Per le ex Province è tutto da rifare - QdS

Per le ex Province è tutto da rifare

Rosario Battiato

Per le ex Province è tutto da rifare

martedì 16 Gennaio 2018

Dopo il disastro targato Crocetta, il Governo Musumeci deve rilanciare ruolo e competenze degli Enti intermedi. Impugnata la Lr 17/2017, che ha ripristinato l’elezione degli organi politici

PALERMO – L’approccio di Rosario Crocetta e Nello Musumeci al tema delle ex Province regionali è stato diametralmente opposto. L’ex governatore ha annunciato la grande rivoluzione dell’abolizione degli Enti intermedi, cavalcando malamente il tema della riduzione dei costi della politica e anticipando la riorganizzazione nazionale con una prima legge regionale già nel 2013. Un iter che si sarebbe concluso soltanto nel 2015 con l’impugnativa di due articoli da parte del Governo romano che ha sostenuto la sostanziale incongruità tra la riorganizzazione nazionale, nel frattempo approvata, e quella isolana.
 
Musumeci, ereditando una situazione caotica, con i ripetuti commissariamenti delle tre Città Metropolitane (anche se a novembre il Tar ha rimesso in sella Orlando e Bianco, ribaltando le decisioni di Crocetta) e delle ex Province (oggi Liberi Consorzi), ha annunciato di volerne ampliare le funzioni e di difendere la legge regionale 11 agosto 2017, n.17, che ha disposto l’elezione diretta degli organi politici ed è stata impugnata dal Cdm che ne ha predisposto il ricorso per legittimità costituzionale (Gazzetta ufficiale dello scorso 31 ottobre).
 
La Regione ha presentato ricorso e Musumeci ha ribadito una linea programmatica ferma. In quest’ottica, anche la gestione dei rifiuti potrebbe essere demandata ai nuovi Enti, ma la strada sembra lunga e complicata. Sul futuro si addensano problemi di natura finanziaria e altre incognite. A distanza di cinque anni dal clamoroso annuncio crocettiano, fatto in diretta Rai, tutto potrebbe essere riscritto. O forse no…

1. Necessario rimettere ordine a un caos diffuso su più livelli
 Non è certo la prima volta. La scorsa estate, la relazione della Corte dei Conti sezione di controllo, dopo l’analisi della situazione finanziaria degli Enti di aria vasta, aveva evidenziato un calo di circa un terzo delle imposte e dei tributi e il dimezzamento complessivo dei servizi per i cittadini. Un caos, insomma, che si ripercuote a tutti i livelli – fino agli stipendi – e che viene confermato dai numeri finanziari relativi al periodo 2012/2016. Una tendenza che è stata ribadita anche dalla Regione nei giorni scorsi: l’assessore alle Autonomie locali, Bernadette Grasso, ha diffuso una nota per sottolineare il crollo finanziario di Città Metropolitane e Liberi Consorzi sulla base di un monitoraggio effettuato dal Dipartimento da lei gestito. Uno studio che ha stimato un disavanzo strutturale, cioè la differenza tra entrate e spesa corrente, che ha sfiorato i 200 milioni di euro nel 2017.
Responsabilità, secondo l’assessore regionale, dei minori trasferimenti statali. E proprio a questo proposito è stata chiesta l’apertura di un confronto con il nuovo Governo nazionale.
 
2. Bilanci in profondo rosso, il futuro è tutto da tracciare
Anche l’Istituto nazionale di statistica (Istat) annualmente analizza i risultati delle gestioni economico-finanziarie delle Amministrazioni provinciali del nostro Paese. L’ultimo riferimento risale al 2016 (con dati del 2014) e conferma una tendenza di lungo periodo che registra valori negativi relativi al grado di dipendenza erariale e regionale. In altri termini, così come confermato dall’assessorato regionale, alle ex Province continuano a mancare risorse importanti per effettuare delle funzioni essenziali per il territorio.
Un lento soffocamento che trova una puntuale registrazione anche nella delibera 131/2016 della Corte dei Conti. In questo documento si riporta che “particolarmente critica appare la situazione nelle ex Province regionali, per le quali, in un contesto di forte incertezza istituzionale, ai consistenti tagli ai trasferimenti si cumulano gli effetti del sempre crescente contributo alla finanza pubblica”.
Evidente, all’interno di questo quadro già di per sé sufficientemente desolante e inquietante per quel che riguarda il futuro, anche il calo delle riscossioni correnti – passate da 597,8 a 575,1 (431,2 al netto di introiti straordinari per crediti da trasferimenti erariali pregressi) tra il 2011 e il 2015 – mentre il concorso al mantenimento della spesa pubblica risulta “ancora più difficilmente sostenibile nel biennio 2016-2017”.
 
