Si chiude un anno mediocre dell'Italia che arranca - QdS

Si chiude un anno mediocre dell’Italia che arranca

Carlo Alberto Tregua

Si chiude un anno mediocre dell’Italia che arranca

sabato 30 Dicembre 2017

Se non si investe il Pil cresce poco

Si chiude l’anno e con esso la XVII Legislatura, iniziata il 15 marzo 2013, nel corso della quale abbiamo visto alternarsi tre governi (Letta-Berlusconi, Renzi, Gentiloni). Un periodo buio della nostra storia, che invece poteva essere luminoso.
Infatti, la crisi iniziata nel 2007 negli Stati Uniti e poi portata dal vento atlantico in Europa, alla fine del 2012, si era attenuata parecchio, quindi l’inizio di questa Legislatura partiva sotto gli auspici di una ripresa, possibilmente analoga a quella di Germania, Spagna e Svezia.
Ma così non è stato perché nel nostro Paese la conduzione delle istituzioni, politiche e burocratiche è stata effettuata da un personale mediocre, che non sa cosa siano i valori etici di merito e responsabilità.
La conseguenza è che i dilaganti privilegi sono dilagati ancora di più, perché nessuno è riuscito a tagliarli. Ma quando i privilegi assorbono grandi quantità di risorse pubbliche non resta nulla o poco, da destinare al vero motore dell’economia, che sono gli investimenti pubblici e privati.
 
Le riforme nel lavoro e nelle regole economiche di Gerhard Schröder hanno portato la locomotiva tedesca ai brillanti risultati odierni. Si badi che la crisi in Germania è finita proprio quando in Italia cominciava la già citata XVII Legislatura. Oggi, a chiusura di anno, la Germania può vantare tre grandi risultati: crescita del Pil a circa il 3%, disoccupazione al 5,6%, surplus dell’esportazioneche viaggia ben oltre i 200 miliardi di euro.
In questo quadro, il debito pubblico, attestato al 68% contro quello italiano del 132%, ha avuto un costo di 160/200 punti inferiore a quello italiano.
Il Governo Letta – d’accordo con Berlusconi – che inaugurò questa legislatura, se avesse avuto vere capacità politiche, improntate ad equità e giustizia, non avrebbe dovuto fare altro che copiare il modello tedesco e impostare la politica economica e sociale di conseguenza. Ma Letta non ce l’ha fatta e neppure Renzi, e neanche Gentiloni.
La conseguenza è che si chiude l’anno con un progresso del Pil attestato all’1,5%, la metà di quello tedesco, con la disoccupazione all’11,2%, il doppio di quella tedesca e con il costo per interessi del debito pubblico anch’esso doppio di quello registrato in Germania.
 
Con lo scioglimento delle Camere e la data delle elezioni fissata per il 4 marzo, si inaugura di fatto la XVIII Legislatura. Essa nasce sotto pessimi auspici perché con la disastrosa legge elettorale, detta Rosatellum, nessuno degli attuali tre poli potrà vincere le elezioni. Cosicché il più alto esercizio di democrazia, che sono le elezioni, non darà l’unico risultato che conta: conoscere la sera del 4 marzo chi governerebbe l’Italia per i prossimi cinque anni.
La debolezza del ceto politico si trasforma in una zavorra per il Paese, perché pur di sopravvivere restando attaccati come cozze agli scranni, deputati e senatori cercano di accontentare i cosiddetti poteri forti, cioè le lobbies, ovviamente a danno dei ceti deboli, cioè la stragrande maggioranza dei cittadini, i quali, disgustati, si astengono dal voto oppure esprimono una preferenza protestataria a favore del Movimento cinque stelle.
Non si capisce quale sia il male minore, ma sempre di male si tratta e invece ci sarebbe bisogno di ricostruire l’economia del Paese.
 
Per fortuna il settore privato marcia, con un sensibile aumento delle esportazioni, mentre ancora rimane bassa l’altra gamba dell’economia, cioè quella dei consumi: sia perché, nonostante l’aumento di 920 mila posti di lavoro, la disoccupazione è ancora enorme, sia perché non è ritornato quel clima di fiducia indispensabile carburante per gli investimenti.
Da aggiungere che questo Governo, ma anche i due precedenti, non sono stati capaci di attivare i cantieri di opere pubbliche, perché non avevano risorse finanziare da destinarvi, avendo dovuto accontentare questa o quella parte della popolazione pur di ottenere facili consensi alle prossime elezioni.
Intendiamoci, non è che Berlusconi nei suoi dieci anni di governo abbia fatta meglio sotto questo profilo, perché non è riuscito a concretizzare quell’ottima legge, detta Obiettivo (443/2001), con la quale si dovevano costruire ottanta infrastrutture primarie. Solo otto realizzate!
La soluzione è l’M5s? Dall’amministrazione delle città non sembra. E allora? Dio ci aiuti!
 
 

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