Nuova Formazione con vista sul lavoro - QdS

Nuova Formazione con vista sul lavoro

Michele Giuliano

Nuova Formazione con vista sul lavoro

mercoledì 20 Dicembre 2017

Dal 2004 ad oggi spesi 2,7 mld per corsi inutili. Introvabile il 20% dei profili cercati dalle imprese, disoccupazione record. Il neo assessore Lagalla: “Collegamenti col mondo aziendale e docenti formati per i nuovi insegnamenti”

Prima affrontare l’emergenza, poi si vedrà come e dove intervenire. Il nuovo governo regionale ha tra le sue più grandi patate bollenti quella della formazione professionale. Un’emergenza che non avrebbe la priorità di salvare enti e dipendenti, quanto la necessità di aiutare i giovani a qualificarsi e trovare un lavoro. Magari anche provando a recuperare le sacche di “neet” (non studiano, non lavorano e non si formano) che si convincerebbero ad uscire dalla loro apatia se potessero disporre di un sistema formativo che li rendesse davvero qualificati.

Invece in Sicilia si ha una spesa record per la formazione nell’ultimo decennio, e una disoccupazione altrettanto record. Infine, paradosso dei paradossi, un’assenza pesante di profili professionali specializzati. E sotto quest’ultimo aspetto la cosa è davvero imbarazzante: possibile che le aziende siano in difficoltà perchè non trovano operai specializzati nell’industria o nei settori di metalmeccanica e informatica, o specialisti nella formazione e nell’insegnamento? Questa è la Sicilia e lo attesta il sistema Excelsior di Unioncamere e l’Anpal, l’agenzia nazionale delle politiche attive del lavoro del ministero del Lavoro. Il paradosso sta nel fatto che la Sicilia è la terza regione d’Europa, secondo l’Eurostat, che ha il tasso più alto di neet (41,4%) e la quinta in assoluto, sempre nel panorama europeo, per disoccupazione giovanile (57,2%). Non è uno scherzo o una fake news, è tutto reale.
 
Inoltre, Unioncamere e Anpal nell’ultimo resoconto del novembre scorso, sulle assunzioni previste in Sicilia, sostengono che nell’Isola su un totale di 13.990 ingressi le aziende cercano la quasi totalità di profili ben specializzati, ben 11.890. A fronte di questo numero l’idea è chiara: l’aspirante lavoratore deve capire che in Sicilia le occasioni occupazionali ci sono ma si deve essere all’altezza. Impensabile quindi, al giorno d’oggi, cercare lavoro senza uno straccio di competenza. Il nocciolo della questione è proprio tutto qui.
 
I numeri sono mastodontici: in media non si riesce a trovare il 19,4 di personale adeguato da assumere in azienda, questo vuol dire che quasi 1 posto su 5 resta vacante secondo le rilevazioni Unioncamere e Anpal. I profili più difficili da trovare sono gli operai specializzati e conduttori impianti nelle industrie tessili e di abbigliamento, o ancora gli specialisti in scienze informatiche, fisiche e chimiche, persino gli operai metalmeccanici o i tecnici informatici.
 
La fetta maggiore di assenza di profili specializzati riguarda gli universitari nell’isola (non se ne trovano nel 32,8% dei casi) e persino tra chi ha scelto una formazione o un diploma e che quindi dovrebbe avere una precisa formazione specialistica nel settore (15,9%). Ma i paradossi, come se già non bastassero, non finiscono mica qui.
 
Passiamo ora al capitolo della formazione professionale. Da due anni e mezzo in Sicilia oramai è tutto fermo, non si realizzano più i corsi professionali tradizionali (i vecchi Prof diventati poi Avviso 20 e più recentemente Avviso 8) per una serie infinita di lungaggini burocratiche e di ricorsi al Tar e Cga degli enti rimasti esclusi. Il dipartimento regionale della Formazione professionale ha accertato che dal 2004 al 2017, quindi negli ultimi 14 anni da cui sarebbero da detrarne 3 perché colpevolmente la Regione non ha finanziato i corsi tradizionali nel 2012 così come nel 2016 e 2017, sono stati spesi ben 2,7 miliardi di euro, un record assoluto in Italia.
 

