Disturbi del sonno per sette anziani su dieci. Le cause: alimentazione scorretta e ansie - QdS

Disturbi del sonno per sette anziani su dieci. Le cause: alimentazione scorretta e ansie

redazione

Disturbi del sonno per sette anziani su dieci. Le cause: alimentazione scorretta e ansie

mercoledì 13 Dicembre 2017

Sigg: uno scarso riposo riduce le capacità di concentrazione e costituisce fattore di rischio per il decadimento cognitivo

in collaborazione con ITALPRESS
 
ROMA – Si addormentano con difficoltà, si svegliano tre, quattro, tante volte nel cuore della notte. Oppure sono già in piedi alle cinque del mattino, nonostante non debbano andare a lavorare. Sono oltre dieci milioni gli anziani con un disturbo del sonno, dai problemi ad addormentarsi alla sera ai risvegli notturni: il problema, come hanno spiegato gli esperti in occasione del 62° Congresso nazionale della Società italiana di gerontologia e geriatria di Napoli, non è tanto che gli anziani dormono troppo poco, come si credeva in passato, quanto piuttosto che dormono male. Un riposo non ristoratore che però ha motivi diversi nei due sessi: gli uomini si svegliano perché devono andare in bagno (73 % contro il 57% delle donne), le donne invece hanno sonni agitati da pensieri, ansie e preoccupazioni (complessivamente il 90% contro il 66% degli uomini), lui spesso non si addormenta perché ha mangiato un po’ più del dovuto (7% contro 2% delle donne), lei perché lotta contro un dolore che non dà tregua (8% contro 5%). Qualunque sia il motivo, un sonno inadeguato ha conseguenze negative sullo stato di salute.
 
Dopo i 65 anni la quantità di sonno necessaria a stare bene si riduce sensibilmente e fisiologicamente: se da adulti non bisogna scendere sotto le 6 ore a notte e in media se ne devono dormire 7-9 per stare bene, in un anziano si può scendere a 5 ore senza ripercussioni – spiega Raffaele Antonelli Incalzi, presidente eletto Sigg -. Con l’andare degli anni poi la sincronizzazione dell’orologio biologico con il ciclo luce-buio si indebolisce e capita più spesso di appisolarsi anche di giorno: il numero totale di ore di sonno perciò di fatto non cambia molto, ma la percezione è un declino del benessere perché restare svegli a lungo di notte è spiacevole e il sonno notturno è più riposante. Il vero problema infatti è la qualità del sonno dell’anziano, più scarsa: solo il 30% degli uomini e il 20% delle donne oltre i 65 anni non ha alcun sintomo di un problema di sonno, gli altri soffrono di risvegli notturni frequenti (nel 70% degli uomini e nel 60% delle donne), si alzano troppo presto al mattino (30%), ammettono di non sentirsi riposati (25% degli uomini, 35% delle donne) oppure fanno fatica ad addormentarsi (circa il 20% degli uomini e il 35% delle donne)”.
 
“I dati – prosegue Raffaele Antonelli Incalzi – mostrano evidenti differenze fra uomini e donne, con i primi più spesso svegliati dalla necessità di andare in bagno e le seconde più preda di pensieri e ansie; l’insonnia inoltre è più frequente nelle donne anche perché dopo la menopausa vengono meno i progestinici, ormoni con un potere ipnotico. In entrambi i sessi tuttavia, a prescindere dai motivi, il risultato è un sonno disturbato, in cui si riduce la durata del sonno profondo e aumentano i microrisvegli, che non incidono sulla durata complessiva del riposo ma lasciano la sensazione di non aver dormito abbastanza”. Tutto questo ha conseguenze sullo stato di salute generale che vanno dalle alterazioni dell’umore all’affaticabilità, dalla ridotta capacità di concentrazione all’aumento del rischio di cadute; inoltre, lo scarso sonno è un fattore di rischio anche per il decadimento cognitivo correlato all’età.
 
Per tornare a dormire bene occorre prendere piccole precauzioni e sfatare alcune leggende metropolitane – osserva Nicola Ferrara, presidente Sigg e ordinario di medicina Interna e geriatria dell’Università Federico II di Napoli -. Innanzitutto, può essere necessario rivedere le terapie in corso: molti farmaci possono compromettere il sonno direttamente, perché impattano sulla sua struttura come i beta-bloccanti usati per esempio per l’ipertensione, o indirettamente perché provocano risvegli, come i diuretici. Altri medicinali che inducono sonnolenza sono poi per esempio gli antidepressivi, gli antiepilettici e gli antiparkinson, alcuni decongestionanti e corticosteroidi; inoltre, alcuni di questi possono anche indurre incubi, allucinazioni notturne, alterazioni del sonno Rem. Una valutazione attenta delle terapie in corso con un’eventuale modifica delle stesse può a volte essere risolutiva. La melatonina può aiutare in alcuni casi, mentre non ci sono prove dell’efficacia della valeriana; per indurre l’addormentamento e il mantenimento del sonno sono utili le benzodiazepine, ma devono essere gestite sotto controllo medico perché possono dare effetti collaterali tutt’altro che secondari nell’anziano, come l’incremento del rischio di cadute. Anche uno stile di vita corretto aiuta a dormire meglio: mangiare i carboidrati alla sera facilita il sonno, così come fare una buona attività fisica per almeno 30-40 minuti a giorni alterni, scegliendo magari discipline come il tai-chi che si sono dimostrate utili per prevenire l’insonnia e mantenere un buon ritmo del sonno. L’importante è non trascurare mai un disturbo del sonno, perché può essere la spia o la prima manifestazione di altre patologie: i disturbi del comportamento nel sonno predicono l’insorgenza di demenza o Parkinson, l’insonnia è un fattore di rischio per la depressione, le gambe senza riposo sono correlate a un incremento consistente della mortalità. Un breve questionario sul sonno dal medico di famiglia può spesso bastare a capire se ci siano criticità da indagare meglio, anche e soprattutto per ritrovare una buona qualità di vita attraverso un riposo finalmente ristoratore”.

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