3. Tra costi della politica e spese per i dipendenti
A volte ridurre i costi della politica è solo uno slogan puro e semplice. Le ex Province isolane, che hanno visto, almeno momentaneamente, la cancellazione di campagne elettorali e degli organismi di rappresentanza politica, continuano comunque a costare parecchio.
L’analisi dei pagamenti relativi al triennio 2013-2015, realizzata dal Quotidiano di Sicilia sulla base di dati del Siope, ha evidenziato poco meno di due miliardi di spesa, registrando circa 1,2 miliardi soltanto per la parte corrente. È il capitolo che riguarda da vicino le spese relative al personale: competenze fisse per i dipendenti a tempo indeterminato (che solitamente rappresentano la quota preponderante), straordinari, lavoro flessibile (personale con contratto di formazione e lavoro), lavoratori socialmente utili, contributi obbligatori per il personale, contributi previdenza complementare.
Nel corso del 2015 l’ex Provincia regionale di Catania ha speso 17 milioni di euro per le competenze fisse per il personale a tempo indeterminato su un totale di 87 milioni di euro.
 
4. Sulle vie di comunicazione investimenti ridotti al minimo
Negli ultimi sei anni i Comuni hanno dovuto registrare diversi vuoti in merito alle funzioni gestite precedentemente dalle ex Province, che comunque hanno continuato a pesare sulle tasche dei contribuenti.
Le Amministrazioni provinciali isolane, considerando il triennio 2013-2015, in un anno hanno totalizzato una spesa media corrente di circa 420 milioni di euro, cioè poco più di 80 euro pro capite. A fronte di un dato complessivo inferiore alla media nazionale (120 euro di spesa), resta decisamente più elevata la porzione relativa alla spese di personale: 38 euro pro capite contro una media nazionale di 33.
La spesa in conto capitale, al contrario, è stata ridimensionata, anche se rappresenta la quota più importante per il cittadino. Si tratta, in altri termini, degli investimenti nelle vie di comunicazione, che sono di competenza degli enti, e nelle infrastruttura connesse, nelle infrastrutture telematiche, ma anche le acquisizioni o realizzazione di software.
 
5. Un infinito braccio di ferro con il Governo nazionale
È stato rinnovato fino all’inizio di febbraio il mandato ai sei commissari straordinari che reggono i Liberi Consorzi comunali, in vista delle prossime elezioni. È stato il primo atto simbolico e sostanziale del presidente della Regione, Nello Musumeci, in vista dello sviluppo degli eventi.
Bisogna infatti ricordare che la legge dello scorso agosto approvata dall’Assemblea regionale siciliana ha stabilito l’elezione diretta di presidenti e consiglieri, e la decadenza dei sindaci metropolitani in carica, delineando di fatto una rinascita delle vecchie province, la cui abolizione è stata uno dei simboli del Governo regionale di Rosario Crocetta.
Questa norma è stata però impugnata dal Consiglio dei ministri lo scorso mese di ottobre, quando sono stati messi in luce una serie di rilievi in contrasto con la legge Delrio. In tal senso, Musumeci ha proposto un ricorso alla Consulta contro l’impugnativa del Governo e su questa partita si gioca un futuro importante.
Il messaggio è stato poi ribadito dal neo governatore siciliano in occasione delle dichiarazioni programmatiche all’Ars. Linea confermata nelle sue colonne portanti: attribuire maggiori competenze alle Province e ripristinare elezione diretta degli organismi di Liberi Consorzi e Città Metropolitane.
Tutto questo in attesa dell’esito del ricorso.
 
6. Alvano (AnciSicilia): “Crisi istituzionale”
Mario Emanuele Alvano è segretario generale dell’AnciSicilia.
Il presidente Musumeci ha annunciato che vuole ripristinare il ruolo delle ex Province. Che ne pensa?
“Negli ultimi anni abbiamo avuto un problema legato al lavoro che i Comuni hanno dovuto effettuare per sostituire le funzioni delle Province. Ancora peggio, ci sono state delle occasioni in cui non siamo stati nelle condizioni di operare in questa direzione. Se l’Ente intermedio torna a operare è un fatto positivo per Regione e Comuni”.
Dopo gli annunci di Crocetta, di fatto la riforma si è ingarbugliata. Oggi è ancora tutto nebuloso…
“C’è stata una situazione di impasse con regole istituzionali non definite e molta incertezza, con commissariamenti che certamente non hanno portato un vantaggio”.
Prima la Corte dei Conti, poi, la Regione: la situazione finanziaria è davvero così catastrofica?
“La prima vera emergenza non è finanziaria, ma istituzionale. Oggi molti cittadini non sanno nemmeno se le Province esistano ancora. Il discorso sulla loro abolizione è entrato nell’ambito della propaganda e si è fatta tanta confusione tra risparmio legato ai costi della politica e tagli sull’esercizio delle funzioni. Bisogna partire dalle funzioni necessarie, come la manutenzione delle strade, e poi fare chiarezza sulle competenze istituzionali”.

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