Occupazione femminile, Sicilia distante dalla Carta di Lisbona - QdS

Occupazione femminile, Sicilia distante dalla Carta di Lisbona

Michele Giuliano

Occupazione femminile, Sicilia distante dalla Carta di Lisbona

martedì 05 Gennaio 2010

Si dovrebbe raggiungere un tasso di occupazione del 60% nel 2010: il ritardo è di 25 punti. Ben 3 province siciliane si piazzano tra i primi 5 posti in Italia per disoccupate

PALERMO – Per la donna siciliana il lavoro resta una cosa per poche, anzi pochissime. L’Isola è in ritardo di quasi 25 punti percentuali rispetto al traguardo occupazionale fissato dalla Carta di Lisbona per il 2010 che si dovrebbe attestare al 60 per cento. L’occupazione femminile nell’Isola è infatti ferma al 35,2 per cento secondo l’ultima rilevazione dell’Istat.
Un gap probabilmente non solo strutturale ma anche culturale in un territorio dove non tutti gli stereotipi sono stati superati con l’ingresso del terzo Millennio. L’unico e incontrovertibile dato di fatto resta quello che se di per sé il mercato del lavoro appare notevolmente ingessato, per il mondo rosa è praticamente “no limits”. Resta da appigliarsi ad un importante treno per l’Isola: è quello del progetto lanciato dal governo nazionale che prende il nome di “Italia 2020”.  Si tratta di un programma di inserimento lavorativo per le donne, lanciato dal ministro del Welfare Maurizio Sacconi in collaborazione con il ministro per le Pari opportunità Mara Carfagna, e che riguarda la conciliazione dei tempi di lavoro con i tempi dedicati alla famiglia e la promozione delle pari opportunità nell’accesso al lavoro. è infatti risaputo che in Sicilia uno dei problemi più grandi per le donne è quello di conciliare il lavoro con la figura di mamma. Questo in realtà è un gap proprio strutturale e finanziario per l’Isola: ci sono pochissime strutture per accogliere i bambini e pochi soldi per finanziarle.
Il progetto lanciato dallo Stato sembra proprio tagliato per la Sicilia. Sono infatti 6 le linee di azione individuate, per le quali sono stati stanziati 40 milioni di euro, così ripartiti: 10 milioni di euro per favorire i nidi familiari attraverso l’esperienza delle cosiddette “tagesmutter” (mamme di giorno), ossia donne che ospitano a pagamento i bambini in casa loro; un’esperienza già avviata con successo in alcune regioni del nord; 4 milioni per la creazione di albi di badanti e baby sitter, italiane e straniere, appositamente formate; 12 milioni per voucher destinati all’acquisto di servizi di cura in strutture come ludoteche e centri estivi; 6 milioni per sostenere cooperative sociali che operano per la conciliazione in contesti svantaggiati; 4 milioni di euro per favorire il telelavoro delle donne; ed infine altri 4 milioni per percorsi formativi di aggiornamento destinati a lavoratrici che vogliono reinserirsi nel mercato del lavoro dopo un periodo di allontanamento.
L’Osservatorio sul mercato del lavoro e lo sviluppo locale di Cisl Sicilia, sulla base di un’elaborazione dei dati Istat, ha potuto appurare che ben 3 province siciliane si piazzano tra i primi 5 posti in Italia per numero di disoccupati donne. Prima c’è Enna, con il 22,2 di donne disoccupate, seguita da Sassari (21,5), Lecce (20,2), tallonate dalla solita Palermo che viaggia su una percentuale che si attesta al 19,8, e poi Messina. Proprio quest’ultima provincia, tra il 2007 ed il 2008, ha visto aumentare la disoccupazione femminile di ben 4,8 punti percentuali.
 

 
La crisi colpisce soprattutto giovani e donne
 
La crisi ha colpito un po’ tutto il mondo del lavoro siciliano ma a risentirne sono stati soprattutto i settori più deboli, e cioè le donne e i giovani. “Gli effetti della crisi economica – fanno notare all’Osservatorio della Cisl – influiscono soprattutto sulle fasce giovanili femminili non solo in termini di contrazione dell’occupazione, ma anche in termini di crescita macroscopica della disoccupazione e delle aspettative della vita lavorativa”. “La disoccupazione è cresciuta – dice Valeria Ajovalasit, presidente di Arcidonna Sicilia – nonostante le ingenti somme derivanti dai fondi europei che la Regione ha stanziato negli ultimi anni per la formazione e l’inserimento lavorativo delle donne. Un segno inequivocabile del fallimento delle politiche per lo sviluppo messe in campo dalla giunta regionale”. Altro dato preoccupante è quello relativo al tasso di disoccupazione femminile di lunga durata, che si attesta al 10,8 per cento. Anche in questo caso la Sicilia si guadagna la maglia nera tra le regioni italiane. “è certamente colpa dei governi nazionali e di quello regionale – ha commentato invece il segretario regionale della Cisl, Maurizio Bernava – che in questi anni hanno fatto parecchi errori”.

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