Comuni poco vigili, vigili poco comuni - QdS

Comuni poco vigili, vigili poco comuni

Rosario Battiato

Comuni poco vigili, vigili poco comuni

giovedì 04 Gennaio 2018

La sicurezza urbana passa dal potenziamento dei Corpi di Polizia municipale, che devono presidiare il territorio. Dalle multe risorse preziose per i bilanci, ma servono più uomini sulle strade

PALERMO – Sulle strade siciliane si continua a riprodurre, anno dopo anno, una pericolosa combinazione che si nutre di due bacini ben delineati. Da una parte gli elementi riconducibili alla scarsa attenzione al tema della viabilità da parte delle Amministrazioni locali, come la saltuaria e quasi mai regolare manutenzione delle arterie viarie, comprese quelle maggiormente trafficate (i Comuni capoluogo dell’Isola sono tra quelli che spendono meno in questo capitolo di bilancio) e il sottodimensionamento dell’organico dei vigili urbani, che si lega inoltre a una mancata organizzazione che preveda un’adeguata distribuzione del personale tra strada e ufficio.
Dall’altra parte, poi, c’è l’ormai naturale predisposizione accordata dai siciliani agli spostamenti col mezzo privato che, nei grandi centri urbani, arriva a coinvolgere il 70% dei cittadini. Colpa di una mentalità che non riesce a distaccarsi dalle abitudini del passato, ma anche di un sistema di trasporto pubblico che, in qualche caso, non riesce a essere del tutto efficiente.
 
Un incrocio di fattori, insomma, che genera morte sulle strade affollate e costi sociali ingenti che valgono complessivamente circa 1,3 miliardi all’anno. I grandi centri si stanno impegnando per risolvere le criticità più immediate con l’aumento del presidio della forza di sicurezza e col potenziamento delle infrastrutture, grazie anche alle opportunità concesse dai vari Patti e dal decreto sicurezza, ma bisogna fare in fretta, perché i numeri sono davvero tragici.
 
1. Le affollatissime arterie delle aree metropolitane
Gli ultimi dati diffusi dall’Istituto nazionale di statistica (Istat) sugli incidenti stradali sono stati pubblicati l’estate scorsa e fanno riferimento al 2016. Nel complesso, all’interno del report dedicato sono registrate 192 vittime e le aree maggiormente coinvolte si rintracciano nell’abitato urbano, dove si trovano circa l’80% degli incidenti e poco meno del 60% delle morti.
Entrando nel dettaglio, e approfondendo in particolare gli aspetti relativi alla collocazione territoriale, il 65% del totale di morti e incidenti si è verificato nelle aree delle Città metropolitane, questo in quanto esse risultano maggiormente affollate e, soprattutto, non adeguatamente controllate.
I numeri del 2016 hanno visto, nei tre più popolosi capoluoghi dell’Isola (Palermo, Catania e Messina) la presenza di 3.960 incidenti sulle strade urbane (il dato include anche arterie provinciali, statali e regionali collocate all’interno dell’abitato) che valgono il 10% del totale degli incidenti registrati nei quattordici principali centri italiani.
Gli scontri in questione hanno determinato 56 vittime, quasi un quinto del totale dei grandi comuni nazionali (329). Tra le principali città Palermo (25 morti) e Catania (20) occupano rispettivamente il quinto e il sesto posto per numero di decessi.
 
2. Incidenti: costo sociale pari a 9,2 mld in Sicilia
Gli incidenti costano e sebbene ci sia un prezzo non quantificabile, che è quello della vita umana, risulta comunque possibile ricavare un dato che renda l’idea del danno che scontri e morti arrecano alla società tutta in termini di risorse umane e materiali. L’indice si trova nel report “Costi sociali dell’incidentalità stradale”, realizzato dall’Ufficio di statistica (Dgsis) della Direzione generale per la Sicurezza stradale del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, e si tratta di un calcolo che stima il danno economico subito dalla società, quantificando gli oneri che, a vario titolo, gravano sulla collettività a seguito delle conseguenze causate da un incidente stradale.
Questo dato ha raggiunto per l’Italia il valore di 140 miliardi di euro dal 2010 al 2016. La Sicilia ha contribuito con circa 9,2 miliardi di euro, cioè il 6,5% del totale. Un numero derivato dalle conseguenze di quasi 85 mila incidenti che hanno prodotto 1.659 morti e oltre 127 mila feriti.
Il dato siciliano è il più elevato tra le regioni meridionali e vale circa un quarto del totale della macroarea.
 
