Formazione regionale su fabbisogno imprese - QdS

Formazione regionale su fabbisogno imprese

Carlo Alberto Tregua

Formazione regionale su fabbisogno imprese

martedì 12 Dicembre 2017

Corsi utili al mercato del lavoro

La Regione dispone di circa 130 milioni per finanziare la Formazione, la quale è di per sé un ottimo strumento se servisse a migliorare la conoscenza e le competenze dei partecipanti.
Ma quali conoscenze e competenze dovrebbero essere inserite nei corsi formativi? Ovviamente quelle che servono per introdurre i formandi nel mondo del lavoro.
Cosa dovrebbe fare la Regione per avere conoscenza del fabbisogno dei profili? Rivolgersi alle organizzazioni imprenditoriali di tutti i settori (industria, agricoltura, artigianato, commercio, servizi, turismo, ecc.) le quali potrebbero comunicare tale fabbisogno, in prospettiva, da qui a tre anni.
In altri termini è indispensabile un raccordo tra il mondo delle imprese che creano lavoro e l’assessorato regionale alla Formazione il cui attuale titolare è Roberto Lagalla.
L’ex rettore di Palermo è persona competente e ha dimostrato nella sua precedente funzione di saperci fare. Deve resistere alle richieste improprie di enti formativi, che devono essere inquadrati in simbiosi con le necessità del mondo delle imprese.
 
La Formazione deve essere come un sarto che cuce un vestito su misura, in modo che quando venga indossato risulti congruo alle necessità.
Dalle nostre inchieste risultano decine di migliaia di offerte di lavoro e nella nostra pagina del venerdì, ove esse sono indicate, siamo arrivati alla cifra non indifferente di 18.078.
Il guaio dei siciliani che cercano lavoro è che non possiedono competenze e preparazione per inserirsi in quel mondo cui aspirano. Insomma, se la spina non ha la stessa dimensione della presa non la si potrà introdurre: quello che in vernacolo si usa dire, “tanti occhielli, tanti bottoni”.
Bisogna sfruttare le sinergie, bisogna fare il censimento delle prospettive degli investimenti delle imprese in Sicilia, in modo che la formazione regionale fornisca persone preparate ed attagliate al fabbisogno.
Continuiamo a ripeterlo, e non ci stancheremo mai, perché le preziose risorse europee cofinanziate da quelle regionali siano spese bene e soprattutto abbiano un effetto moltiplicatore.
 
 
Non mancano a Roberto Lagalla le qualità di ordine e metodo per raggiungere l’obiettivo prospettato. Certo avrà notevoli difficoltà perché molti degli istituti che hanno proceduto a fare formazione nel passato non sono attrezzati per fare quella che invece serve al mercato.
Probabilmente i formatori si dovrebbero trasformare in formandi per acquisire le competenze necessarie a diventare docenti. Ma questo è un processo lungo, mentre lavoratori pronti al mercato devono essere quelli formati già nel 2018 e negli anni seguenti.
Probabilmente Lagalla dovrà rivolgersi ad istituti e a docenti diversi dagli attuali. Ma è indispensabile che non vengano più finanziati a perdere corsi di formazione che non servono alle persone che vi partecipano, in quanto vengono usati come ammortizzatori sociali per i formatori.
Le giunte regionali precedenti hanno utilizzato le risorse per la formazione con altre finalità e precisamente come scambio per ottenere consenso. Vogliamo augurarci che la giunta Musumeci inverta questo becero comportamento.
 
La Regione deve inserire nel suo funzionamento, con la nuova Giunta, i valori di trasparenza e di merito, perché essi aiutano a combattere la corruzione dilagante, corruzione contro cui si battono con grande vigore le Procure della Sicilia. Ma essendo quella un’azione repressiva, interviene quando già i reati sono stati commessi.
La svolta che auspichiamo nella formazione regionale non riguarda solo i possibili reati, che peraltro ci sono stati, ma l’acquisizione di efficienza ed efficacia, cioè risultati ben diversi da quelli inesistenti ottenuti nel passato.
Quando si chiede a una persona che presenta un curriculum cosa sappia fare e questo risponde tutto, è chiaro che non sappia fare nulla.
I titoli di studio, fra cui la laurea, oggi vengono valutati non tanto per il punteggio conseguito ma per il tempo in cui è stato conseguito. In altri termini vale più una laurea con 90 presa in 4 anni e mezzo che una con 110 e lode in otto anni.
Riflettiamo su questa fotografia.

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