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La casta parla di diritti ma difende i privilegi

Raffaella Pessina

La casta parla di diritti ma difende i privilegi

sabato 10 Febbraio 2018

Ripristino tetto stipendi Ars: polemica sull’intervento di don Scordato. Trattativa a rilento, i sindacati si mettono di traverso

PALERMO – Gli stipendi dei dipendenti dell’Ars stanno diventando terreno di scontro politico e sociale. Attacchi e critiche hanno riempito le cronache siciliane a causa delle dichiarazioni di un parroco di Palermo, Don Cosimo Scordato, che ha rilevato in più di una occasione la necessità di occuparsi prima delle fasce più deboli della Sicilia piuttosto che dei dipendenti dell’Ars, utilizzando risorse per i poveri e i bisognosi.
 
Queste dichiarazioni hanno suscitato l’irritazione degli vertici dell’Assemblea regionale che ieri hanno ribattuto con una lettera aperta a Don Scordato da parte del segretario regionale dell’Ars Francesco Scimé e con le dichiarazioni dello stesso presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè. Scimé nella sua lettera chiede in pratica al sacerdote di non occuparsi di vicende che non lo riguardano. “Non capisco come lei pensi di poter intervenire – scrive Scimé – sul merito di una materia estremamente tecnica e complessa come quella del rapporto di lavoro di una categoria di dipendenti pubblici. Devo confessarle, e non in segreto – prosegue Scimé – che sono rimasto sconcertato. Addirittura lei pensa, a quanto leggo, di convocare una pubblica adunanza in cui esaminare i contenuti del nostro contratto di lavoro e proporre modifiche. Capisco che la questione è oggetto di pubblica discussione e di dibattito politico, però a ciascuno il suo mestiere, e quello, noioso, della disciplina dei contratti di lavoro, con i possibili strascichi giudiziari, spetta agli uffici legali”.
 
Tutte queste discussioni sono nate per il fatto che dopo un paio d’anni di spending review, all’Ars gli stipendi che erano stati ritoccati verso il basso, ora sono tornati ai livelli elevati degli anni precedenti e c’è in atto una trattativa con i sindacati interni per trovare un soluzione congrua. “Stiamo cercando di introdurre limiti stipendiali a contratti in corso preoccupandoci di contemperare le esigenze di solidarietà e contenimento della spesa con i diritti dei lavoratori”, scrive nella lettera e Padre Scordato il segretario Scimé che sottolinea come questa vicenda sia un “pubblico processo condotto a mezzo stampa” in cui gli uffici dell’Ars risultano “colpevoli di non fare mai abbastanza. È necessaria maggiore cautela nell’affrontare questo argomento”. La risposta di Don Scordato non si fa attendere: “Ora basta con questi giochetti. C’è gente che muore di fame, mentre i politici, i burocrati dell’Ars sono riusciti a salvaguardare loro stessi con stipendi altissimi. Non ho mai pensato di fare un processo pubblico, però mi chiedo come facciano a convivere con tutto questo mentre c’è gente che muore di fame?”. Ribatte il Presidente dell’Ars Micciché: “In nessun’altra parte d’Italia si stanno riducendo gli stipendi come all’Ars”. Il riferimento riguarda Camera e Senato, dove circa duemila burocrati da gennaio e fino a quando non si insedierà il nuovo Parlamento avranno stipendi pari al doppio dei tetti stabiliti dall’Assemblea regionale siciliana.

All’opposto, il Presidente della Regione Nello Musumeci, che ieri ha incontrato l’arcivescovo di Palermo, Monsignor Corrado Lorefice. Nel corso del colloquio, il governatore ha illustrato gli interventi che la Regione sta attivando per rimettere in moto l’economia dell’Isola, nella quale, ormai, i livelli di indigenza hanno raggiunto percentuali allarmanti. “Concordo con l’arcivescovo – afferma il presidente – quando dice che dobbiamo cominciare dagli ultimi, dalle periferie. In questa fase di avvio della legislatura, stiamo dando priorità, all’utilizzo di tutte quelle risorse, inspiegabilmente non spese, che possono servire a ridare ossigeno alle piccole e medie imprese e favorire, quindi, l’inclusione socio-lavorativa per migliaia di disoccupati”. Intanto, è stato rinviato l’incontro tra sindacati e uffici Ars per decidere quanto dovranno guadagnare i dipendenti di Palazzo dei Normanni.
 
La proposta sulla quale dovranno pronunciarsi i sindacati prevede per il triennio 2018/2020 il ripristino dei tagli e dei tetti lasciando fuori le indennità di compensazione, produttività e quelle di importo fisso e variabile, per un totale di 250 mila euro lordi annui da spalmare a tutti i 177 dipendenti dell’Ars. Non verrà calcolata, invece, l’indennità di contingenza. L’accordo triennale scaduto a fine 2017 stabiliva la soglia massima di 240 mila euro lordi per i dirigenti; 204 mila euro per gli stenografi, 193 mila euro per i segretari parlamentari; 148 mila euro per i coadiutori; 133.200 euro per i tecnici e 122.500 euro per gli assistenti parlamentari. Prossimo incontro il 14 febbraio.

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