Monti: "Il Qe cessi perché è una droga" - QdS

Monti: “Il Qe cessi perché è una droga”

Carlo Alberto Tregua

Monti: “Il Qe cessi perché è una droga”

martedì 23 Gennaio 2018

Debito pubblico destinato ad aumentare

A "Di martedì" del 16 gennaio scorso, Mario Monti, ex presidente del Consiglio e senatore a vita, ha fatto una lucida analisi della situazione del nostro Paese.
Il debito continua ad aumentare, nonostante le riforme strutturali quali quella delle pensioni e l’altra del lavoro, perché al netto dei risparmi i Governi di questa legislatura, che si concluderà il 4 marzo, hanno continuato ad approvare spese facendo aumentare le uscite, senza il proporzionale aumento delle entrate.
In questo modo, anno dopo anno, si è verificato un disavanzo, quello che imbonitori hanno chiamato flessibilità. Il disavanzo si è trasformato in debito, il quale ha continuato la sua salita senza soste, tanto che nella legislatura è aumentato di circa 200 miliardi e nell’ultimo anno di una settantina. Saremo più precisi a metà febbraio, quando sarà comunicato il dato relativo al 31 dicembre 2017.
 
“La spesa pubblica è incontenibile”, ha detto Monti, perché i privilegiati sono sempre di più e a essi non si può togliere nulla. Vi sono inoltre altre categorie che chiedono prebende.
La classe politica è debole, fragile e generalmente incompetente. Perciò cerca il consenso giorno per giorno ed è impossibilitata a fare riforme strutturali al fine di razionalizzare la stessa spesa pubblica e, contestualmente, aumentare l’efficienza dei servizi, migliorando i risultati per quantità e qualità.
L’enorme peso della spesa pubblica improduttiva, cioè quella corrente, produce un altro effetto negativo: il taglio degli investimenti, che hanno un alto coefficiente di moltiplicazione in termini di produzione di ricchezza e nuova occupazione.
Il risultato di questo comportamento è che il Pil cresce meno di quello della media europea per circa un quinto e la ripresa è ben lontana da quella di Germania, Spagna e Danimarca, che nonostante l’ultimo brillante quinquennio, non accenna a diminuire.
Il cancro, l’abbiamo scritto più volte, è in una Pubblica amministrazione autogestita e che il ceto politico non è in condizione di indirizzare, controllandone i risultati. Ognuno fa quello che vuole e la corruzione dilaga, anche perché all’interno delle Amministrazioni non ci sono gli anticorpi indispensabili per contrastarlo.
 
Il ragionamento di Monti è il seguente: Mario Draghi ha messo in moto il Quantitative easing, cioè l’acquisto di titoli pubblici dei partner più bisognosi, in particolare Grecia e Italia, e ne ha accumulati per circa duemila miliardi. Questo ha permesso alla Bce di mantenere quasi a zero l’interesse sui depositi e quindi gli Stati con pesanti debiti pubblici si sono avvantaggiati perché hanno pagato interessi molto bassi.
Di fatto, il Qe è stato una droga, perché ha mantenuto artificialmente basso il costo del denaro, con lo scopo facciale di aiutare le imprese con un credito facile e un costo moderato, ma la verità è che ha favorito fortemente gli Stati membri indebitati.
L’ulteriore conseguenza di questa iniziativa è stata che gli Stati membri non hanno applicato una politica di rigore consistente nel tagliare la spesa corrente e aumentare gli investimenti, in modo da ottenere una crescita del Pil significativa e contenere il debito pubblico.
 
Chi si droga, è noto, ha la sensazione di acquisire potenza. Ma tale sensazione è di breve durata. E, subito dopo, arrivano gli effetti negativi e distruttivi della droga stessa. C’è il momento in cui l’illusione fallisce e si tratta di un momento tragico.
Cosicché, da questo mese la Bce ha tagliato l’acquisto di titoli da sessanta a trenta miliardi al mese e ha fissato il termine intorno al settembre prossimo.
Questo fatto inizia a fare risvegliare il tasso d’interesse sui titoli pubblici e già nella prossima riunione della Bce, con molta probabilità, l’Euribor sarà aumentato di 0,25 e proseguirà la sua ascesa entro fine anno fino almeno all’1%. Peraltro, negli Stati Uniti la Fed è già al livello di 1,25 ed entro l’anno supererà il 2%.
La conseguenza di quanto precede è evidente: già quest’anno il debito pubblico italiano potrebbe costare per interessi una decina di miliardi in più; l’anno prossimo una ventina di miliardi in più e così via.
La legge di Bilancio dei nuovi Governi, dopo le elezioni del 4 marzo, sarà onerata dall’accresciuto peso degli interessi e avrà meno disponibilità per gli investimenti, in quanto la spesa corrente sarà incomprimibile, data la pochezza degli irresponsabili governanti. Comunque si guardi, il futuro non splende.

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