Tetto stipendi Ars, sindacati a muso duro - QdS

Tetto stipendi Ars, sindacati a muso duro

Raffaella Pessina

Tetto stipendi Ars, sindacati a muso duro

venerdì 02 Febbraio 2018

La trattativa è appena partita e subito si è arenata, privilegi per ora blindati. I paletti: prima Camera e Senato poi, forse, Sala d’Ercole

PALERMO – Gli uffici dell’Assemblea regionale siciliana sono impegnati questa settimana nella trattativa sugli stipendi dei dipendenti. Una trattativa portata avanti dal presidente del collegio dei questori, Giorgio Assenza (Diventerà Bellissima) con ben sette sigle sindacali. Dalle riunioni sono emersi tre orientamenti. Alcuni concordano con la proposta dell’amministrazione di ripristinare i tetti degli stipendi per i dirigenti e i sottotetti per le altre carriere dell’Ars previsti dalla norma scaduta il 31 dicembre. Altri chiedono di non considerare nel computo dello stipendio le indennità variabili di funzione e mansione. Infine, la terza proposta è di aspettare che sulla questione dei tagli si pronuncino il Senato e la Camera.
 
Di fatto non si è trovata una soluzione e la trattativa è sospesa. Nonostante ciò il presidente dei Questori si è detto soddisfatto. “All’incontro hanno partecipato tutte le sigle e siamo soddisfatti, perché quasi tutti i sindacati concordano con noi nella necessità di reintrodurre i tetti – ha detto Assenza – esamineremo le proposte della controparte”.
 
Durante l’ultima riunione, l’Ufficio di presidenza dell’Ars, presieduto da Gianfranco Micciché, aveva proposto ai rappresentanti sindacali di ripristinare per il prossimo triennio, 2018-2020, i tagli e i tetti degli stipendi scaduti alla fine dell’anno. Lo stallo ha determinato il ripristino degli stipendi d’oro all’Ars e la prima busta paga nuovamente pesante è arrivata in questi giorni. Il fatto ha scatenato addirittura la reazione di alcuni sacerdoti, con in testa Padre Cosimo Scordato, che in una lettera aperta hanno bacchettato i rappresentanti dei dipendenti. In pratica il clero se l’è presa con i sindacati perché permettono il pagamento di stipendi elevati “ a fronte di uno dei più alti indici di disoccupazione a livello italiano e un indice di povertà che colpisce un siciliano su cinque”.
 
Nel corso dell’ultima riunione di martedì scorso, al momento di mettere nero su bianco sull’accordo per il tetto agli stipendi, alcune sigle sindacali interne all’Assemblea, hanno proposto clausole che farebbero slittare a maggio/giugno i tagli agli stipendi. La clausola sarebbe quella di attendere che tali provvedimenti vengano presi prima da Camera e Senato.
 
Come è noto, tra l’altro, dal lontano 1965 con una propria legge regionale, l’Ars si è voluta equiparare alle condizioni che vengono applicate al Senato della Repubblica e più volte il nostro Quotidiano di Sicilia ha rilevato l’opportunità che questa legge venga abrogata, staccando definitivamente l’Ars dal Senato. Di fatto è avvenuto quello che in un primo tempo aveva annunciato il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè che aveva detto che: “Dal primo gennaio i tetti agli stipendi dei dipendenti dell’Ars saranno eliminati perché lo stesso accade al Senato e non si può fare altro”.
 
Immediata era stata la replica dell’ex presidente Giovanni Ardizzone: “Non c’è nessun aggancio al Senato obbligatorio aveva detto – abbiamo messo il tetto a 240 mila euro legandoci al decreto Renzi, quindi a una norma statale, prima di Palazzo Madama. Non è vero che dobbiamo fare per forza quello che fa il Senato: abbiamo ridotto gli stipendi dei deputati in piena autonomia e tornare al passato sui dipendenti sarebbe vergognoso”.
 
Netta la posizione del capogruppo di Fratelli d’Italia all’Ars, Antonio Catalfamo: “Siamo contrari a un ritorno al passato, ma condividiamo la preoccupazione del presidente sulla precedente gestione: la spending review non deve essere un criterio abusato. Occorre equilibrio”.
 
Contrario il Movimento 5 stelle: “Dovrà passare sul nostro corpo, non consentiremo aumenti di stipendio”, ha detto la capogruppo Valentina Zafarana. Giorgio Assenza in passato aveva espresso la sua opinione: “Penso si debba introdurre un nuovo tetto, magari superiore a quello precedente evitando però di tornare a segretari generali con stipendio da oltre 500mila euro”. Il prossimo incontro è previsto per il 7 febbraio alle 11.

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