Giovani senza arte nè parte. In Sicilia c’è poca formazione - QdS

Giovani senza arte nè parte. In Sicilia c’è poca formazione

Michele Giuliano

Giovani senza arte nè parte. In Sicilia c’è poca formazione

mercoledì 06 Gennaio 2010

L’isola è la regione con il più alto numero di ragazzi che possiedono solo la licenza media. Uno su quattro ha il livello d’istruzione medio e si è fermato con gli studi

PALERMO – Bassa scolarizzazione e poca attitudine alla formazione: questo il profilo del giovane siciliano. Un futuro lavoratore che si presenterà sul mercato del lavoro senza specializzazione e con una cultura bassa. Insomma, un quasi sicuro disoccupato in un territorio dove già trovare lavoro è difficile, figurarsi per chi non ha arte né parte.
L’allarme è stato lanciato dai sindacati e dalle istituzioni ai vari livelli che si sono confrontati sui problemi della formazione professionale in Sicilia mettendo in risalto come l’inversione di tendenza ancora non sia arrivata e anche il 2009 si è chiuso con uno sperpero infinito di denaro senza alcun risultato sul piano proprio della qualità della formazione professionale. Un elemento preoccupante su tutti è emerso nel corso di questo incontro organizzato al Salone degli Specchi della Provincia regionale di Messina: la Uil ha infatti rilanciato il problema che la Sicilia si continua a confermare al primo posto tra le regioni italiane per quanto riguarda la percentuale di ragazzi dai 18 ai 24 anni che possiedono solo la licenza media e non sono più in formazione. Si è registrato il 31,4 per cento nel 2006,  il 26 per cento nel 2007, contro, rispettivamente, il 13,6 per cento e il 9,5 per cento del Lazio, ed una media nazionale che si assesta sul 20,8 nel 2006 e il 19,2 nel 2007. In pratica oggi si registra uno scarto tra la Sicilia e la media italiana di 6 punti percentuali, un vero abisso.
“Dati che devono far riflettere – ha sottolineato la responsabile provinciale della Uil Scuola provinciale di Messina, Lidia Musarra – e che devono richiamare interventi non più rinviabili, che portano non solo un mantenimento delle attività di formazione ma un loro potenziamento per non privare tanti ragazzi di una formazione completa, che possa offrire loro pari opportunità, anche nell’inserimento lavorativo, rispetto ai loro coetanei delle altre Regioni”.
 
Proprio per questo i sindacati, che si sono confrontati anche con un esponente della commissione Formazione professionale all’Ars, Filippo Panarello, chiedono che si possa davvero invertire la rotta: “Le basi che abbiamo faticosamente tracciato – ha aggiunto la Musarra – devono rappresentare l’inizio di un cambio di rotta. A tutti i dipendenti degli enti di formazione chiediamo di seguire con attenzione le vicende, di verificare la regolarità nell’applicazione del contratto collettivo nazionale in tutte le sue parti, chiediamo di segnalare eventuali anomalie, in modo da verificarle e la dove è possibile, intervenire per cercare di diminuirne gli effetti, ma allo stesso tempo affermiamo con forza che il nostro deve essere un impegno professionale alto, volto a portare avanti attività responsabili per offrire servizi sempre più qualificati e  adeguati alle richieste, per porre fine alle dicerie distorte che da sempre hanno caratterizzato il comparto della formazione.
“Siamo ad un punto di maggiore certezza, ma ancora molto lontani dalla condizione a cui tutti aspiriamo, spettanze certe e costanti, fine del precariato, stabilità del lavoro, e rivalutazione delle professionalità degli operatori”.
 


L’approfondimento. I controversi sportelli multifunzionali
 
Molto spesso è stato messo in risalto dal nostro giornale il costo eccessivo degli Sportelli multifunzionali in rapporto agli scarsi risultati conseguiti. D’altronde i numeri non si possono smentire: complessivamente costano all’incirca sulla sessantina di milioni di euro l’anno e dovrebbero avere il compito di agevolare la domanda con l’offerta di lavoro. Ad oggi però si registra un’altissima percentuale di disoccupazione che va al di là dell’ultimo periodo di crisi. è infatti una costante l’aumento della disoccupazione nell’Isola ed oggi si toccano punte di disoccupazione giovanile (a cui gli sportelli si rivolgono principalmente) del 40 per cento mentre, per gli stessi giovani, l’indice di inattività, supera il 75 per cento secondo quanto ha reso noto la Cisl.
Nonostante questi schiaccianti numeri, si è fatto quadrato attorno proprio a queste strutture: “Si mette in evidenza – ha attaccato la Musarra – solo il costo che questo servizio ha per la Regione Sicilia. Noi non ci stiamo perché abbiamo la consapevolezza di quello che è stato fatto dai moltissimi operatori che con grande professionalità hanno affiancato gli uffici Provinciali del lavoro nel portare avanti tutte le attività ad essi collegati”.

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