo alla famiglia mafiosa di Santa Maria di Gesù‬, Carabinieri e Ros arrestano 27 affiliati. Emerge la catena di comando con elezioni "democratiche". Il racket prevale e i commercianti non denunciano 

PALERMO – I risultati del blitz antimafia che si è svolto a Palermo stamattina – l’operazione “Falco” – eseguito dai carabinieri del Ros – Raggruppamento operativo speciale – e da quelli del Comando provinciale dell’Arma dei Carabinieri di Palermo, sono di 27 arrestati, affiliati alla famiglia mafiosa di Santa Maria di Gesù. Le indagini hanno consentito di individuare anche i vertici della cosca di Cosa nostra, nominati dagli "uomini d’onore" attraverso un vero e proprio meccanismo elettorale.
 
I reati ipotizzati: dalle estorsioni alle scommesse, dagli stupefacenti alle frodi
 
Nelle misure cautelari, emesse dalla procura distrettuale antimafia di Palermo, si ipotizzano i reati di associazione mafiosa, estorsione, esercizio abusivo di attività di gioco e scommessa, traffico di stupefacenti, trasferimento fraudolento di valori. La complessa indagine dei carabinieri del Raggruppamento operativo speciale nei confronti della cosca di Cosa nostra ha consentito di accertare il processo di riorganizzazione interna della ‘famiglia’ e la sua "pervasiva capacità di infiltrazione del tessuto economico locale", ricostruendo l’organigramma degli associati e individuando i capi attuali.
 
Il capo del clan eletto in una riunione al ristorante
 
Tra i particolari emersi durante le indagini, una riunione convocata per nominare i nuovi vertici e tenutasi in un ristorante. A cena venne deciso che il capo della famiglia mafiosa di Santa Maria di Gesù sarebbe stato Giuseppe Greco. Al summit parteciparono almeno 12 uomini d’onore, Giuseppe Greco venne stato confermato reggente mentre Natale Giuseppe Gambino e Gaetano Messina rispettivamente sottocapo e consigliere. La carica di capodecina venne data a Francesco Pedalino e Mario Taormina. Antonino Profeta, pur in assenza di un incarico formale, fu presentato come rappresentante di Greco, mentre il vecchio boss Salvatore Profeta avrebbe scelto di non concorrere per alcun ruolo sia per l’età avanzata che per non sottrarre posti agli altri.
 
Elezioni “democratiche” dentro il clan
 
Il reggente, nel gergo mafioso, è definito "il principale". La documentazione dell’elezione del vertice di un clan è un inedito investigativo, in quanto questo genere di designazione era emersa solo nei racconti dei primi collaboratori di giustizia, negli anni ’80. Le procedure di elezione, inoltre, secondo quanto emerge sono precedute da una sorta di propaganda elettorale a favore dei candidati, anche se in realtà, nel caso documentato dal Ros, non vi sarebbe stato un vero e proprio antagonista alla figura di Giuseppe Greco che, in funzione della carica di reggente già assunta, avrebbe ottenuto da subito il consenso degli affiliati più autorevoli, tra i quali lo stesso Salvatore Profeta, lontano parente del falso pentito Vincenzo Scarantino.
 
Sarebbe stata anche la parentela con Scarantino, oltre che l’età avanzata, a indurre Profeta a fare un passo indietro in favore di Greco. Il voto si è svolto "ad alzata di mano… per vedere l’amico", si legge in una delle intercettazioni, quindi a scrutinio palese. La votazione avverrebbe però solo per i ruoli apicali, mentre le nomine per i posti di sottocapo e capodecina sarebbero riservate allo stesso "principale". Il capo inoltre designa i collaboratori stretti senza passare per il voto. Un esempio è la nomina di Antonino Profeta a un incarico fiduciario al di fuori delle funzioni tradizionali ed alle dirette dipendenze del vertice che l’avrebbe autorizzato ad eludere le rigide regole della gerarchia mafiosa e l’obbligo di informazione dei quadri immediatamente superiori.
 
Il racket delle estorsioni va avanti indisturbato
 
Le estorsioni continuano a tappeto. E le vittime non denunciano. "Il riconoscimento esterno dell’associazione – scrive il gip che ha disposto le misure cautelari – è stato espresso anche da imprenditori che, in linea con la ricostruzione giurisprudenziale della figura dell’imprenditore colluso, hanno fatto ricorso agli indagati al fine di ottenere la commissione di lavori presso terzi". Agli uomini d’onore più bassi in grado, inoltre, era delegato l’esercizio della violenza necessario per esercitare il controllo sul territorio. L’inchiesta ha documentato un pestaggio ai danni di una vittima, che non è stata identificata, a cui avrebbero partecipato mafiosi come Lorenzo Tinnirello, Antonino Profeta e Francesco Pedalino.
 
Di Stasio, comandante provinciale dell’Arma dei Carabinieri: “Dopo ogni operazione, la famiglia mafiosa si è riorganizzata
 
”La famiglia mafiosa di Santa Maria di Gesù è storicamente tra le più antiche e influenti di Cosa nostra. E’ stata capace di riorganizzarsi internamente dopo ogni operazione delle Forze dell’Ordine e della magistratura”. Lo dice il comandante provinciale dei carabinieri di Palermo col. Antonio Di Stasio, commentando l’operazione antimafia ‘Falco’. ”Nonostante la recente morte del capo dei capi, anche l’operazione odierna conferma, ancora una volta, come Cosa nostra prosegua lungo il solco tracciato da lunghi anni di storia criminale, tramandando regole e tradizioni ferree ai nuovi affiliati, ricostruendo di volta in volta la sua gerarchia con elezioni dei rappresentanti ai vari livelli, controllando il territorio, ricorrendo all’uso della violenza nella pratica estorsiva e sostenendo gli affiliati detenuti e le rispettive famiglie” aggiunge. ‘
 
‘Sono trascorsi poco meno di 10 giorni da quando l’Arma dei Carabinieri ha duramente colpito un’altra storica famiglia mafiosa cittadina, quella di Borgo Vecchio – prosegue -. Ma, nonostante il momento storico abbia dimostrato segnali di cambiamento di direzione della Sicilia, questa volta non si è registrata la stessa collaborazione dei commercianti che hanno denunciato i loro estorsori”.

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