L'insostenibile sicurezza della Sicilia - QdS

L’insostenibile sicurezza della Sicilia

Paola Giordano

L’insostenibile sicurezza della Sicilia

mercoledì 13 Dicembre 2017

Ranking sulla qualità della vita: tra reati più o meno gravi e una giustizia lumaca, i siciliani non si sentono garantiti. Occorrono più controlli sul territorio da parte di Governo, Regione ed Enti locali

PALERMO – Sentirsi sicuri nella propria città si conferma un lusso che in Sicilia sono in pochi a potersi permettere. A rilevarlo sono ancora una volta i risultati delle province isolane nella classifica “Giustizia e sicurezza” stilata dal Sole 24 Ore nell’ambito dell’indagine 2017 sulla qualità della vita in Italia.
 
Ad aggiudicarsi la medaglia del metallo più pregiato è la provincia di Verbano-Cusio-Ossola, che scala la classifica di cinque posizioni rispetto allo scorso anno, scavalcando così Belluno, che perde il primato accontentandosi di un più che dignitoso secondo posto; il bronzo va ad Oristano, che migliora la sua performance, rispetto alla graduatoria pubblicata nel 2016, di una posizione.
La provincia siciliana più sicura è Enna che, pur ottenendo un ottimo piazzamento (è 15^), arretra comunque di tre posizioni rispetto al precedente anno.
 
 
A Catania invece non basta essere risalita di tre posizioni per uscire dalla cerchia delle province a più alta densità criminale: con il suo 104° posto, si conferma la zona siciliana meno sicura. Mentre Messina, Caltanissetta e Trapani si fermano a metà classifica, Siracusa e Palermo restano nel gruppo con il più alto tasso di criminalità, nonostante abbiano registrato un discreto recupero (rispettivamente +9 e +8 posizioni rispetto al 2016).
 
Il miglioramento più evidente è però di Ragusa, che scala la classifica di ben tredici posizioni e si piazza al 39° posto; la peggiore performance è invece quella di Agrigento che, pur collocandosi 34^, perde sette posizioni rispetto allo scorso anno.
Guardando adesso più da vicino le graduatorie dei singoli indicatori, con le conferme sull’invivibilità delle nostre città che arrivano a pioggia.
 
RAPINE E FURTI D’AUTO. Le province siciliane non se la cavano niente male negli scippi e nei furti d’appartamento, ma è nelle rapine e nei furti d’auto che danno il meglio di loro: Palermo è la leader siciliana nel settore delle rapine con il suo 107° posto, seguita dalla provincia etnea (101a), mentre a “primeggiare” nel rubare autovetture è proprio Catania, quasi a pari merito con il capoluogo regionale (103°). Si difende bene anche Siracusa (82a nelle rapine, 91a nei furti di macchine).
 
TRUFFE E FRODI INFORMATICHE. Ad onor del vero c’è un settore in cui le province isolane dimostrano che hanno ancora tanto da imparare: è quello delle truffe e delle frodi informatiche. Qui la strada è ancora lunga, ma visti i risultati ottenuti dalle province siciliane a livello macroscopisco, c’è da scommettere che i piazzamenti nella parte alta della classificha (quella cioè delle province più oneste) dipendano dal fatto che la criminalità siciliana è ancora ancorata ai metodi tradizionali e fatica a stare al passo con i tempi. È quindi, forse, solo questione di tempo.
 
LUNGHEZZA DEI PROCESSI. A fronte di un’alta casistica di reati commessi, la giustizia in Sicilia viaggia con il freno a mano tirato. A decretato è l’indicatore relativo alle cause superiori ai tre anni, con i risultati riportati dalle province isolane che mostrano la poderosa macchina della giustizia in panne: Messina è ultima non solo a livello regionale ma anche a livello nazionale, con la metà delle cause pendenti che superano i tre anni di attesa prima di arrivare ad una conclusione. A Catania, Siracusa e Ragusa invece i processi over tre anni sono più di un terzo del totale, mentre a Trapani solo sette cause su 100 superano i tre anni di trafile.
 
LA COMMISSIONE PARLAMENTARE. A riprova del desolante quadro che emerge dalle classifiche del noto quotidiano economico c’è l’indagine condotta dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle Condizioni di sicurezza e di degrado delle città. Atti criminali diffusi, centri urbani degradati e periferie dimenticate sono solo alcuni tra i problemi che l’Italia dovrà affrontare secondo quanto riscontrato dalla Commissione presieduta da Andrea Causin, il quale avverte: “Bisogna riportare le periferie al centro dell’agenda politica. Almeno 15 milioni di persone in Italia vivono in situazioni soggette a degrado situate nelle periferie ma anche nei centri urbani. È un problema anche di democrazia”.
 
La Commissione ha messo in luce anche il fallimento della politica dei bandi finora seguita. Le ultime leggi di stabilità hanno messo a disposizione per la sicurezza delle città circa due miliardi con criteri di premialità che “hanno portato i Comuni a richiedere fondi su progetti infrastrutturali spesso poco attinenti ma che avevano il solo vantaggio di rendere immediatamente accessibili i fondi, che raramente sono stati impiegati per alleviare o migliorare le condizioni di vita dei residenti nelle aree periferiche o degradate”.
 
Eppure un progetto mirato al rafforzamento delle condizioni di legalità per i cittadini e le imprese delle cinque Regioni “meno sviluppate” (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia), con il fine di dare nuovo impulso allo sviluppo economico e migliorare la coesione sociale del sud d’Italia è già stato approvato e non da pochi giorni: era il 20 ottobre 2015 quando venne dato il via libera al Programma operativo nazionale Legalità 2014-2020 con una dotazione complessiva di 377.666.668,00 euro. Mica bruscolini.
 
Non resta che attendere la relazione finale della Commissione parlamentare e, soprattutto, le decisioni che, sulla base di quanto emergerà, prenderanno il governo centrale e quello regionale, insieme agli Enti locali, per risolvere un problema – la sicurezza – che da decenni non fa dormire ai tanti onesti cittadini sogni tranquilli.

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