Male non fare, paura non avere - QdS

Male non fare, paura non avere

Carlo Alberto Tregua

Male non fare, paura non avere

venerdì 09 Febbraio 2018
Ogni persona dovrebbe scegliere quale via percorrere nella propria vita e come percorrerla.
Già la consapevolezza di fare queste due scelte costituirebbe la base per tracciare il binario che ognuno volesse percorrere.
È evidente che le circostanze non dipendono da noi, ma dal caso, cioè quell’insieme di variabili che si compongono e si scompongono senza che la nostra volontà possa intervenire.
Nonostante la nostra pochezza, qualcosa la possiamo fare, almeno sul piano del metodo, ed è di non arrecare male agli altri perché così comportandoci non dobbiamo avere paura di subire reazioni altrui.
Ma questo non è completamente vero, perché se lo fosse non vi sarebbero ingiustizie, mentre il mondo ne è pieno perché una parte dei suoi cittadini non sa o non vuole sapere come comportarsi per non arrecare danno al prossimo.
Richiamiamo sovente la regola del rispetto verso i terzi, che però non è osservata dalla maggior parte delle persone.
 
Male non fare, paura non avere. Si tratta di un principio etico-teorico perché quando non ci rimproveriamo comportamenti negativi, non dovremmo avere alcuna paura.
Ma poi, cos’è la paura, se non quel sentimento istintivo che ci vorrebbe proteggere da eventi negativi? Chi non ha paura, scagli la prima pietra.
La questione va rovesciata: avere consapevolezza che ognuno di noi teme qualcosa o qualcuno, ma altrettanta consapevolezza nel trovare in noi stessi le fonti per superare la paura, cioè trovare il coraggio che viene dalla nostra mente dalla continua elaborazione di fatti e circostanze. Soprattutto occorre il metodo idoneo ad affrontarla.
Per superare paura ed avversità dobbiamo capire la necessità di tenere il nostro umore in una condizione elevata.
I pessimisti, quelli che vedono tutto nero, non sono nelle condizioni di superare le difficoltà perché aggiungono quelle interiori alle altre esterne. Solo se capissero che mantenere alto il proprio umore aiuta a trovare coraggio e soluzioni per affrontare le difficoltà, si metterebbero nelle condizioni idonee per non essere perdenti.
 
L’alto umore aiuta anche contro le malattie perché il nostro sistema immunitario funziona meglio se non è depauperato di quelle energie necessarie di cui ha bisogno; il nostro armamento interno, che è appunto il sistema immunitario, lavora con continuità, “acca ventiquattro”, per abbattere batteri, germi, virus ed altri nemici che entrano in un modo o nell’altro nel nostro corpo e tentano di farlo ammalare.
Più è forte il sistema immunitario e minore probabilità vi è di ammalarsi. Le malattie non sono solo quelle fisiche: quelle più insidiose sono le mentali perché aggrediscono la parte più importante di noi stessi, quel meraviglioso sistema cerebrale che dovrebbe guidare le nostre azioni e proteggerci dai pericoli, sempre nei limiti della nostra modesta dimensione.
Quando la nostra mente funziona, e funziona se addestrata e allenata continuamente, traina il corpo che ne riceve benessere. Contrariamente, i pessimisti onerano il funzionamento del corpo anziché sollevarlo.
 
Chi fa dei ragionamenti, si dice che usi l’intelletto. Conseguentemente, vengono chiamati intellettuali solo quelli che lo usano in esclusiva.
Il principe Antonio De Curtis (1898-1967), in arte Totò, esclamerebbe: “Ma mi faccia il piacere”. Infatti, l’uso dell’intelletto non è esclusivo di una categoria di menti elevate, ma di tutte le persone comuni che non si rassegnano alla mediocrità e all’assenza di elaborazioni adeguate, anche per mancanza di studi e di conoscenze.
Come godono i cosiddetti “intellettuali” che vediamo nei talk show o che sciorinano articoli chilometrici sulla carta stampata. Godono di loro stessi e della loro sapienza, almeno quella supposta. E soprattutto di quella che ritengono una loro “esclusività”.
Invece, l’uso dell’intelletto non è esclusivo di pochi, ma prerogativa di tutti. Solo chi non vuole, non lo usa. Quindi, le persone umane sono tutte intellettuali, salvo quelle che rinunziano ad essere umani, considerandosi invertebrati.

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