La cultura non sfama i siciliani - QdS

La cultura non sfama i siciliani

Roberto Pelos

La cultura non sfama i siciliani

mercoledì 03 Gennaio 2018

Symbola-Unioncamere: solo 1,8 mld € il Pil creato dal settore contro i 16 mld della Lombardia, meno ricca di tesori. 38.000 occupati contro 233.000 lombardi, 140.000 del Lazio, 26.000 delle Marche

ROMA – La Sicilia non sfrutta nel modo migliore il proprio patrimonio culturale, secondo i dati di Unioncamere e Symbola, riferiti al 2016, tema dell’indagine “Io sono cultura 2017”. In valore aggiunto, infatti, per quel che riguarda il ruolo del sistema produttivo culturale e creativo nell’economia regionale (al quale si riferiscono le incidenze percentuali sul totale dell’economia), nella nostra terra la componente core (quella che attiene alle imprese specializzate in ambito culturale), raggiunge la quota del 2,3%, sicuramente inferiore rispetto a quella di altre regioni italiane con in testa il Lazio, che arriva al 6,4%, e che supera la Sicilia anche dal punto di vista occupazionale, raggiungendo il 5,4%, mentre la nostra terra si attesta al 2,5%. Si dirà ovviamente che parliamo della regione di Roma “caput mundi”, dalla supremazia inevitabile, ma la situazione rimane pressoché uguale se guardiamo al confronto con la Lombardia e ad una realtà molto più piccola come la Val d’Aosta dove si arriva in entrambi i casi al 5%.

A livello provinciale, poi, non è presente nessuna città siciliana. In valore aggiunto primeggia Milano col 7,6% (Core) e Roma che nell’occupazione raggiunge una quota del 7,3% sempre per la stessa componente. Le cose, per la Sicilia non migliorano se analizziamo l’incidenza delle professioni culturali nel resto dell’economia. La nostra terra raggiunge la quota dell’1,3%, superando solo la Calabria e la Puglia (rispettivamente 1,2% e 1,1%), in una graduatoria che vede al primo posto l’Emilia Romagna, che tocca il 3,2%, seguita dalla Lombardia (3%) e dal Piemonte (2,8%).
Anche in questo caso la graduatoria provinciale, con in testa Arezzo con il 7%, non vede la presenza di città siciliane (Fonte: elaborazione su dati Istat).
 
Andiamo adesso ai valori assoluti in termini di Pil nelle diverse regioni italiane. Nella nostra terra nel 2016, sono stati prodotti 1,8 mld di euro dal segmento cultura, “briciole” rispetto ai circa 16 mld della Lombardia e ai circa dieci miliardi del Lazio, mentre dal punto di vista occupazionale, la nostra terra ha impiegato 38.404 persone, poche soprattutto rispetto alle 233.183 della Lombardia e alle 140.606 del Lazio.
 
Se guardiamo poi alle imprese del core culturale, notiamo come la distanza tra la Sicilia e la Lombardia in particolare, sia sempre molto grande. Il numero totale delle aziende nella nostra regione, infatti, secondo i dati di Unioncamere-Symbola, è 16.355 mentre in Lombardia raggiunge le 61.231. Facendo qualche esempio, scendendo nei dettagli, in ambito architettonico nella nostra terra sono presenti, al 2016, 2.873 imprese “contro” le 14.240 della Lombardia, mentre, nel campo dell’editoria le aziende siciliane sono 6.927, poche, se messe a confronto con le 17.149 della Lombardia.
 
Insomma la nostra regione si conferma la terra dalle grandi risorse non sfruttate al meglio, specialmente se pensiamo alla storia millenaria della Sicilia e al grande patrimonio storico e artistico che caratterizza tutte le nove province, frutto delle tante dominazioni che si sono susseguite e che hanno lasciato testimonianze di grande bellezza e interesse.

Passi avanti sono stati fatti, come la nomina di Palermo a Capitale Europea della Cultura 2018 e la candidatura di altre cinque città siciliane per il 2020, ma occorre indubbiamente fare di più. Bisognerebbe dare maggiore risalto ai centri storici attraverso opere di restauro in molte parti dell’Isola, valorizzare il patrimonio Unesco, tema più volte trattato dal Quotidiano di Sicilia, attivare più iniziative per incentivare gli ingressi nei musei e per andare incontro ai giovani siciliani che vorrebbero farsi strada nei vari ambiti culturali; prendere dunque tutta una serie di provvedimenti volti al rilancio e allo sviluppo del settore culturale, fondamentale per l’economia della nostra regione che, tra le altro, ha dato i natali a grandi intellettuali e scrittori che hanno dato lustro alla storia della letteratura italiana.
 


