Rifiuti, rischio terza procedura Ue per la Sicilia - QdS

Rifiuti, rischio terza procedura Ue per la Sicilia

Rosario Battiato

Rifiuti, rischio terza procedura Ue per la Sicilia

sabato 13 Gennaio 2018

Bruxelles punta al 10% della spazzatura in discarica, in Sicilia ci va l’80%. Ma l’export non è una soluzione: è una stangata. E senza l’ok al Piano di gestione in pericolo anche i fondi Po Fesr 2014/20

PALERMO – Il tempo sta per scadere, ancora una volta. Da Cuffaro a Lombardo e fino a Crocetta, le discariche isolane – da sole inghiottono circa l’80% dei rifiuti urbani regionali, perché non c’è alternativa di gestione – sono sempre state vicine alla saturazione, fino al puntuale via libera da Roma con gli agognati poteri speciali per operare in deroga, quindi per conferire in eccesso rispetto al flusso consentito dalle autorizzazioni nell’ambito dei poteri ordinari. Anche il neo governatore Musumeci, non certo favorito dalle dimissioni dell’assessore Figuccia e con un’eredità pesante da gestire, ha lanciato il puntuale appello al ministero dell’Ambiente, senza ricevere ancora risposta. Intanto si moltiplicano le emergenze regionali con Bellolampo a rischio collasso, piano rifiuti ancora da definire, sindaci sul piede di guerra e un trasferimento che potrebbe costare fino a 100 milioni di euro all’anno in più rispetto alle attuali cifre di smaltimento in discarica.
 
All’orizzonte le vecchie infrazioni Ue e una nuova sul limite massimo di rifiuti in discarica che potrebbe portare a tre le procedure che riguardano la Regione.

Ci saranno al massimo “7-8 mesi di autonomia”. Le parole di Nello Musumeci, rilasciate nei giorni scorsi all’Ars, evidenziano lo stato di stress delle strutture pubbliche e private e al contempo fanno risaltare l’assenza di soluzioni alternative in una Sicilia poverissima di impiantistica e senza un’adeguata filiera industriale del riciclo. Insomma, la differenziata può pure crescere, come rivelano i dati della Regione che l’hanno stimata intorno al 20%, ma senza impiantistica resta tutto inutile.
 
Per il momento, tuttavia, Musumeci è concentrato sul presente, che si traduce nella necessità di prendere ancora del tempo. “Per guadagnare un anno di tempo, bisogna fare in modo che nelle discariche arrivi la metà delle 5mila tonnellate che ogni giorno sono smaltite nelle vasche”. Esportarli, comunque, non sarà semplice. Musumeci ha aggiunto che “il ministero dell’Ambiente ci ha detto di portare questi rifiuti all’estero ma abbiamo problemi logistici”.
 
Non solo problemi logistici, l’esportazione costa. Il costo medio di conferimento in discarica in Sicilia oscilla tra 100 e 120 euro a tonnellata, mentre il trasferimento all’estero o in altre regioni italiane potrebbe arrivare fino al doppio. I numeri diffusi in questi giorni sulla stampa regionale fanno riferimento ad almeno 220/240 euro a tonnellata, un dato in linea con le stime realizzate dal dipartimento Acque e rifiuti, presentate in occasione di un’audizione alla commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nel 2015, che collocavano il costo del conferimento all’estero o in altre regioni tra 160 e 200 euro a tonnellata.
 
Musumeci ha fatto riferimento all’esportazione della metà dei rifiuti che arrivano in discarica quotidianamente, cioè circa un milione di tonnellate all’anno. La differenza tra il costo di gestione in Sicilia e quello in altre regioni o all’estero ammonterebbe pertanto a circa 100 milioni di euro all’anno. I costi in più, come hanno denunciato nei giorni scorsi alcuni sindaci nel corso dell’assemblea che si è svolta ieri a San Cipirello, potrebbero ricadere sulle tasse pagate dai cittadini.
 
Un sistema crollato perché basato quasi esclusivamente sulle discariche e che non lascia intravedere sistemi alternativi. Gli impianti di valorizzazione energetica del rifiuto, richiesti da Roma ormai da due anni, sono ancora in alto mare e non è nemmeno detto che saranno nel nuovo Piano, mentre la vecchia giunta aveva aperto alla realizzazione degli impianti per trattare la frazione residua del processo, come del resto prevede anche la normativa Ue e tutte le esperienze virtuose della gestione europea (tre quarti delle capacità di incenerimento in Europa si trova in Germania, Francia, Paesi Bassi, Italia e Regno Unito).
 
In compenso si pensa all’esportazione, che ci costerà più di 100 milioni di euro all’anno, si contestano gli energimpianti, e ci teniamo l’emergenza. Nei giorni scorsi 50 sindaci siciliani hanno lanciato l’ennesimo allarme sul collasso del sistema dei rifiuti, denunciando l’innalzamento dei costi (fino a 180 euro a tonnellata, 80 euro in più della media) in seguito alla prossima saturazione di Bellolampo e al dirottamento dei rifiuti verso la discarica di Motta Sant’Anastasia, in provincia di Catania, dopo un “trattamento” nella discarica palermitana.
 