3. Troppe auto in circolazione e mezzi pubblici snobbati
In tutta Italia ci sono complessivamente 37,8 milioni di autovetture. Lo hanno rilevato i dati rilasciati dall’Ispra, che ne ha censite ben 9,5 milioni comprese tra euro 0 ed euro 2, cioè poco più di un quarto del totale del parco auto (25,3%).
Per quanto riguarda la Sicilia, il numero delle automobili, considerando il confronto tra il 2015 e il 2016, è risultato lievemente in crescita, definendosi tra lo 0,65% di Palermo e l’1,07% di Ragusa. A Catania il segno positivo è valso circa 2 mila unita, poco più elevata la cifra nel capoluogo isolano.
Al contrario, è il trasporto pubblico che, pur facendo registrare qualche timido risveglio, è ancora inadeguato. In termini di variazione percentuale dell’utilizzo, le città siciliano hanno registrato il tracollo di Palermo e Agrigento, con vistose riduzioni pari rispettivamente a 11,5% e 13%, e la grande cavalcata di Catania, che ha fatto registrare un sostanzioso +13%. Una crescita che non deve illudere, perché il centro etneo arriva da una contrazione sonante, con il passaggio dai 19 milioni di passeggeri del 2011 ai 13 milioni del 2014.
Numeri che si allacciano a due insiemi di problemi interdipendenti: basso utilizzo del mezzo pubblico e alta presenza di automobili aumentano il rischio di incidente e peggiorano la qualità dell’aria (a Catania il 23,9% di auto Euro 0, in Italia media del 10%).
 
4. Una migliore organizzazione per presidiare il territorio
Come evidenziato sopra, in città si muore di più, quindi servirebbe un maggiore controllo del territorio, anche se ormai da anni i Comandi dei vigili urbani isolani lamentano uomini insufficienti. Tra questi c’è anche quello del centro etneo che registra, inoltre, un’età media che ormai supera i 55 anni di età e una distribuzione dei ruoli che relega molte unità al lavoro d’ufficio, rendendo di fatto sempre più complicato il controllo di un territorio complicato e rischioso (il caso di Luigi Licari, aggredito a colpi di casco mentre svolgeva il proprio lavoro, ne è un tragico esempio). La necessità di più uomini è stata accolta col nuovo bando, pubblicato nei giorni scorsi sulla Gurs e sul sito del Comune di Catania, per l’assunzione di 30 vigili urbani a tempo determinato, un investimento da 300 mila euro che arriverebbero dall’utilizzo dei proventi delle multe.
Anche a Palermo, dove ci sono poco più di 1.300 unità a fronte di una pianta organica che ne prevede circa 2.100, lo scorso ottobre, si era parlato di un piano per assumere circa 300 vigili urbani con contratto a tempo determinato.
Aumentare il numero dei dipendenti, però, può non essere sufficiente. Occorre infatti distribuire sulle strade quanti più uomini possibili, evitando di affollare gli uffici e facendo sentire ai cittadini la fondamentale presenza della Polizia urbana.
 
5. Multare chi vìola le regole ma è necessario incassare
Nei giorni scorsi il quotidiano La Stampa ha stimato, sulla base dei bilanci preventivi approvati dai principali Comuni capoluogo italiani, il flusso di riscossione previsto dalle sanzioni per le infrazioni al Codice della strada. Stando a quanto pubblicato dalla testata torinese, gli automobilisti più coinvolti saranno quelli di Roma, Milano e Torino, con cifre che vanno dai 300 milioni di euro del capoluogo lombardo ai 210 milioni della Capitale e fino ai 109 del centro piemontese. La prima delle città siciliane a comparire in questo rapporto è Palermo, che passerà dai 31,6 milioni del 2017 ai 34,9 dell’anno in corso.
Numeri che comunque, almeno in Sicilia, non garantiscono ai Comuni coinvolti entrate certe. Basti pensare, infatti che tra il 2013 e il 2015 le violazioni al Codice della strada, considerando tutti i Comuni siciliani, sono teoricamente passate da 79,3 milioni a 114 milioni all’anno. In tutto ciò, però, le riscossioni continuano a restare ai minimi storici.
Nei grandi centri urbani, per esempio Palermo, si è registrato un dato vicino al 50% nel 2013. Numeri ancora più bassi per quel che riguarda Catania. Un danno che si aggiunge alla beffa, perché proprio queste risorse, così come previsto dal nuovo Codice della strada, dovrebbero essere impiegate per investimenti nell’ottica di una maggiore sicurezza stradale.
 
6. A Catania sanzioni in calo, 7 mila in meno in un anno
Il report realizzato dalla Polizia municipale di Catania, relativo al primo semestre dello scorso anno, ha visto 109 mila infrazioni registrate, da distribuire tra quelle rilevate dalla Polizia municipale (54.149), da operatori sostare (55.357) e da operatori Amt (21).
Rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, cioè il secondo semestre del 2016, il numero di sanzioni si è contratto di circa 7 mila unità: era stato infatti pari a 116 mila il consuntivo registrato. A pesare su questo bilancio è proprio il dato relativo alla Polizia municipale che è passato da 73.175 del secondo semestre del 2016 a 54 mila del semestre dello scorso anno. Un calo drastico che è stato parzialmente compensato dalla crescita di Sostare (+7 mila).
Forse le nuove risorse potranno portare quel necessario cambio di registro per presidiare meglio il territorio: tra il 2000 e il 2010 l’organico della Polizia municipale è passato da 726 a 474 unità, troppo poco per una pianta organica che ne prevederebbe poco meno di un migliaio.

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