Emorragia di laureati, in Sicilia sempre meno e più abbandoni - QdS

Emorragia di laureati, in Sicilia sempre meno e più abbandoni

Serena Giovanna Grasso

Emorragia di laureati, in Sicilia sempre meno e più abbandoni

martedì 09 Gennaio 2018

Banca d’Italia: partendo da una base di 100, a Messina dopo quattro anni dalla laurea si scende a 81. Eupolis: nell’Isola contate 25 mila immatricolazioni nel 2015, rispetto alle 35 mila del 2008

PALERMO – Diminuisce sensibilmente il numero di studenti immatricolati nelle università siciliane. Secondo i dati contenuti all’interno del rapporto “La finanza territoriale”, recentemente pubblicato da Eupolis Lombardia (Istituto superiore per la ricerca, la statistica e la formazione), durante l’anno accademico 2015-2016 la Sicilia ha contato circa 25 mila immatricolazioni, contro le 35 mila rilevate nel corso dell’anno accademico 2008-2009. In generale, seppure in diversa misura, il decremento ha interessato tutte le regioni, ad eccezione di Piemonte e Lombardia, aree in cui il numero degli immatricolati è lievemente cresciuto.
 
Tali contrazioni più o meno marcate sono spiegate da più fattori: crisi economica e dinamiche demografiche in primis, molti dei quali paiono però penalizzare fortemente il Mezzogiorno accentuandone i punti di debolezza. Tutti i principali indicatori comunemente utilizzati per qualificare il sistema universitario (tempo medio per conseguire la laurea, numero di corsi di laurea, dottorati, pubblicazioni scientifiche, dotazioni strutturali) confermano l’esistenza di una netta spaccatura tra università di “serie A” e di “serie B”, circostanza resa ancora più critica dalla presenza di un sistema di finanziamento che non prevede che alle prime vengano assegnate risorse aggiuntive, bensì che le premialità siano sottratte alla parte più debole del sistema.
 
L’ulteriore aggravante, rispetto al tema del divario territoriale, risiede nel dato di fatto che vede gli atenei di “serie A” tutti concentrati in un triangolo di 200 chilometri con vertici Milano, Bologna e Venezia. Relativamente alla qualità del sistema, si evince una situazione decisamente più critica per gli atenei del Mezzogiorno, rispetto ai quali i dati indicano anche una qualità media rivelata del personale docente inferiore alla media nazionale.
 
Medesimo divario si osserva in ambito di investimenti: infatti, secondo i dati Ocse, a fronte di una spesa pubblica per l’istruzione ammontante a circa 332 euro pro capite in Germania, a 305 in Francia e a 157 in Spagna, nel Mezzogiorno si spendono appena 99 euro.
 
Ma non è tutto. Infatti, il Mezzogiorno ed in particolare la Sicilia, oltre ad avere un basso numero di laureati, la contrazione delle nuove immatricolazioni ed un tipo di formazione inferiore rispetto a quella rilevata al Nord, perde anche un’ingente quantità di risorse umane. Infatti, cresce sempre più il numero di laureati che abbandona la propria regione al termine degli studi.
 
Secondo i dati contenuti all’interno del rapporto “Economie regionali” della Banca d’Italia, partendo da un indicatore a base 100 che indica i residenti prima dell’immatricolazione nelle quattordici città metropolitane italiane, tale indicatore sale a 114,6 al Sud e nelle Isole durante il periodo degli studi universitari, per scendere a 85,9 dopo quattro anni dal conseguimento del titolo. Ciò significa che partendo da una base pari a 100, la circoscrizione territoriale acquisisce 14,6 punti durante gli studi, per perderne 14,1 dopo la laurea (si parla di 28,7 se si considera il dato relativo al periodo degli studi).
 
In Sicilia, la città metropolitana maggiormente penalizzata è Messina: infatti, partendo da una base di 100, passa a 127,3 durante gli studi (+27,3), per ridursi a 81 a quattro anni dal conseguimento della laurea. Pesantemente penalizzate anche Palermo e Catania che durante il periodo degli studi passano rispettivamente a 133,1 e 123,5, per poi arrivare a 91,4 e 92,4 a quattro anni dalla laurea.

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