 
IL RETROSCENA – Anche i fondi Ue in pericolo, è corsa contro il tempo
 
PALERMO – Al dipartimento Acque e rifiuti sono giorni determinanti: occorre risolvere l’emergenza e pianificare il futuro, un termine sconosciuto da queste parti. Salvo Cocina, già dirigente dell’Ufficio speciale istituito da Crocetta nel luglio scorso, è il nuovo dirigente generale soltanto da qualche settimana e sta ascoltando tutti gli stakeholder del settore per definire un piano moderno e qualificato che possa condurre la Sicilia sui binari della gestione ordinaria. Tra le priorità, secondo quanto era stato riferito anche dall’ex assessore Figuccia, c’è la necessità di almeno 10/12 impianti di biogas per il trattamento dell’organico, così da scongiurare la saturazione delle discariche e avviare l’umido in strutture adatta. Il problema è certamente strutturale: l’impiantistica è all’anno zero e pertanto il secondo punto su cui si sta lavorando è l’avvio della filiera del riciclo in chiave industriale, un settore che in Sicilia non si è mai attivato. Si lavora, inoltre, anche alla riorganizzazione della macchina burocratica e all’avvio della spesa per acque, rifiuti e bonifiche.
 
C’è grande attesa per il Piano rifiuti, che sarebbe in fase di elaborazione al dipartimento, dopo che l’aggiornamento scorso, predisposto nel corso dell’assessorato di Vania Contrafatto, era stato congelato in attesa della Vas. Il punto è particolarmente delicato: la Corte dei Conti, nella delibera del 20 dicembre sull’attuazione della legge regionale n.9/2010, precisava che, alla fine dell’ottobre scorso, lo stesso “Dipartimento apprende dal Ministero che i servizi della Commissione europea non hanno ritenuto soddisfatta la condizionalità ex ante per l’assegnazione dei fondi Po Fesr 2014/2020, sempre per violazioni riconducibili alla mancanza di definizione del piano ed alla carenza di informazioni, in particolare sulla futura produzione dei rifiuti, sul trasferimento degli stessi all’estero, sulla chiusura degli impianti esistenti, oltre che sulle attività predisposte per l’obiettivo, da conseguire entro il 2020, del riutilizzo e riciclaggio dei rifiuti”. A rischio, in altri termini, ci sarebbero proprio i Fondi Ue.
 
Sul Piano rifiuti è stato il M5S ad aggredire il governo. Dopo aver denunciato il silenzio del ministero dell’Ambiente in merito alla richiesta di poteri speciali avanzata da Musumeci la scorsa settimana per la gestione della discarica di Bellolampo – anche il gruppo parlamentare del Pd ha chiesto di conoscere le ragioni che hanno portato a questa richiesta e le misure che intende mettere in pratica – i deputati regionali Valentina Palmeri, Stefania Campo, Nuccio Di Paola, Giampiero Trizzino, componenti della commissione Ambiente dell’Ars, hanno delineato la continuità tra l’azione di Musumeci e Crocetta, sfidando il neo governatore a portare “entro 60 giorni il nuovo piano regionale dei rifiuti in commissione Ambiente”.
 
Il dato della differenziata, almeno secondo i 5stelle, è fermo al 12,5% (per l’Ispra supera il 15% nel 2016, per la Regione il 20% nel 2017). Di certo c’è che mancano gli impianti: “in Sicilia, infatti, risultano attivi – ha sostenuto la pattuglia stellata – solo otto impianti di compostaggio: di questi sei non funzionano”. Se funzionassero, hanno spiegato, potrebbero spingere la differenziata isolana fino al 30%.
 


Bruxelles: obiettivo 10% spazzatura in discarica. L’Isola (con l’80%) è lontanissima dall’Europa
 
L’Italia non rispetta le norme Ue sui rifiuti e Bruxelles imperversa con la clava delle sanzioni comunitarie. Nel corso dell’ultimo decennio l’Italia ha pagato circa 285 milioni di euro di infrazioni.
Lo hanno riferito fonti della Commissione Ue, nei giorni scorsi a Bruxelles, considerando il caso Campania, e anche il dossier delle discariche irregolari o abusive, che andavano messe a norma o chiuse, e che sono invece ancora attive sul territorio nazionale. La sentenza sulle discariche irregolari è arrivata tre anni fa, nel dicembre 2014, mentre nel maggio scorso la Commissione ha deciso il deferimento dell’Italia alla Corte europea di Giustizia per non aver bonificato o chiuso 44 discariche di rifiuti non a norma in cinque regioni: Abruzzo (11 discariche), Basilicata (23), Campania (2), Friuli-Venezia Giulia (5) e Puglia (5).
La Sicilia non è da meno. L’Isola è coinvolta nella procedura 2003/2077 riguarda la “non corretta applicazione delle direttive 75/442/CE sui ‘rifiuti’, 91/689/CEE sui ‘rifiuti pericolosi’ e 1999/31/CE sulle ‘discariche’” che comprendeva originariamente una decina di siti isolani, inseriti nell’elenco degli irregolari della sentenza della Corte di Giustizia Ue che nel 2014 aveva condannato l’Italia a pagare una sanzione forfettaria da 40 milioni e una semestrale da circa 200 mila euro a sito (400 mila per ogni discarica di rifiuti speciali). Ogni sei mesi l’Isola costa all’Italia circa 2 milioni di euro di sanzioni, senza considerare il danno ambientale di questi siti non bonificati. L’Isola, inoltre, si trova anche coinvolta nella procedura 2015/2165, che riguarda l’aggiornamento dei Piani regionali di gestione dei rifiuti.
Se ne potrebbe aggiungere una terza. Giovanni La Via, europarlamentare Ap/Ppe, ha ricordato che “la riforma delle direttive sui rifiuti prevede infatti obblighi precisi in materia di prevenzione nella generazione di rifiuti, e fissa al 10% la quota massima di rifiuti che possono essere smaltiti in discarica entro il 2035”. Obiettivi che devono essere recepiti dagli stati membri e che vede la Sicilia lontanissima: oltre l’80% dei rifiuti finisce in discarica.
 
 

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