Biologico e Grande distribuzione, in Sicilia si vende meno del Nord - QdS

Biologico e Grande distribuzione, in Sicilia si vende meno del Nord

Michele Giuliano

Biologico e Grande distribuzione, in Sicilia si vende meno del Nord

giovedì 04 Gennaio 2018

Ricerca AssoBio: nei primi sette mesi del 2017 +3% di vendite mentre nell’Isola si è fermi all’1,9. Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Liguria e Marche regioni in cui attecchisce di più
 

PALERMO – Il biologico in Sicilia va forte, anzi fortissimo. Prima regione per produzioni biologiche, tra le prime in assoluto per biodiversità. Eppure questo settore continua a stentare nella grande distribuzione, in cui riesce a trovare pochissimo spazio.
Sono questi alcuni dei dati Nielsen presentati da AssoBio, l’Associazione nazionale delle imprese di trasformazione e distribuzione di prodotti biologici e naturali. Se il biologico in generale va molto bene in tutta Italia, il Sud e la Sicilia valgono solo l’1,9%, mentre Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Liguria e Marche le regioni più virtuose in tutto lo stivale. Un valore basso, quello siciliano, se si pensa che l’alimentare biologico è in sviluppo costante e nei primi sette mesi dell’anno passato ha superato il 3% del totale delle vendite: cinque volte in più rispetto al 2000, contribuendo al 16% della crescita dell’alimentare. In particolare, nella grande distribuzione organizzata si registra un 16,7% in più, con punte del +24,9% per i discount, del +18,7% per il libero servizio e del +17,5% per i super.
 
Guardando alle referenze più vendute, nella grande distribuzione i consumatori prediligono l’acquisto di gallette di riso, uova, composta di frutta, bevande vegetali sostitutive del latte e pasta. Nell’ultimo anno, poi, sono in crescita gli acquirenti abituali di bio (almeno un atto d’acquisto a settimana): un milione in più di persone, per un totale di 5,2 milioni, che contribuiscono alla quasi totalità della crescita degli acquisti (91%). Novità da sfruttare al massimo da parte dei produttori siciliani, che lavorano incessantemente sia sulla qualità del prodotto che sulla varietà.
 
Un esempio, l’ultima ricerca effettuata sul recupero del patrimonio genetico dei vitigni antichi e dei vitigni autoctoni siciliani, raccolta nel libro ‘Identità e ricchezza del vigneto Sicilia’, ha permesso di individuare 70 varietà di vitigni antichi, 7 vitigni di interesse regionale, 13 di interesse locale, 12 tipologie minori e altrettanti cloni regolarmente omologati.
 
L’attività principale si svolge nel campo sperimentale di Marsala nel trapanese, ma sono stati istituiti altri quattro campi sperimentali in varie parti della Sicilia in collaborazione con Assovini, nelle province di Palermo, Agrigento e Ragusa. Notizia che fa il paio con quella inerente al fatto che in Sicilia mette radici la “Città del Bio” la cui sede è stata individuata a Sambuca di Sicilia. E siccome si è giunti finalmente alla consapevolezza che l’unione fa la forza, stanno nascendo importanti realtà che mirano proprio a tutelare questa biodiversità, ultima delle quali è la Fas, federazione agricoltori siciliani: “Nasce proprio con l’obiettivo – afferma Francesco Calanna, responsabile di questa neonata associazione di imprenditori agricoli voluta per tutelare e rilanciare l’immenso patrimonio di biodiversità della Sicilia – di rappresentare il mondo agricolo siciliano, vero motore trainante dell’economia rurale regionale. La Fas punta alla riorganizzazione del modello agricolo locale attraverso il rilancio del binomio agricoltura-turismo e la tutela delle tante eccellenze della nostra terra”.
 
Solo le istituzioni non sembrano cogliere la necessità di supportare il settore. Lo sostiene la deputata regionale Valentina Palmeri, che evidenzia come, riguardo alle tante varietà di grano siciliano, c’è il concreto rischio che pochissime vengano riconosciute e tutelate perché la maggior parte delle domande per il riconoscimento sono bloccate alla Regione Siciliana e perché il ministero dell’Agricoltura “latita a Bruxelles”.

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