Il falso problema del 3%, inganno di FI, Lega e Pd - QdS

Il falso problema del 3%, inganno di FI, Lega e Pd

Carlo Alberto Tregua

Il falso problema del 3%, inganno di FI, Lega e Pd

sabato 27 Gennaio 2018

Deficit vuol dire debito

Uno degli argomenti principali usati da Berlusconi, Salvini e Renzi è la questione del 3% del deficit annuale, come un dilemma shakespeariano: superarlo o non superarlo, questo è il problema!
Berlusconi, Salvini e Renzi non hanno alcuna paura di ingannare gli elettori. Se ne avessero timore direbbero la verità e cioè che il deficit (o disavanzo) annuale è la differenza fra le entrate e le uscite. Se queste ultime sono maggiori delle prime si forma un debito che lo Stato copre firmando cambiali, cioè emettendo titoli del debito sovrano.
Più aumenta il debito e più peso avranno le future generazioni nel doverlo rimborsare. Certo è, infatti, che il debito, prima o dopo, debba essere pagato.
Senza spiegare questo retroscena, i tre fanfaroni fanno vedere l’illusione che firmando nuove cambiali ci possa essere più sviluppo. Mentono sulla verità. Infatti, per avere più sviluppo occorre che venga destinato il più possibile delle risorse agli investimenti. Ma per ottenere queste risorse bisogna tagliare la spesa corrente.
 
Una parte della spesa corrente è improduttiva, perché foraggia caste, corporazioni e privilegiati, come per esempio quei milioni di cittadini che percepiscono un assegno pensionistico senza avere versato i relativi contributi. La differenza è pagata da tutti noi.
I diversi commissari alla spending review – il più noto è Carlo Cottarelli, che continua a pubblicare le sua analisi con l’Osservatorio sui conti pubblici – hanno spiegato come fare. Ma la sordità di presidenti del Consiglio e ministri ha impedito tali tagli, producendo il disavanzo annuale, cioè, ripetiamo, nuovo debito, con un’economia inceppata che è cresciuta dell’1,6% nel 2017 contro la media europea del 2,4.
Inutile girarci intorno: se non si taglia la spesa corrente improduttiva e non si emarginano i parassiti, i governi non avranno le risorse per fare gli investimenti e neppure quelle per venire incontro a fasce sempre maggiori di popolazione indigente.
A questo, si aggiunga l’onere di 5 miliardi per finanziare cooperative e istituti assistenziali che hanno lo scopo di far mangiare, dormire e vivere dignitosamente i clandestini ancora in attesa di verifica del diritto d’asilo, ritardata forse artatamente per continuare questo sconcio sostentamento alle attività assistenziali.
 
Con una mossa a sorpresa, Beppe Grillo ha staccato il proprio nome dal blog del Movimento 5 stelle e ne ha creato uno proprio, con ciò intendendo portare all’opinione pubblica la maturazione del Movimento da lui creato, che adesso dovrà camminare con le proprie gambe.
In effetti, il Movimento sta procedendo a esporre a opinione pubblica ed elettori il suo programma, portando a conoscenza dei cittadini i nomi dei propri candidati e fra non molto anche quelli della squadra di Governo.
Fra i tre poli è quello più credibile, anche perché parlamentari e consiglieri regionali nella Legislatura conclusa hanno decurtato il loro stipendio, proponendo con vigore la cancellazione dei vitalizi seppur trovando sordità nel centrodestra e nel Partito democratico.
Questo peserà sulla valutazione degli elettori, che non ne possono più di foraggiare privilegiati e professionisti della politica. Questi ultimi non hanno il pudore di ritirarsi anche dopo venti o trent’anni che siedono sugli scranni parlamentari: un’autentica vergogna.
 
I padri costituenti inserirono l’articolo 67 nella Costituzione, con cui gli eletti possono tranquillamente cambiare casacca in quanto rappresentanti della nazione.
Ma ciò che era logico e corretto nel 1947 non lo è più nel 2018, per cui sarebbe opportuno che il prossimo Parlamento proceda alla riforma costituzionale per impedire il mercimonio dei cambi di casacca. Intanto, il Movimento 5 stelle ha inserito nel proprio statuto una sanzione di 100 mila euro per quel parlamentare che abbandona i gruppi.
Vittorio Emanuele III, detto sciaboletta per la sua altezza, quando nell’ottobre del 1922 gli ex socialisti di Mussolini, chiamati fascisti, fecero la marcia su Roma cui il re assistette, nel vederli sussurrò: “Ma sì, proviamoli per qualche mese”. Poi sappiamo quello che successe, perché il popolo italiano ha l’abitudine di salire sempre sul carro del vincitore.
Nello scenario politico, ora c’è il Movimento 5 stelle. Tutto è diverso, per cui varrebbe la pena provarli. Non sono incompetenti più dei concorrenti.

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