La cultura non fa impresa. Sicilia fuori dalla top venti
 
La Sicilia non figura nemmeno nella classifica riguardante le prime venti province per incidenza delle imprese del sistema produttivo culturale e creativo, anzi è del tutto assente il Meridione d’Italia, se facciamo eccezione per Pescara, provincia “spartiacque” tra Centro e Sud.
Presenti le grandi realtà metropolitane del Centro-Nord, rappresentanti dell’imprenditorialità e della storia antica e rinascimentale, ma è significativo anche come si facciano strada tante piccole realtà, alle quali le province siciliane non hanno sicuramente nulla da invidiare dal punto di vista della storia e della cultura, ma peccano, probabilmente, quanto ad organizzazione, ad iniziative e a valorizzazione del territorio, politiche nelle quali anche le realtà “a misura d’uomo” del Centro e del Nord sono, ahinoi, più avanti; altro campanello d’allarme al quale occorre ovviare al più presto, considerando tra l’altro i “tesori nascosti” che si trovano nei piccoli centri della nostra Isola, che spesso fanno meno notizia rispetto alle opere di maggiore importanza ma che costituiscono un patrimonio di grande pregio e darebbero grande slancio al rilancio economico della nostra terra.
Tornando alla graduatoria di cui parlavamo all’inizio, attinente alle incidenze percentuali delle imprese culturali sul totale delle imprese provinciali, in testa si trova Milano con l’8,7%, seguita da Roma col 7,3%. Al terzo posto si piazza Firenze che si attesta al 6,5%, Trieste al 6,3%, Bologna è quinta col 6,0%. Subito dopo la classifica vede la presenza di Monza-Brianza, dove la percentuale raggiunge il 5,9%, Como e Lecco, entrambe al 5,8% insieme a Torino. Genova si attesta al 5,6%, Venezia al 5,3%, Varese e Novara al 5,1%. Padova, Cremona e Pescara arrivano al 4,9%, Parma, Udine, Belluno e Bergamo sono ultime in graduatoria al 4,8%.
 


Spese per il turismo basse. La Sicilia incapace di investire
 
La cultura va sempre di pari passo con il turismo. Nell’indagine Unioncamere-Symbola troviamo le graduatorie territoriali per incidenza della spesa turistica attivata dalla cultura. I dati riguardano le incidenze percentuali sul totale della spesa turistica.
Anche qua, nella classifica per regioni, la Sicilia, nonostante sia sempre stata meta turistica di rilievo, è parecchio indietro rispetto alla maggior parte delle realtà italiane con una percentuale del 27% insieme al Trentino-Alto Adige e supera soltanto la Valle d’Aosta che si attesta al 24,2% e la Sardegna (23,4%).
La graduatoria vede ai primi tre posti il Friuli-Venezia Giulia dove la percentuale raggiunge il 51,6%, seguita dalle Marche (51,1%) e dal Lazio (50,1%). La graduatoria provinciale, neanche a dirlo, non vede la presenza della nostra regione, mentre consacra al primo posto Pordenone con una quota dell’81,5%, alle spalle di Arezzo all’80,8% e Vicenza (78,0%); al ventunesimo ed ultimo posto si trova Ancona, con una percentuale del 48,0%.
Passiamo infine, alla graduatoria delle prime venti province per spesa turistica attivata dal sistema produttivo culturale e creativo. Al primo posto, nei valori assoluti, si piazza Roma, dove, sempre nel 2016 sono stati stanziati tre mln euro, seguita da Milano, che ha visto la spesa di circa un mln 437 mila euro, mentre al terzo posto troviamo Venezia con un mln 178 mila euro circa; fanalino di coda, al ventesimo posto, Salerno con 373 mila euro.
Nei valori in percentuale, sul totale della spesa turistica, primeggia Pordenone che raggiunge l’81,5%, seguita da Arezzo con l’80,8% e Vicenza che raggiunge la quota del 78,0%; all’ultimo posto si trova Verona con il 48,3%. Nessuna provincia siciliana è presente nella graduatoria.

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