 
Sportelli multifunzionali un inutile stipendificio
 
In Sicilia, dal 2015, non ci sono più corsi tradizionali finanziati dalla Regione. Questo infatti è l’ultimo anno finanziato attraverso la terza e ultima annualità dell’Avviso 20, con chiusura delle attività il 31 dicembre di quell’anno (ad eccezione di qualche ente che prorogò qualche mese dopo, ndr). Ma per tutto il 2016 e il 2017 non si è vista l’ombra di un solo corso. L’unica certezza è che la Regione ha pescato dai fondi europei una disponibilità di 136 milioni per i corsi tradizionali ma ad oggi non un solo centesimo è stato speso. Colpa di una serie infinita di “stop & go” del bando più volte pubblicato e ritirato per evitare ricorsi e bacchettate dall’Unione europea.
D’altronde spendere i fondi dell’Ue non è mica uno scherzo e i parametri a cui bisogna attenersi sono rigidissimi. Proprio per vizi di forma è rimasto tutto congelato sino ad oggi e neanche le diverse sentenze e ordinanze del Tar e del Cga, seguite da una serie di aggiustamenti alla graduatoria degli enti finanziati, sono riuscite a garantire una vera schiarita.
Se i corsi di formazione si sono rivelati inutili sul fronte del contrasto alla disoccupazione non parliamo invece degli sportelli multifunzionali, altro spreco tutto in salsa siciliana. Un altro giochetto per distribuire prebende e favori a “questo e quello” mentre i vari appuntamenti elettorali si consumavano tra amministrative, regionali e politiche. Ma anche qui ad un certo punto i cordoni della borsa si sono stretti sino a che gli sportelli sono stati chiusi nel 2013. Dal 2014 i circa 1.700 dipendenti degli enti che avevano attivato queste strutture, a parte un brevissimo periodo di occupazione attraverso un progetto altrettanto abortito per mezzo del Ciapi di Priolo, sono senza un lavoro e si pensa di reinserirli in servizi per politiche attive di lavoro.
Intanto il Dipartimento regionale della Formazione aveva fatto due conti e dal 2005 al 2013 ha scoperto che questi sportelli sono costati ben 470 milioni di euro.
 

 
Le idee del neoassessore Roberto Lagalla per rilanciare il settore
 
Il neo assessore regionale alla Formazione, Roberto Lagalla, sembra avere già le idee chiare su dove e come intervenire nel settore.
Assessore, ha intenzione di sentire tutte le principali associazioni di categoria (Confimpresa, Sicindustria, Confagricoltura, Confprofessioni, ecc…) per chiedere loro di fare una lista delle professioni più richieste ed attualizzare il mondo della formazione?
“La formazione professionale è ferma da troppi anni ed è urgente fare ripartire la macchina. Ovviamente questa ha bisogno di manutenzione e ogni decisione sui nuovi assetti organizzativi e gestionali sarà discussa preliminarmente con le organizzazioni del comparto, che soffrono da troppo tempo. Per quanto riguarda le figure professionali da formare, ho già ribadito l’intendimento di collegarci con le proposte del mondo aziendale e produttivo, per creare un giusto equilibrio tra domanda e offerta di lavoro, al fine di formare competenze e profili coerenti con le reali esigenze del mercato”.
I docenti della formazione sono in grado di insegnare queste nuove professioni? In caso contrario si sta programmando un aggiornamento per loro?
“Ogni disciplina e ogni attività professionale evolvono nel tempo ed è quindi facile pensare che anche il comparto della docenza professionale abbia la necessità, così come avviene in generale per il mondo dell’istruzione, di aggiornamento e riqualificazione che, ovviamente, costituiranno oggetto di attenzione e di proposta da parte dell’assessorato”.
La nuova attività formativa quando partirà? Si ha un’idea di massima?
“Come è noto, le complesse vicende legate al famigerato Avviso 8 hanno prostrato il settore della formazione professionale che, in ogni caso e indipendentemente dagli esiti dei contenziosi relativi allo stesso Avviso 8, deve riprendere a marciare tanto nell’interesse degli operatori quanto e soprattutto per adempiere ad un dovere costituzionalmente tutelato, quale è quello della qualificazione professionale di giovani e disoccupati”.

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